Nel DNA di Milestone, ben prima della pletora di titoli simulativi per cui è conosciuta oggi, c’è il racing arcade purissimo. È inevitabile, giocando a Gravel, pensare a Screamer Rally, ambizioso spin-off di Screamer, che fra il 1995 e il 1997 rappresentò uno dei primi sonori vagiti del gaming made in Italy di spicco. Sia chiaro, Gravel non è un ritorno alle origini e non ha senso fare un paragone ludico tra le due produzioni, ma è impossibile non guardarsi indietro, e fa piacere che dopo oltre 20 anni l’azienda meneghina continui a dire la sua con un racing game tutto nuovo. Gravel, infatti, segna l’accantonamento momentaneo delle licenze ufficiali e ci racconta di un mondo fatto di derapate, sportellate e salti folli. Una boccata di aria fresca per Milestone e una scarica di adrenalina per noi, insomma, che mica ci tiriamo indietro quando si tratta di fare i ganassa sul brecciolino!
ROAD RAGE
Dopo la prova di Gravel alla gamescom di quest’estate ero rimasto piacevolmente colpito dalla build, e ricordo benissimo di aver detto ai membri del team presenti a Colonia che quello che mancava era un po’ di grinta, che il gioco, insomma, doveva essere più “incazzato”, cattivo.
Quello che mi porto dietro della campagna sono le emozioni di gare tiratissime
Sono felice che a rispetto ad agosto
Gravel sia arrivato sugli scaffali con un piglio molto più aggressivo, tanto che quello che mi porto dietro delle circa 10/12 ore che ho impiegato per completare la campagna – pur senza finire ogni singolo evento, cosa che avrebbe richiesto una manciata di ore supplementari – sono proprio le emozioni di alcune gare tiratissime, vinte per pochi millesimi. In quei frangenti
Gravel è davvero un ritorno a uno stile di gioco che negli ultimi anni si è un po’ perso, nonostante, per carità,
Forza Horizon abbia messo tutti d’accordo sul fatto che è possibile unire un’esperienza di guida appagante al divertimento estremo.
Il titolo Milestone però offre qualcosa di abbastanza differente, che trae le sue origini in quella generazione di ibridi alla Rallisport Challenge, DiRT 2 (o la variante Showdown) e V-Rally, a sua volta mischiata con le suggestioni decisamente più fantasiose di Motorstorm e 1nsane. Tra i titoli citati, quello che mi sta più a cuore proprio la produzione Codemasters, che a mio avviso rappresenta ancora una delle vette più alte dei simcade off-road.
Gravel mi ha ricordato quel tipo di esperienza, ed è già un gran complimento di per sé,
nel modo in cui le diverse discipline off-road si intersecano, nella presenza di goduriosi raid a checkpoint in stile Dakar, nella proposta degli eventi e, soprattutto, nella voglia che ti lascia addosso di fare sempre un’altra gara. Rispetto alle corse sporche britanniche, il brecciolino milanese è ancora più immediato, e ha molte meno velleità simulative, ma anche in
Gravel il richiamo della realtà costituisce comunque un elemento portante, attraverso la pletora di vetture su licenza, una fisica che seppur leggerina dà comunque giustizia alle diverse categorie di automobili e alla presenza di gare di natura più tecnica. Nondimeno, il modello di guida resta comunque scalabile, ed è possibile disattivare un po’ di aiuti (cosa che vi invito a fare immediatamente) per sentire in maniera più che discreta la vettura, e godere del meglio dei due mondi.
Gravel è un arcade nobile, insomma, da giocare in pieno relax e muniti di birra e patatine, ma comunque in grado di offrire un’esperienza di guida affascinante.
WELCOME TO THE SHOW
Asse portante della campagna è l’Off-road Master, un programma televisivo che mette alla prova i migliori piloti del globo terracqueo per decretare il re delle corse off-road, attraverso gare in ogni angolo del pianeta. Sono sedici le location disponibili, per un totale di circa sessanta “tracciati” tra circuiti veri e propri, stadi e terreni dove aprire felici il gas a manetta, dall’Alaska alla Namibia, passando per Las Vegas e l’autodromo di Franciacorta. Una rosa di luoghi invidiabile e molto eterogenea, dove sfidarsi in quattro grandi categorie di competizioni, più una serie di eventi peculiari come quelli a eliminazione, i time attack e le smash-up races, una variante di gare cronometrate dove i checkpoint sono costituiti da cartelli da distruggere, con il piccolo problema di dover centrare quelli verdi per evitare bruschi rallentamenti.
l’offerta di Gravel è molto varia, con uno show televisivo alla base che offre una playlist di eventi per ogni episodio
Insomma, l’offerta di
Gravel è molto varia, e l’idea alla base dello show televisivo è offrire una playlist di eventi per ogni episodio. Ce ne sono venti in tutto, quindici canonici e cinque speciali, che costituiscono le sfide contro i boss, una per ogni categoria più quella conclusiva. In realtà
l’idea della struttura televisiva, a mio avviso, avrebbe potuto essere sfruttata meglio, perché all’atto pratico ci troviamo davanti a un ripensamento meramente estetico della classica campagna lineare, dove bisogna totalizzare una serie di stelline per sbloccare gli eventi successivi.
Certo, l’idea degli episodi rende il gioco facilmente espandibile (11 sono i DLC previsti, tra gratuiti e a pagamento) e resta un modo carino di raccontare i progressi, ma era lecito aspettarsi qualcosa di più, magari attraverso eventi davvero speciali, qualche gara fuori di testa, e soprattutto delle boss battle più significative. Per dire, in quattro casi su cinque ci si limita semplicemente ad affrontare i campioni di turno in tre gare che ricordano i touge di Grid 2, tre testa a testa scollegati tra loro se non per la necessità di essere completati progressivamente. Insomma, in termini di struttura della campagna Milestone si è limitata al compitino, e la sensazione, rispetto al tipo di esperienza che mi ero prefigurato quest’estate, è che l’Off-road Master di Gravel TV sia il risultato di una serie di compromessi relativi ai tempi di sviluppo e al budget a disposizione. Per carità, anche così non è malvagio, però non aspettatevi certo la variante competitiva di Grand Tour.
VROOOOM!
Per fortuna, però, Gravel lascia al palo i dubbi quando poi si scende in pista, perché il suo miglior pregio è che diverte tantissimo, e il mix di arcade con venature realistiche funziona a meraviglia.
quando si scende in pista, il miglior pregio di Gravel è divertire tantissimo
Certo, a voler essere pignoli la differenza di feeling tra le varie vetture è abbastanza relativa (c’è, invece, tra le diverse categorie), e in alcune circostanze
ci si chiede se tutta la varietà nel roster abbia davvero così senso, eppure diventa difficile lamentarsi quando sgommi felice con una Lancia Delta nel deserto. Buono, invece, il lavoro svolto sull’AI, non sempre coerente e costante nel livello di sfida offerto, ma che una volta inquadrata riesce a essere una compagna di giochi in grado di spronarci a fare bene, tanto che in alcune circostanze mi sono trovato a schiacciare furiosamente sul tasto riavvia per fargliela pagare. Per darvi un dato più o meno concreto della sfida offerta da
Gravel, io sono uno che affronta i titoli Codemasters a partire da difficile in su, mentre in questo caso il range delle mie gare è andato da medio (corse cronometrate) a molto difficile (checkpoint).
Mi è piaciuto, soprattutto, il fatto che i piloti dell’AI siano in grado di sbagliare (a volte anche in modo marchiano), e che invece altre volte mi abbiano elegantemente sbattuto fuori senza complimenti; tutte cose sorprendenti, che fanno perdonare gli episodi in cui alzano il piede senza motivo, o i frangenti il cui comportamento appare scriptato (soprattutto nelle corse con i boss). Il buon livello di sfida non è l’unica bella notizia di
Gravel, visto che uno degli aspetti che ho apprezzato di più è il track design di alcune location, davvero interessante e dall’altissimo potenziale nelle corse multiplayer. Alcuni eventi sono davvero esagerati per il mix di condizioni e tracciati, e ammetto di essermi goduto parecchio gli episodi finali della campagna, come Drivers on the Storm e Midnight Stars, i cui titoli sono abbastanza esplicativi. Era davvero dai tempi di DiRT 2 (e Forza Horizon a parte) che non mi restavano nel cuore alcune location, e Milestone mi ha fatto innamorare della Namibia e delle miniere australiane.
Era dai tempi di DiRT 2 che non mi restavano nel cuore alcune location, e Milestone mi ha fatto innamorare della Namibia e delle miniere australiane
Il merito va anche all’ottimo sistema di illuminazione dinamica, frutto di un tool che replica la tipologia di luce reale del luogo in questione, piegato però per motivi puramente scenici alla volontà dello studio. Il risultato esalta il buon lavoro svolto anche sul fronte delle precipitazioni atmosferiche, e va a garantire un look affascinante anche laddove viene mancare un po’ di forza bruta sotto il profilo grafico.
Gravel non è mai brutto da vendere, ma non riesce neanche a essere sempre bello, soprattutto in spazi aperti, dove la generale mancanza di dettaglio, il senso di vuoto e la presenza di molti elementi clonati a volte impoverisce un po’ il colpo d’occhio. C’è da dire, però, che su
PlayStation 4 Pro l’Unreal Engine 4 si comporta comunque bene, al netto di un po’ di texture caricate in affanno in lontananza, e tiene magnificamente i 60fps in qualsiasi situazione, segno che oramai lo studio meneghino ha definitivamente dominato il passaggio al nuovo motore. Complessivamente, restano alcuni bug minori e problemi di interfaccia utente che indicano, come in passato, una leggera mancanza di polishing; cose che da un lato limitano leggermente il potenziale di
Gravel, dall’altro sono facilmente risolvibili in seguito. Il supporto al gioco, a mio avviso, sarà fondamentale per diversi motivi. Da un lato, infatti, la struttura chiama nuovi episodi, dall’altro il multiplayer è proprio bello, e
la manciata di gare svolte online con le poche persone presenti sui server hanno tirato fuori il vero potenziale del titolo, dando vita a corse brutali, divertenti, piene di sportellate e sorpassi folli. La presenza di modalità poco ortodosse (come Capture the Flag e Re in fuga) è un ulteriore punto a favore di una modalità che forse ha bisogno di qualcosa in più rispetto alla sola partita veloce e sessione privata, ma che in ogni caso – se supportata a dovere – potrà garantire lunga vita al gioco. Ci spero davvero, perché ingenuità e incongruenze a parte,
Gravel è assolutamente il miglior titolo Milestone da Valentino Rossi – The Game, ed è un divertentissimo racing arcade off-road da affrontare con l’acceleratore a tavoletta.
Gravel è la dimostrazione che non ci sono mai abbastanza giochi con raid a checkpoint in mezzo al nulla. Per quanto pieno di piccoli difetti, il titolo di Milestone riesce a divertire tanto e bene, tra gare spericolate e tantissima sabbia. Il mix offerto è di valore, e nonostante qualche problema tecnico a prevalere è sempre il divertimento. Il modello di guida accessibile fa il suo lavoro, e pur essendo abbastanza leggerino, è bilanciato da una sfida adeguata. Si poteva fare di più in termini di struttura, ma alcune gare sono davvero bellissime, e il multiplayer ha un grandissimo potenziale. Semaforo verde!