Immortality – Recensione

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Che fine ha fatto Marissa Marcel? È a questo mistero che Sam Barlow ci chiede di dare una risposta in Immortality, mentre ci districhiamo tra i frammenti di tre film mai proiettati nelle sale.

Sviluppatore / Publisher: Half Mermaid / Half Mermaid Prezzo: € 16,79 Localizzazione: Testi Multiplayer: Assente PEGI: 18+ Disponibile su: PC (Steam, GOG, Microsoft Store), Xbox Series X|S Data di lancio: Già disponibile

Questa volta voglio partire dalla fine. Non dalla fine del gioco, tranquilli: non mi permetterei mai svelare il finale dell’ultima fatica dell’autore di Her Story e Telling Lies. No, questa volta voglio iniziare parlando di quello che a mio avviso non funziona in Immortality, così da toglierci subito il dente ed esaminare ciò che invece Sam Barlow è riuscito a creare in maniera magistrale in questa sua opera.

Un’opera indissolubilmente legata al suo comparto ludico, sebbene questo spesso si metta di traverso. Sì perché in Immortality siamo chiamati ad analizzare vari spezzoni di tre film – ovviamente fittizi (o no?) – per cercare di ricostruire la storia di Marissa Marcel e venire a capo del mistero della scomparsa di questa giovane attrice, protagonista di tutte le pellicole in esame. Lungometraggi che non hanno mai visto la luce del sole, peraltro.

TAGLIO E CUCITO

Dicevo che il gameplay non sempre funziona, questo perché tutto passa attraverso un sistema che vede l’utente visionare uno spezzone del film, con la possibilità di fermare il filmato, andare avanti veloce o tornare indietro a piacimento come a voler simulare l’impiego della moviola. Una volta messa in pausa l’azione si può cliccare sui volti degli attori, degli assistenti, o sugli elementi di scena così da sbloccare altre sequenze. Per esempio, cliccando su un cesto di mele veniamo catapultati all’interno di un’altra scena dove con buona probabilità è presente della frutta.

Per buona parte dell’esperienza si ha l’impressione di procedere un po’ a tentoni

Sulla carta questo sistema potrebbe anche funzionare, peccato che la successione delle varie scene appare decisamente casuale, tanto che per buona parte dell’esperienza si ha l’impressione di procedere un po’ a tentoni, giacché questo è l’unico modo per sbloccare nuove sequenze e andare avanti con l’indagine. Un problema che si sente in misura maggiore nelle fasi finali del gioco, quando le transizioni tra le scene iniziano a ripetersi ed è più difficile sbloccarne di nuove.

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Da questa griglia possiamo accedere alle varie sequenze sbloccate.

Inoltre, anche un’altra meccanica che richiede di destreggiarsi tra i filmati non risulta molto precisa. Non voglio espormi più di tanto su questo aspetto perché si tratta della dinamica su cui si basa tutta l’esperienza di gioco, e la scoperta di questa feature rappresenta uno dei momenti più importanti di tutto Immortality. Vi chiedo pertanto di fidarvi se vi dico che i controlli rispondono male sia che si utilizzi un pad (consigliatissimo per via della funzione di vibrazione), sia che si prediligano mouse e tastiera.

IMMORTALITY: TRA RELIGIONE, ARTE E VITA

Detto questo di primo acchito si potrebbe cadere nell’errore di valutare l’opera di Half Mermaid con un banale film interativo. Invece sono dell’idea che il modo di comunicare impiegato da Sam Barlow e compagni sia perfettamente calzante al medium videoludico: Immortality non potrebbe funzionare in altro modo se non attraverso il linguaggio del videogioco.

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Minsky è un giallo degli anni Settanta incentrato sul tema dell’arte.

Vi è certamente una forte componente di passività in Immortality, d’altronde gran parte del tempo viene impiegato a visionare dei filmati. Sta però al giocatore, qui nei panni di un archivista virtuale, provare a ricomporre mentalmente un mosaico dalle molteplici interpretazioni. Sì perché ci viene chiesto non soltanto di scovare le sequenze di tre film, ma anche di analizzare i vari dietro le quinte e le prove di scena, nonché di provare a carpire il mistero che unisce le pellicole alla scomparsa di Marissa Marcel. È un’opera che lascia a bocca aperta, che colpisce grazie alla cura e la coerenza con cui sono stati realizzati i filmati. E che dire delle performance degli attori? Pur senza impiegare attori famosi, Barlow è riuscito a mettere su schermo un cast estremamente capace, in particolare l’attrice che interpreta Marissa – Manon Gage – riesce a districarsi alla perfezione tra i ruoli che sembrano essere stati scritti appositamente per lei. E poi c’è lei: Charlotta Mohlin, semplicemente straordinaria in un ruolo che preferirei evitare di non citare per evitare spoiler.

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Manon Gage. Qui nel film fittizio Two of Everything, l’ultimo della carriera di Marissa Marcel: il tema ricorrente è quello della vita.

Immortality è una lettera d’amore nei confronti della settima arte che non può fare a meno delle dinamiche proprie dei videogiochi. Nell’opera di Sam Barlow si nota tutto il fascino e l’ammirazione dell’autore nei confronti del cinema, e in particolare di tre grandi registi: da Alfred Hitchcock a Stanley Kubrick, passando per David Lynch. Ecco, proprio il modo in cui viene portato avanti e si dipana il mistero che avvolge la figura di Marissa si rifà proprio alla cinematografia lynchiana. Il citazionismo di Barlow è parte integrante del messaggio di fondo di Immortality, delle tematiche e delle scene spesso molto pesanti presenti nei tre film fittizi.

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In alcune sequenze sono le azioni degli attori a comunicare e a gettare luce sul mistero di fondo.

Ecco, a tal proposito è bene fare una precisazione: pur senza scadere mai nel gratuito, Immortality raffigura spesso delle sequenze molto violente, mentre sono presenti scene di sesso piuttosto esplicite. Fa tutto parte del modo di comunicare scelto da Barlow, pertanto queste sequenze non mi sono mai sembrate fuori luogo, ma se siete persone suscettibili potrebbero crearvi qualche fastidio per la particolare crudezza usata nella rappresentazione. Ciò detto, Immortality è un’opera importante nonostante alcuni problemi legati all’applicazione delle varie dinamiche ludiche perché dimostra, semmai ce ne fosse stato bisogno, che cinema e videogiochi possono dialogare, a patto che i linguaggi dei due medium siano costantemente in comunicazione tra loro e non relegati in compartimenti stagni, come purtroppo accade fin troppo spesso.

In breve: Immortality è una lettera d’amore nei confronti di un certo modo di fare cinema, ma è anche un esperimento quasi perfetto che si pone l’obiettivo di far dialogare i linguaggi di cinema e videogioco. È sicuramente l’opera più peculiare nata dalla mente di Sam Barlow, ma è anche quella più imperfetta sul versante ludico. Ciononostante, gli appassionati di questo tipo di esperienze non dovrebbero farselo sfuggire per nulla al mondo. Occhio però ai contenuti: alcune scene di violenza e di sesso potrebbero risultare troppo forti.

Piattaforma di Prova: Ryzen 5 3600X, 16 GB RAM, GeForce RTX 2070 Super, SSD
Com’è, Come Gira: Giocato a 2560×1440. Trattandosi di un videogioco FMV è un titolo estremamente leggero, tanto che potrebbe girare senza problemi anche su hardware relativamente vetusti.

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Pro

  • Trama affascinante e appassionante. / Filmati eccellenti. / Mix riuscito tra i linguaggi di cinema e videogioco.

Contro

  • A volte si va avanti a casaccio. / Sistema di controllo impreciso.
8.5

Più che buono

Le leggende narrano che a Potenza ci sia un antro dentro al quale vive una misteriosa creatura chiamata Alteridan. In realtà è solo il nostro Daniele, che alterna stati diurni di brillantezza ad altri notturni dove i suoi amici non hanno ancora capito che non conviene fargli assumere troppo alcol.

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