Intel Core i9-11900K – Recensione

Intel “non vince, ma convince” con il suo Core i9 11900K, un processore di fascia alta che riesce ad avanzare facendo un passo indietro. Vediamo come.

i9 11900k recensione

Accogliamo il nuovo Core i9-11900K con qualche iniziale perplessità: a un prezzo medio di circa 640 euro nei negozi on-line (cento euro in più del suo immediato predecessore), si presenta all’appuntamento con lo stesso processo produttivo a 14 nanometri – nuovamente affinato e ottimizzato – e con un poco plausibile taglio di due unità di elaborazione che, dai 10 core / 20 thread del Core i9-10900K, tornano a essere rispettivamente 8 e 16. In compenso, il nuovo arrivato porta con sé una ventata d’aria nuova: il tanto atteso supporto al bus PCI Express 4.0, che trova finalmente una sua collocazione anche sulla sponda blu del mercato consumer, un sensibile aumento della velocità di ogni core, due nuove tecnologie turbo e la grafica integrata Xe che, fino a oggi, abbiamo potuto vedere all’opera soltanto in alcuni PC portatili. Intel, dunque, ritiene di poter tranquillamente rinunciare a queste due unità di elaborazione in più: se quelle disponibili sono più veloci, l’utilizzatore sarà contento lo stesso. Ma sarà proprio così?

STORIA DI UN BACKPORT DI SUCCESSO

Backport è un termine informatico che non si sente molto spesso, ma che ha un significato importante: migliorare qualcosa di vecchio introducendo caratteristiche nuove, già implementate sulle versioni successive, quando quel “qualcosa di vecchio” era, o avrebbe dovuto essere, già stato abbandonato. Nel software è una pratica piuttosto comune: pensiamo per esempio a quelle patch di sicurezza introdotte ‘fuori tempo massimo’ in Windows 7 o addirittura XP, partendo dallo stesso codice realizzato per Windows 10.

Ciò che Intel ha fatto con i suoi nuovi processori Core della famiglia Rocket Lake è di fatto un backport di due architetture diverse, originariamente concepite per il nuovo processo produttivo a 10 nanometri, verso l’ennesima – e presumibilmente non ultima – iterazione del suo collaudato processo a 14 nm: i core x86 della serie Sunny Cove (Ice Lake), ribattezzati nella loro versione “ingrandita” Cypress Cove, e la GPU Xe dai processori Tiger Lake, ridotta da 96 a sole 24 o 32 unità di elaborazione e rinominata Xe-LP. Di fatto, quindi, Rocket Lake prende alcune caratteristiche da Ice Lake e altre da Tiger Lake, due architetture pensate per i laptop, traslandole sul mondo desktop e adattandole alle specifiche esigenze di questo settore del mercato.

UN RISULTATO AGRODOLCE

Adattare un die a un’architettura pensata per un processo litografico diverso non è come fare una fotocopia più grande o più piccola della stessa immagine: avere transistor più grandi significa dover ridisegnare tutti i percorsi per i dati e avere blocchi logici di dimensioni maggiori, con l’aggiunta di buffer per evitare la degradazione dei segnali, con un maggiore consumo di corrente e un aumento della temperatura d’esercizio. Tutto questo però non ha scoraggiato Intel che, anzi, dichiara soddisfatta di aver ottenuto un aumento globale dell’IPC pari al 19% rispetto alla generazione precedente. Ben lungi dall’essere rivoluzionaria, la nuova architettura di Intel ha dunque le caratteristiche di una soluzione di passaggio, pur presentando degli indiscutibili vantaggi sulla precedente Comet Lake: è finalmente attivo il supporto alla versione 4.0 del bus PCI Express, cui sono dedicate 20 linee in partenza dal northbridge integrato (in precedenza erano solo 16), sono supportate le memorie DDR4 fino a 3.200 MHz (Comet Lake invece arrivava a 2.933 MHz) e fanno il loro debutto nel settore desktop le istruzioni AVX512, disponibili in precedenza solo sui processori per server Xeon.

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