Mandragora: Whispers of the Witch Tree – Recensione

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Mandragora: Whispers of the Witch Tree ci immerge in un racconto fatto di piaghe, spade e misteri arcani, ambientato in un mondo dark fantasy spezzato dove ogni passo è una preghiera soffocata.

Sviluppatore / Publisher: Primal Game Studio / Knights Peak Games Prezzo: € 39.99 Localizzazione: Testi Multiplayer: Assente PEGI: 17 Disponibile su: PC (Steam, Epic Games Store, GOG), PS4, PS5, Xbox One, Xbox Series X|S, Switch Data di uscita: Già disponibile

Nel cuore corrotto di Faelduum, la luce non è mai più tornata. Le ceneri dell’Entropia soffocano ciò che resta della civiltà, mentre la natura si piega in radici contorte e le città implodono sotto il peso delle loro stesse colpe. Il Re Sacerdote, ultimo baluardo del potere centrale, affida a un Inquisitore un compito semplice solo all’apparenza: ristabilire l’ordine, riconquistare i territori perduti, portare giustizia. Ma a Wickham e nei villaggi circostanti, l’odore è quello della rovina e della stregoneria, non della redenzione.

Mandragora: Whispers of the Witch Tree si è presentato lo scorso aprile come un’anomalia ludica malinconica nel panorama indie, mischiando due anime complesse: quella dell’action RPG tattico, erede spirituale del filone soulslike, e quella del metroidvania esplorativo, con aree interconnesse, scorciatoie da scovare e abilità da sbloccare per accedere a nuove zone. Il tutto sostenuto da un solido world-building intriso di gotico letterario, dove ogni mappa racconta un crollo, ogni PNG sembra portare il peso di un destino opprimente, e la speranza è solo un’eco lontana.

LA LOTTA PER FAELDUUM

Il sistema di combattimento, affilato e rigoroso, è il cuore dell’intera esperienza ungherese. Come ben sa ogni appassionato di soulslike, ogni scontro impone attenzione rigorosa, ritmo e lettura delle intenzioni nemiche. Una distrazione può costare caro, due sono fatali. Gli attacchi consumano stamina, le schivate vanno dosate con precisione, i tempi d’attesa diventano parte del confronto silenzioso col nemico di turno. Qui il gioco non perdona: anche un singolo colpo subito può compromettere la partita, soprattutto contro i numerosi boss disseminati lungo il tortuoso cammino. La difficoltà però non è mai gratuita. Ogni battaglia è un puzzle fisico, dove l’eleganza dell’esecuzione si traduce in soddisfazione pura quando la danza di violenza ci vede trionfare.

Il sistema di combattimento, affilato e rigoroso, è il cuore dell’intera esperienza ungherese

La varietà delle classi iniziali – sei in tutto: Avanguardia, Tessifiamma, Ammaliatore, Ombra Notturna, Guardiano Selvatico, Giudicatore – e la possibilità di combinare abilità provenienti da rami differenti in stile Path of Exile, costruendo build ibride, consentono un approccio personale ed elaborato. C’è chi si affiderà al controllo delle fiamme sacre, chi preferirà il sangue e la spada, chi punterà sulla furtività o sul controllo dell’entropia stessa. Le combinazioni sono tantissime, e ogni scelta si riflette nel modo in cui si affrontano sia i combattimenti che l’esplorazione.

Mandragora: Whispers of the Witch Tree

Non ho citato Path of Exile a caso.

L’impianto metroidvania, infatti, non è un semplice orpello decorativo, è qualcosa di più radicato in profondità. Le mappe si dipanano come strutture organiche respiranti, rivelandosi ricche di diramazioni, percorsi opzionali, segreti e scorciatoie. Il backtracking, inutile far finta che non ci sia, è costante ma perlomeno mai sterile, poiché ogni nuovo potere sblocca microcosmi nascosti e modifica la percezione degli spazi. Non mancano enigmi ambientali, piattaforme insidiose e aree opzionali colme di ricompense oppure altri boss, anche se va segnalato qualche riciclo di troppo.

Più che la struttura, nel complesso né rivoluzionaria né innovativa, è l’atmosfera che si respira a rendere memorabile l’esplorazione

Più che la struttura in sé, nel complesso non innovativa, è l’atmosfera che si respira a rendere memorabile l’esplorazione. Ciascuna zona racconta qualcosa grazie a una lodevole cura per i dettagli: i villaggi abbandonati, le cattedrali spezzate, i sotterranei brulicanti di abomini, tutto parla una lingua muta fatta di dolore, bellezza e rovina. Visivamente, il gioco adotta una prospettiva 2.5D che gioca su profondità e scorci: il design delle ambientazioni è ricco di minuzie, gli sfondi animati e i colori polverosi trasmettono mestizia e minaccia. Le animazioni si lasciano apprezzare per la fluidità seppure non sembrino sempre perfettamente reattive specie nei momenti più frenetici, quando il tempismo è tutto. Il comparto artistico, nel suo complesso, ce la mette tutta per creare un’identità estetica forte, riconoscibile, elegante e, al contempo, inquietante. Ci riesce, non v’è dubbio: spesso e volentieri è anche seducente.

MANDRAGORA: WHISPERS OF THE WITCH TREE E IL PESO DELLA MEMORIA

Lungo il percorso il gioco introduce una narrazione sfumata, più implicita che didascalica, in cui la costruzione del mondo è affidata tanto ai dialoghi quanto agli ambienti. L’Entropia, elemento centrale del lore, non è soltanto un pretesto per giustificare mostri e ambientazioni decadenti, ma un concetto che pervade le scelte di design, la disposizione degli NPC, la ciclicità delle morti e resurrezioni. Anche l’Albero della Strega — l’hub centrale da cui parte ogni ramo narrativo — è metafora di un mondo in attesa di rifiorire, mentre attorno a essa ruotano personaggi ambigui, talvolta ostili, talvolta salvifici, mai completamente affidabili. Il racconto si espande lentamente, lasciando che il giocatore ricomponga i frammenti. Non mancano eventi scriptati, missioni secondarie e snodi emotivamente più densi, ma la narrativa resta sempre integrata nell’esperienza, senza interrompere il flusso del gioco con eccessive cutscene o spiegazioni ridondanti.

Mandragora Whispers of the Witch Tree

Il primo boss: niente di complicato, basta abituarsi ai tempi di reazione del PG.

Non tutto, però, funziona con la stessa grazia. Alcuni scontri risultano sbilanciati, più per via di hitbox imprecise che per reale difficoltà dei pattern, inoltre il sistema di schivata, sebbene centrale, soffre a volte di una finestra di invulnerabilità mal calibrata. Anche l’interfaccia, pur funzionale, tradisce una certa rigidità, con menu un po’ ingessati o una leggibilità non ottimale nei momenti concitati. L’introduzione al gioco, infine, potrebbe risultare ostica per chi è alle prime armi: il tutorial è sintetico, e molti aspetti — dalla progressione alla gestione delle abilità passive — sono appena oltre una curva di apprendimento piuttosto ripida. Sono dettagli limabili e che, nell’ultimo caso, valgono principalmente per chi non ha dimestichezza con questi generi ma che, in certi momenti, appannano l’esperienza generale.

Al netto dei difetti, Mandragora: Whispers of the Witch Tree si distingue come una proposta solida, evocativa, ambiziosa

Nonostante queste incrinature, Mandragora: Whispers of the Witch Tree si distingue come una proposta solida, evocativa, ambiziosa. La combinazione di combattimento impegnativo, esplorazione profonda e atmosfera gotica funziona, per non parlare della mole di contenuti presenti. Il mondo di Faelduum non è solo un fondale, ricorda più un organismo vivo, segnato da cicatrici profonde, pronto a raccontare la sua storia a chi saprà sopportarne il peso. Pur non rivoluzionando né i soulslike né i metroidvania, l’opera di Primal Game Studio sa come farsi apprezzare da chi mastica entrambi i generi, soprattutto dai più propensi a chiudere un occhio su qualche ruvidezza in nome del divertimento.

In Breve: Mandragora: Whispers of the Witch Tree mescola combattimento soulslike e struttura metroidvania all’interno di un mondo dark gothic stratificato, convincente sia artisticamente sia come impostazione. L’esplorazione è densa e stimolante, il sistema di classi ramificato e l’atmosfera, intensa e coesa, sempre avvolgente. Qualche imperfezione tecnica c’è ma non scalfisce il valore complessivo di un’esperienza ambiziosa, corposa nei contenuti, adatta a chi cerca sfida e immersione in 2.5D. Un viaggio spigoloso per certi versi eppure costantemente gratificante, alla ricerca di redenzione tra oscurità, mostri, fede e putrefazione, che vale la pena vivere.

Piattaforma di Prova: PC
Configurazione di Prova: Ryzen 7 7800X3D, Radeon 7800XT Nitro+, 32 GB RAM DDR5, SSD NVMe
Com’è, Come Gira: Bene il supporto al pad, ma volendo si lascia giocare anche con mouse e tastiera. Niente problemi di prestazioni con la configurazione in firma, frame rate solido e resa grafica accattivante con le impostazioni al massimo e risoluzione 1440p (idem in 2160p). Direzione artistica ispirata, sia nella resa visiva sia in quella sonora. Profuma di gioco da provare assolutamente su Steam Deck, eh già.

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Pro

  • Atmosfera potente, world building coerente / Sistema di combattimento rigoroso / Ampia varietà di build e approcci

Contro

  • Alcune hitbox imprecise, qualche animazione poco reattiva / Menu e interfaccia migliorabili / Curva di apprendimento ripida
8

Più che buono

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