Se non hai vissuto sotto ad un sasso tutta la settimana, sai che martedì abbiamo visto la risposta di Sony a una domanda che non ha fatto nessuno, ovvero PS5 Pro. Solo che a me tutto questo sembra il remake di una storia che ho già visto e spoiler alert, finiva pure abbastanza male.
“Comprerai PS3 qualunque sia il costo, anche se dovessi cercarti un secondo lavoro da Burger King per farlo. Il nostro obiettivo con PlayStation 3 è che i consumatori pensino “lavorerò più ore pur di comprarne una”. Vogliamo che la gente senta il bisogno di averla a dispetto di qualunque altra cosa.”
— Ken Kutaragi, all’epoca CEO di Sony Computer Entertainment, in un’intervista del 2005 a Toyo Keizai
Kutaragi ha lasciato la presidenza di SCE (che oggi si chiama SIE, Sony Interactive Entertainment) nel novembre dell’anno successivo a questa intervista. Eppure il suo spirito era sul palco qualche giorno fa con Mark Cerny mentre il Grande Architetto dell’Universo PlayStation presentava PS5 Pro. Non è solo una questione che riguarda il prezzo di quella che è già stata battezzata la console più costosa della storia (vi saluta tantissimo Neo-Geo a questo proposito). Le due macchine sono accomunate soprattutto dall’arroganza: Kutaragi era davvero convinto che pur di portare a casa PlayStation 3 avremmo cercato un secondo lavoro, e allo stesso modo adesso Sony pensa di riuscire a piazzare un upgrade mid-gen prezzato sostanzialmente al doppio del modello base forte dei 60 milioni di pezzi già distribuiti nonostante una pandemia, una crisi dei semiconduttori e il blocco del canale di Suez.
PS5 PRO: FOR THE PAYERS
Le promesse di PS5 Pro sono sostanzialmente due: 4K e 60 frame al secondo. Cerny ha parlato di come messi davanti alla scelta tra grafica e prestazioni 3 giocatori su 4 puntino su queste ultime, e l’impegno della nuova macchina è quindi quello di offrire un’esperienza di gioco che non sia “choppy” come quella in modalità grafica ma che ne abbia lo stesso colpo d’occhio. In realtà come chiarito poi da Tom Warren su TheVerge per ottenere il bollino “enhanched” su PS5 Pro sarà sufficiente che il gioco sia in effetti “migliorato”: basta che sia garantita una risoluzione più alta o un frame-rate maggiore, o anche supportare il ray tracing laddove il modello base invece non lo fa. È la classica strategia di comunicazione un po’ torbida di PlayStation, che fino ad una generazione fa raccontava come esclusive anche i titoli in realtà first on PlayStation, oltre a quelli disponibili solo su PS4 (e ormai in larga parte arrivati su PC). Warren in compenso ha confermato una cosa che inspiegabilmente né Cerny durante la presentazione né PlayStation Blog dopo la messa in onda hanno menzionato: anche su PS5 Pro sarà presente un analogo della boost mode di PS4 Pro, che permetteva alla console di far sfruttare in parte il nuovo hardware anche ai videogiochi non patchati appositamente per lo scopo. Una generazione fa, per esempio, ne aveva beneficiato moltissimo Assassin’s Creed Unity, che in boost mode riusciva finalmente a lasciarsi alle spalle i rallentamenti atroci della versione PS4.
Anche PS5 al suo annuncio comunque aveva promesso i 4K e i 60 frame al secondo, e sulla sua scatola era indicato anche il logo 8K. E per quanto tecnicamente sia vero che PS5 supporti l’8K nella pratica non c’è nessun contenuto fruibile sulla macchina che lo fa – tant’è che sia la dicitura 8K che quella 4K 120 sono state rimosse dopo il lancio. Quelle di Cerny al momento sono solo parole, per di più accompagnate in buona sostanza dalle stesse immagini viste per il lancio di PS5. Per l’ennesima volta durante questa generazione ci ritroviamo ad aspettare un aggiornamento tecnico per The Last of Us per poter toccare con mano il balzo tecnologico in avanti. Nel mentre Parte 2 usciva nel 2020 e (a quanto sappiamo) Naughty Dog ha sprecato gli ultimi 4 anni a lavorare sullo spin-off multiplayer online della serie che è stato poi cancellato. Quanto sarebbe stato molto più d’effetto la presentazione di PS5 Pro se fosse stata accompagnata dall’annuncio di un nuovo titolo dello sviluppatore californiano giocabile anche su PS5, ma manifestato nella sua forma finale su PS5 Pro?
ONLY ON PLAYSTATION (MA ANCHE SU PC)
Rispetto ad una generazione fa poi PS5 Pro se la deve vedere anche con le conseguenze dell’aver portato un titolo alla volta quasi tutta la lineup della macchina (e di PS4) su PC. Mancano in buona sostanza solo Bloodborne e The Last of Us Parte 2, ma per il resto c’è tutto, e quest’anno abbiamo visto due pezzi pregiati come Ghost of Tsushima (altro titolo del 2020, dov’è il sequel?) o God of War Ragnarok – in uscita il prossimo 19 settembre – arrivare su PC. Chiaro, si tratta di utenze diverse, ma la domanda da porsi è questa: al di fuori della bolla degli impallinati PlayStation che compreranno PS5 Pro per “fedeltà al marchio”, quanti giocatori esistono che sentono la necessità di spendere per una piattaforma premium e giocare in 4K 60 fps che contemporaneamente sono allergici all’idea di un PC? Perché se quelle di Cerny sono solo parole, su Steam al momento i fatti sono che i titoli Sony first party girano mediamente molto bene. Il porting del citato Ghost of Tsushima riesce in effetti a toccare anche i 4K e 60 fps, se la configurazione hardware lo permette. Per farlo serve una GeForce RTX 4080, sicuramente più prestante della GPU montata su PS5 Pro, ma almeno di miracoli sul fronte ottimizzazione è difficile immaginare un confronto che non sia a senso unico. La fascia di prezzo non è la stessa – una 4080 da sola costa più di PS5 Pro con lettore e supporto verticale –, ma anche accontentandosi di una 4060 o 70 è molto probabile che alla fine il risultato finale sarà migliore su monitor che su TV, specie se si fa girare il tutto su un display ultrawide.
Da una parte quindi un quasi raddoppio del prezzo. Dall’altra la fatica di giustificarlo, vista la lineup a disposizione e l’apertura mostrata in questi 4 anni in cui Jim Ryan ha creduto nelle generazioni ma ha rilasciato quasi tutto cross-gen, oltre che su PC. Le premesse sembrano proprio quelle che hanno contraddistinto la prima parte del ciclo vitale di PS3, capace di riuscire a prendere il volo solo dopo un taglio sostanziale di prezzo (con l’uscita dei primi modelli slim) e l’arrivo di titoli di peso in catalogo. Erano anni diversi, però. Anni in cui dubito avremmo comprato PS5 anche nel suo modello base (e in effetti PS3 è rimasta sugli scaffali un bel po’), figurarsi in versione Pro. E invece i numeri parlano di 60 milioni di unità piazzate in barba a tutti i problemi elencati prima e pure a una Microsoft che ha messo nel carrello ZeniMax e Activision-Blizzard, che adesso è costretta a rilasciare i suoi giochi se non al day one al massimo sei mesi dopo anche su PS5 (vedi Indiana Jones e l’Antico Cerchio). Forse l’unica differenza in questo revival sarà proprio questa: avremo la forza come consumatori di rivolgerci alla concorrenza a costo di cambiare abitudini, o anche solo di accontentarci di PS5 Slim?