Con il remake di Resident Evil 2 praticamente dietro l’angolo e una recente demo in grado di relegare ufficialmente a un passato lontano le anacronistiche inquadrature fisse, il ritorno del primissimo Onimusha: Warlords mostra in maniera ineluttabile il peso dei suoi diciotto anni. Dopotutto il samurai Akechi Samanosuke non pare sforzarsi più di tanto, tornando sui nostri schermi con la minima ambizione possibile, stavolta protagonista di un’edizione parzialmente rivista della sua primissima avventura, apparsa originariamente nel 2001 su PlayStation 2.
Tra le aggiunte figurano la risoluzione incrementata che – ironicamente – non fa altro che peggiorare la resa visiva, massimizzando il contrasto e lo stacco tra modelli poligonali e fondali bidimensionali, alla quale si sommano un sistema di controllo che si affida finalmente all’analogico, liberando dunque il giocatore dal giogo dei vecchi comandi in stile “tank”. Per finire è presente l’immancabile visualizzazione a 16:9, assieme all’immediata disponibilità del livello di difficoltà più docile, inizialmente conquistabile in seguito a un certo numero di decessi. Un po’ poco nell’anno di grazia 2019, tanto per mettere immediatamente le mani avanti.
COME AI VECCHI TEMPI
Quel che resta è un vero e proprio tuffo nel passato, con tutto quello che ne consegue: al di là del fattore puramente estetico, giocare oggi a Onimusha: Warlords si rivela un’esperienza stantia e poco appagante, specie alla luce degli innegabili passi in avanti che i giochi d’azione poligonali hanno compiuto in quasi quattro lustri. Com’è stato spietato l’incedere del tempo per il povero Samanosuke: in origine dinamico protagonista di un gioco concepito come spin-off in chiave Sengoku della serie Resident Evil, si presenta oggigiorno imbolsito e rigido, involontaria vittima di un sistema di combattimento limitante e limitato che sparisce come neve di fronte a un’incandescente supernova se paragonato a quanto visto in un Dark Souls a caso.
anche nel 2001 Onimusha era innegabilmente un titolo facile e breve
GIÀ FATTO?
In questa prospettiva la necessità di potenziare i nuclei di fuoco, fulmine e vento per disattivare particolari sigilli e guadagnare l’accesso a nuove locazioni appare come un riempitivo utile unicamente ad allungare artificialmente il brodo, uno stratagemma su cui si poteva chiudere un occhio quasi vent’anni fa in virtù della splendida presentazione audiovisiva del gioco originale, ma che oggi fa solo storcere ulteriormente il naso. Prevedibile vittima di un titolo che si presenta come il paradiso degli speedrunner è la varietà, che si limita a scatenare contro il povero samurai un bestiario particolarmente esiguo e una manciata di boss, schiavi della stessa rigidità a cui deve sottomettersi il povero Samanosuke, destinati dunque a mostrare facilmente il fianco nel corso di duelli meccanici e assai poco memorabili.
Prevedibile vittima di un titolo che si presenta come il paradiso degli speedrunner è la varietà
Il tempo è stato inclemente con Onimusha: Warlords, restituendo al giocatore odierno un titolo povero nei contenuti e nella presentazione, assolutamente inadatto a un pubblico abituato oramai a ben altro. Pollice su per il nuovo sistema di controllo via analogico, ma da solo non basta a restituire il vecchio smalto a un gioco francamente anacronistico. Decisamente il buon Anjin non ha nulla da temere.