Frequenza Critica racconta: Ubisoft e Beyond Good & Evil, saga incompiuta

Esperimenti con sistemi di combattimento, ritorni dal passato, coraggiose intuizioni con visuali in soggettiva. Ma l’ambizione di Ubisoft non si fermava qui: è giunto il momento di parlare di Beyond Good & Evil.

Beyond good and evil

Dopo aver dato un’occhiata a saghe di successo dimenticate e a esperimenti che non hanno ottenuto il risultato economico sperato è il momento di raccogliersi in cerchio attorno al falò e osservare quella che è forse la più brutta esperienza che un videogioco in sviluppo possa avere: quella di diventare un vaporware. Un gioco che non è mai uscito, ma nemmeno mai ne é stata dichiarata l’interruzione di sviluppo, un po’ l’equivalente videoludico del ghosting in una relazione. Ma quando suddetto tempo di sviluppo supera i 10 anni, dobbiamo essere onesti con noi stessi: qualcosa è andato molto, molto storto. Probabilmente in modo irreparabile.

GIORNALISMO, ECOLOGIA E INVASIONI ALIENE

Beyond Good & Evil è un gioco a cui personalmente devo di più della mera esperienza ludica, poiché uscì in quel periodo nel quale un giovane deve decidere cosa farne della propria vita a livello professionale. Periodo dal quale non sono ancora uscito, ma questo è un altro discorso. Il punto è che se gli strumenti con i quali mi piaceva lavorare erano quelli artistici, uno dei temi a cui stavo più addosso era proprio quello ambientale e non è un caso che tra i giochi che mi segnarono di più nel periodo fossero quelli della saga di Oddworld e la grande odissea iniziata da Michel Ancel, già creatore della saga di Rayman.

Non è strano trovare nei platform l’archetipo di strani animaletti che si ribellano a stravaganti oppressori che controllano supertecnologie, solitamente più umanoidi. Sonic combatteva contro il dottor Robotnik, Crash Bandicoot contro il dottor Neo Cortex e così anche Rayman si ritrova ad aiutare i suoi compagni minacciati dal fumettoso antagonista di turno. Un tema che facilmente si abbraccia al gameplay, visto che i personaggi super-deformed ben si adattano a pupazzose acrobazie e assurde situazioni, adatte tanto ai grandi quanto ai piccini. Ma Beyond Good & Evil portò il tema più lontano. Molto più lontano.

BEYOND GOOD & EVIL SI INSERIVA NELLA SCIA DI ALTRI GIOCHI DELL’EPOCA, MA SPINGENDONE PIÙ IN PROFONDITÀ I TEMI E LE IDEE

Ci troviamo sul pianeta Hyllis, geoide a prevalenza acquatica e facente parte di una confederazione spaziale abbastanza giovane e di recente fondazione. Gli abitanti si barcamenano nella vita di tutti i giorni tra un momento di calma e uno di stress, ma c’è anche un problema: la malvagia specie aliena dei Domz ha preso di mira il pianeta dopo averne già stremati altri e il loro modus operandi consiste nel catturare vivi gli abitanti per scopi ignoti. Fortunatamente, oltre all’esercito regolare sono state fondate le squadre Alpha, un dipartimento appositamente addestrato per combattere gli alieni, tuttavia sarebbe bello se si presentassero alle controffensive più rapidamente. Perché è proprio durante il tutorial che il faro nel quale vivono la protagonista Jade e lo zio Pey’J vengono attaccati. L’improbabile coppia di eroi non è nata ieri e riescono a respingere i cattivi a suon di energiche mazzate, ma un po’ di aiuto avrebbe fatto comodo. Perché il faro è anche l’orfanotrofio locale, dove finiscono i bambini i cui genitori sono stati catturati. Numero di rapiti dai Domz che hanno fatto ritorno: zero.

Beyond good and evil

Jade è immediatamente caratterizzata in modo evidente, il team artistico non vuole lasciarci dubbi sul suo archetipo. Il colore dominante è il verde, dalla giacca, agli occhi, sino al rossetto. Combatte con un bastone lungo e uno stile marziale acrobatico. La troviamo nell’introduzione a insegnare una sorta di meditazione a una delle nuove arrivate al faro. Di lavoro fa la fotoreporter. Questo è ciò che viene reso chiaro al più presto ed è facile indentificarla come la figura materna e protettiva della situazione. Il cavaliere bianco alla ricerca della verità. Lo zio invece è il tuttofare, spalla comica, abile meccanico e inventore di gadget partendo da pezzi da discarica. Inoltre, è un maiale sapiens antropomorfo. Sì, un’altra situazione che a Hyllis è assoluta normalità è che umani e animali arrivati a uno stadio evolutivo in grado di reggersi su due zampe e parlare, convivono fianco a fianco.

Beyond good and evil

Superata l’introduzione, ecco che abbiamo modo di esplorare Hyllis, di fare la conoscenza dei suoi variopinti abitanti e di apprendere le regole di questo mondo. La città principale è un cocktail di diverse città marittime in stile mediterraneo, una punta di folklore ispanico e asiatico e quella spruzzata di sci-fi necessaria ad ospitare veicoli volanti. Le valute locali sono i crediti per comprare cibo e cosette da tutti i giorni, e le perle, molto più preziose e ambita merce di scambio per comprare atrezzature. La prima perla ci servirà proprio per rimettere a nuovo il disastrato hovercraft e rimpiazzarne l’obsoleto motore a elica con uno turbo. Le altre andranno ottenute vagando in giro per la regione tra il lavoro vero della protagonista e quello che invece non si dice.

SCOPRIREMO CHE LE SQUADRE ALPHA NON SONO CIÒ CHE IL GOVERNO VUOLE FARCI CREDERE

Durante una commissione di routine a documentare la fauna locale per conto della principale redazione scientifica locale, Jade e lo zio vengono approcciati da un sedicente membro della resistenza, che mette la pulce nell’orecchio sulla trasparenza delle squadre Alpha. Perché arrivano sistematicamente in ritardo? Perché quegli elmi integrali che ne celano l’identità, anche a riposo? Chi ha mai conosciuto un soldato Alpha al bar, per strada, o in circostanze normali? Qualcosa di losco è all’opera, ma non si può avviare un’indagine ufficiale con l’emergenza invasione in corso, non ci sono abbastanza forze lavoro per gestirla. Se ci fossero tuttavia fotoreporter indipendenti…

UNA STORIA SENZA FINALE

Il gioco proseguirà su questi toni, in una giostra alternata di momenti investigativi, platform, combattimento e stealth, ma sempre rimanendo protagonista-centrico. Vedremo il mondo dalla prospettiva di un’atletica fotoreporter e soltanto da quella, fino al finale che promette il più classico dei “to be continued“. E nel 2023 stiamo ancora aspettando, anche se, a essere onesti, ho smesso di crederci già qualche tempo fa. I primi trailer sembravano incoraggianti. Beyond Good and Evil 2 si presentò prima nel 2008 con questo teaser, che conteneva in pochi secondi tutti gli ingredienti familiari del franchise: pianeti all’orizzonte, Jade in meditazione, lo zio Pey’J a russare spaparanzato addosso a un veicolo in panne che si ritrova a dover aggiustare, una colorata ambientazione desertica a fare da contrappeso a quella umida e acquatica del primo capitolo. Seguito nel 2009 da questa breve sequenza di gameplay che riprende un acrobatico inseguimento, potenziando i momenti già presenti nel primo capitolo nelle quali la fuga era l’unica opzione. Quanto mostrato per alcuni versi ricordava il contemporaneo Mirror’s Edge, nel quale la protagonista doveva sfuggire alle forze dell’ordine locali tramite riflessi pronti e parkour. Poi è accaduto qualcosa. Cosa non si sa, ma il gioco va in silenzio radio.

Beyond good and evil

Si ripresenta qualche tempo dopo, nel 2017, con una gang di personaggi nuovi in una situazione nuova. Sempre di animali antropomorfi si tratta, ma c’è qualcosa di diverso nel tono e nelle vibes generali. Il gioco pare più vasto, più open world, più „in stile Ubisoft“, stavolta intesa come quella post-Assassin’s Creed con mondi di gioco vastissimi e città che si estendono a perdita d’occhio. Al trailer si accompagna una demo giocata. L’anno successivo, nel 2018, abbiamo un ambizioso cinematic trailer che ci mostra Jade e Pey’j sotto una luce un po’ diversa.

L’ABBANDONO DI MICHEL ANCEL È STATO UN DURO COLPO PER CHI SPERAVA DI VEDER ARRIVARE BEYOND GOOD AND EVIL 2

E poi Michel Ancel lascia, nel 2020. Non lascia la direzione del gioco, non lascia la compagnia, lascia proprio l’intero settore del gaming per fondare un santuario per animali. Un fulmine a ciel sereno che lasciò i fan del progetto con molti punti di domanda. Le teorie e le voci di vario tipo su quanto accaduto si sprecano, ma non è questo il punto dell’articolo. Quello che ci importa osservare è che quando un lead director abbandona la nave, è certo che qualcosa non andava.

QUINDI, COME SIAMO RIMASTI?

Diamo però un’occhiata alle ultime informazioni note: Beyond Good and Evil 2 pare essere diventato un action RPG open world in cui sarà possibile creare il proprio personaggio e viaggiare di pianeta in pianeta con transizioni fluide tra terreno e spazio esterno, similmente a quanto abbiamo visto con Star Wars Outlaws. Il mondo di gioco pare enorme, l’ambizione gargantuesca. Viene mostrata la possibilità di personalizzare l’equipaggiamento, il veicolo base e l’astronave madre. Viene implementato un sistema di criminalità simile a quello di GTA, assecondando il ruolo di pirati spaziali che ci ritroveremo a coprire. Viene persino mostrata una mappa galattica con una selezione di pianeti tra cui viaggiare.

quel poco che abbiamo visto mostrava cambiamenti significativi rispetto all’originale. Ma ce n’era davvero bisogno?

Dopotutto le notizie sul progetto risalgono a quando ancora poteva sembrare che avere il mondo di gioco più vasto fosse per forza un plus, prima che Starfield se ne uscisse con i suoi numeri sui pianeti esplorabili, prima che Assassin’s Creed iniziasse ad attirare criticità per la formula troppo ripetuta. Lungi da me questionare l’ambizione di un team creativo, però chi le aveva mai chieste queste cose da BG&E? C’era un mondo di gioco esplorabile, sì, ma concettualmente più simile a quello di uno Stranger’s Wrath, a un Deus Ex, a uno Shenmue. A un immersive sim, più che a un sandbox. I personaggi, la loro bussola morale, le loro relazioni, la loro tecnologia erano tutte cose definite a priori dalle intenzioni del giocatore. Probabilmente avrei bisogno di un’altra decina di pagine per spiegare questo mio parere, ma penso che avere un mondo di gioco vastissimo non sia di aiuto al fattore immersione. Anzi, lo trovo controproducente.

A questo punto non so quali fossero i piani relativi al sequel e a giudicare da quante volte si è detto che lo sviluppo del gioco è ripartito da 0, forse la cosa ormai non è più tanto chiara nemmeno dentro gli studi, ma la bellezza del primo era proprio il suo essere focalizzato, partendo dal macro (un sistema galattico) fino ad arrivare al micro (singoli edifici chiave nei quali la vicenda si risolveva) fino ad andare alle motivazioni profonde del duo di protagonisti e come si connettono al mondo circostante. Trovarli così diversi da un certo punto in poi è quantomeno strano, come ci fosse l’intenzione di fare un retcon o non ci fossero delle linee guida concrete per farne proseguire la vicenda. E oggi il progetto si trova a far compagnia a Skull and Bones (anche questo un gioco disperso proprio in Ubisoft), Star Citizen, Half Life 3 e molte altre storie delle quali ci è stato concesso solo sfiorarle.

Mi dispiace esimi avventori, questo racconto attorno al falò non ha un finale perché non lo so nemmeno io. È il momento di perdere le speranze? No, questo mai. Siamo nella tempolinea in cui il sequel di Oddworld: Abe’s Oddysee come originariamente inteso è arrivato poco tempo fa, per la direzione di Lorne Lanning. Anche Shenmue 3 è arrivato con una certa calma, sempre per mano dell’originale director Yu Suzuki e riprendendo esattamente da dove il secondo si era interrotto. Il mondo dei videogiochi ha una tale complessità ad ogni livello di produzione, che non si può mai dire quando un dirompente ritorno dal passato possa accadere.

Però quando un progetto è in un limbo da più di 15 anni superando il record di Duke Nukem Forever, quando persino il creatore originale ha voltato pagina, quando il materiale mostrato non è nemmeno più riconoscibile a colpo d’occhio senza vedere il titolo, forse è arrivato il momento di lasciarlo andare. Non scriverò la prossima riga a cuor leggero, ma penso che se Beyond Good and Evil 2 fosse stato destinato ad arrivare, sarebbe arrivato molto tempo fa.


Questo articolo è stato scritto per The Games Machine da Frequenza Critica, il blog italiano di approfondimento videoludico.

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