Vampire: the Masquerade – Bloodlines 2, chi è Hardsuit Labs – Speciale

Hardsuit Labs! Chi era costui?” Così si sarebbe chiesto, perplesso, Don Abbondio se fosse stato presente alla scorsa GDC quando Paradox Interactive ha annunciato Vampire: the Masquerade – Bloodlines 2. Il primo capitolo uscì quindici anni fa e fu un po’ una Cenerentola del videoludo: amato fin da subito da una stretta cerchia di appassionati, si costruì una community fedele che continua a giocarci e a sfornare mod e patch amatoriali tutt’ora, mentre dal punto di vista commerciale non ebbe un gran successo, vuoi perché il titolo fu rilasciato senza una lucidata finale per eliminarne bug e altri difetti, vuoi perché la data di uscita scelta fu lo stesso identico giorno di un altro gioco con cui condivideva il motore grafico, ma che ebbe un destino un pelo diverso: stiamo parlando di Half Life 2. Geniale. Pochi mesi prima, a giugno, usciva Shadow Ops: Red Mercury, FPS non certo imperdibile sviluppato da Zombie Studios per Xbox. Che c’entra? Voi ricordatevelo, che ci arriviamo subito.

BACK TO THE FUTURE

Torniamo ora al presente: più di qualche sopracciglio si è alzato quando Paradox ha reso noto che lo sviluppatore che si sarebbe occupato di un titolo già circondato da tanto hype sarebbe stato Hardsuit Labs, software house nata nel 2015. Se non li avevate mai sentiti nominare prima, siete di sicuro in buona compagnia, anche perché non hanno al loro attivo il curriculum di uno studio blasonato: l’unico loro titolo precedente è un certo Blacklight: Retribution, un FPS online free-to-play uscito nel 2012. Cominciano a non tornarvi le date? Non si tratta di un incasinamento della nostra linea temporale degno della fantascienza più classica, bensì di un ben più prosaico caso di passaggio di consegne di diritti sulle IP. Hardsuit Labs nasce infatti da impiegati fuoriusciti dalla morente Zombie Studios (visto? Ve l’avevo detto di tenerli a mente), casa che vide la bancarotta proprio nel 2015 dopo più di vent’anni di onorata carriera, iniziata nel 1994. Durante questi lustri, la software house statunitense non si è distinta per un successo clamoroso dietro l’altro, ma ha comunque dato vita, tra l’altro, a una saga di lungo corso come Spec Ops, action shooter à la Call of Duty ante litteram, la cui più recente e forse ambiziosa iterazione sviluppata da Yager Development nel 2012 potreste (dovreste) ricordare.

L’FPS Balcklight: Retribution di Hardsuit Labs mi ha folgorato per la quantità di elementi di world building più tipici di giochi con forte componente narrativa

Seppur Zombie Studios vantasse numerosi giochi all’attivo su varie piattaforme, la grande esperienza in titoli sparatutto non si direbbe fondamentale per un GdR tendente verso l’immersive sim, per cui mi sono chiesto cosa abbia portato la scelta del distributore svedese verso Hardsuit Labs. È stato poi fatto sapere che erano stati proprio i ragazzi di questo studio a farsi avanti con un’auto-candidatura, forti di avere dalla propria Brian Mitsoda, parte del team di scrittori del primo Bloodlines, ma ciò non ha comunque chiarito i miei dubbi e quindi non mi è rimasto altro da fare che provare con mano Blacklight: Retribution. Senza tanti giri di parole, vi dirò che ne sono uscito in un certo qual modo confortato, con una certa speranza datami da un level design decisamente buono, ma soprattutto folgorato da numerosi elementi di world building che non mi sarei aspettato da uno sparatutto online. In una mappa, per esempio, si può apprezzare l’intero skyline di una città in lontananza, con alcuni palazzi (irraggiungibili) in preda alle fiamme; altrove ho invece trovato insegne luminose in ambienti portuali con loghi di marche inventate, o spazi urbani ricchi di dettagli che rischiano quasi di distrarre dell’azione competitiva, ma che inchiodano quell’angolo di città a un dove e un quando ben delineati. Tali elementi sono del tutto ininfluenti nelle meccaniche di gioco, ma denotano una certa predisposizione e passione per esperienze dove la componente narrativa è ben più centrale, per cui al momento sono un po’ meno preoccupato del destino di Bloodlines 2.

THE CLOVERFIELD PARADOX

Altre scelte mi fanno pensare che il team di sviluppo sia ben cosciente della posta in gioco: da una parte, l’assenza di una telecamera in terza persona mi ha fatto davvero storcere il naso, perché parte del fascino originale stava nell’immedesimazione nel proprio alter ego tramite l’osservazione delle proprie movenze e fattezze, vestiti e accessori inclusi. D’altronde, si tratta in sostanza di una scelta che permette a Hardsuit Labs di lavorare con strumenti con cui ha familiarità da anni nell’utilizzo dell’Unreal Engine, in modo da evitare passi falsi su aspetti tecnici. La presenza di cinque soli clan giocabili mi sembra invece una trovata in pieno stile Paradox, e potrei scommettere un dito (del piede) che nuove fazioni verranno rilasciate come DLC nei mesi successivi al lancio; voglio comunque guardare al bicchiere mezzo pieno e vedere anche questa limitazione come un’opportunità per raffinare il più possibile i clan giocabili fin dall’inizio e raccogliere il riscontro della community prima di implementare delle integrazioni.

In un mondo post-Red Dead Redemption 2, farò fatica ad accettare che intrighi ed interazioni della società vampirica siano interamente incentrate intorno alle mie azioni

Un altro aspetto su cui mi sono fermato a riflettere riguarda il tempo di sviluppo: a quanto pare, Hardsuit Labs ha cominciato a lavorarci fin da quando Paradox acquisì i diritti del World of Darkness, nel 2015; il titolo è ora previsto in uscita per l’inizio del prossimo anno, per cui si tratta di un ciclo di produzione relativamente breve, circa la metà di blockbuster come Red Dead Redemption 2. Il paragone potrebbe sembrare azzardato, ma non è casuale: uno degli aspetti che ha reso l’opera di Rockstar Games un capolavoro assoluto è quanto il mondo che hanno creato sia vivo, in un certo senso anche al di là del nostro intervento in esso. Tornando a Bloodlines, le interazioni sociali tra clan di vampiri sono un tema chiave: gran parte della componente ruolistica è incentrata sui giochi di potere e le tensioni tra i tanti membri che compongono la sfaccettata società underground vampirica, che si muove con furtività tra le trame della civiltà umana manipolandola senza che noi comuni mortali ce ne rendiamo conto. In un mondo videoludico che ormai ha dato la luce a Red Dead Redemption 2, farò fatica ad accettare un’esperienza sub-par in cui tutto ruoterà intorno a noi e gli eventi principali saranno innescati dalle nostre azioni, ma dubito che gli sviluppatori statunitensi abbiano avuto tempo (e forse le capacità) di creare un mondo tanto vivo e in parte autonomo e indipendente. Ad ogni modo, confido nell’importanza che Paradox sta dando a questo progetto, già chiara dal sito internet dedicato tenderbeta.com, aperto prima dell’annuncio ufficiale del titolo come teaser. Vampire: the Masquerade – Bloodlines 2 è infatti un titolo chiave nella storia del produttore nordico, ben lontano dal tipico genere strategico per cui è noto, dunque sa che fallire quest’occasione d’oro potrebbe significare subire una battuta d’arresto significativa con conseguente relega a giochi grand strategy. Ci sono poi tante altre scelte di cui si potrebbe parlare a lungo, come l’ambientazione a Seattle o l’importanza data al “clan” Thin Blood, ma non è il caso che ne stia a sproloquiare ancora a lungo. Voi, piuttosto, cosa ne pensate?

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