La squadra in attacco ha ancora un paio di minuti per hackerare il nostro computer, ma noi abbiamo giá eliminato due dei loro e possiamo, così, concentrare la difesa su un lato solo della mappa. Appena in vista aprono il fuoco e si dividono. Il nostro team è diviso in coppie e difende da due punti diversi. Lo scoppio di una granata abbatte il mio compagno; senza perdere un istante mi muovo verso di lui tenendo ben giù la testa, e mentre rimango in copertura riesco a rimetterlo in piedi. Nel frattempo i nostri soci hanno abbattuto un nemico; concordiamo a parole e gesti di tornare verso il computer da proteggere: non c’è motivo di rischiare.
L’ultimo agente nemico, però, tenta una manovra a tenaglia. Ne capisco le intenzioni e, mentre prende di mira i miei compari, lo sorprendo dietro una colonna: il primo colpo va a vuoto, ma prima che riesca a reagire premo più forte il calcio del fucile sulla spalla per stabilizzare la mira e non gli lascio scampo. Insieme alla vittoria partono le urla di giubilo del nostro team, e conquistiamo pure l’achievement “The Untouchables” per essere tornati a casa tutti sani e salvi. Mica male.
REALTA’ VIRTUALE, TATTICA VERA
Firewall Zero Hour è un FPS tattico multiplayer che offre una miriade di momenti adrenalici come quello appena descritto, grazie a un livello di immersione non confrontabile con qualsiasi gioco abbiate mai provato sulla VR di Playstation.
Firewall Zero Hour è un FPS tattico multiplayer che offre una miriade di momenti adrenalici
Anche se è possibile usare il Dualshock 4, Firewall Zero Hour è pensato per il PS Aim, controller ancora poco usato ma i cui risultati, in questo caso, si mostrano fin dalla prima partita. Avvicinarsi a un angolo e sporgere rapidamente l’arma mi ha fatto ripensare al 1992, quando mio fratello maggiore rideva di me perché guardavo il monitor del PC di sbieco mentre giocavo a Wolfenstein 3D, per scovare nazisti dietro l’angolo. Questa volta invece è tutto vero, e pur non essendo di certo il primo shooter in realtà virtuale, l’effetto di immedesimazione è incrementato dall’ambientazione realistica. Durante uno scontro mi è addirittura capitato di rimanere impietrito dal senso di pericolo quando i proiettili hanno cominciato a volarmi intorno. Non mi era mai successo niente di simile in trent’anni di videogiochi, e quando sono tornato a uno shooter tradizionale (dai, diciamolo, proprio Rainbow Six: Siege), mi è sembrato quasi ridicolo dover premere un tasto per sporgermi dietro un angolo.
UN FUTURO DI SPERANZE
Se il gameplay di base è esaltante, alcuni difetti dell’impianto minano un poco l’esperienza complessiva. Uno dei primi aspetti che colpisce in negativo è la presenza di poche modalità: oltre ad alcuni livelli in single player, che a tutti gli effetti rappresentano il tutorial, esiste un solo tipo di partita online, quella sopra descritta.
La presenza di poche modalità è derivata da una scelta precisa
Uno stimolo a proseguire viene dal sistema di progressione: ogni partita garantisce esperienza e moneta in-game (anche le sconfitte, seppure in quantità scarsa), con cui sbloccare armi e relativi accessori per migliorare certe caratteristiche. In questo modo possiamo creare un loadout personalizzato con cui armare il nostro operatore, anch’esso selezionabile da una decina di personaggi diversi che hanno varie peculiarità, come un tempo di ricarica ridotto o la dotazione di un paio di granate extra. Nel complesso si tratta di un buon incentivo, anche se talvolta viene valicato il limite del grind puro, proprio a causa delle risorse necessarie per sbloccare le armi. Quantomeno, non ci sono microtransazioni pay-to-win.
L’accoppiata di visore e PS Aim unita all’ambientazione realistica rendono i match di Firewall Zero hour il nuovo standard di immersività su PSVR. First Contact Entertainment padroneggia le peculiarità della realtà virtuale e degli shooter tattici, creando un’esperienza dalle solide fondamenta. Alcuni aspetti di supporto impediscono al titolo di raggiungere l’eccellenza, come il grinding necessario per sbloccare le varie armi e, soprattutto, la carenza di modalità alternative. L’impianto del matchmaking online compie il suo lavoro con diligenza e la community sembra sufficientemente numerosa ed entusiasta per dare modo agli sviluppatori di costruire su basi già solide.