Time Machine Reloaded #5 – Carlo Perconti's Fighting Life: Arcade Fever

Questo appuntamento con la Time Machine Reloaded nasce sotto il segno dell’egoismo più sfrenato; prendendo spunto dall’indole arcade dell’ultima avventura del figlio di Sparda, il leitmotiv che pervade queste pagine è da ricercarsi nella violenza a gettone vecchio stile, nella passione per i sanguigni giochi di combattimento da sala giochi che tanto amo collezionare e rigiocare. Ho detto che sarei stato egoista, ma non immaginate da quanto volevo intervistare Carlo Perconti, francese attualmente residente in Giappone che condivide la mia stessa passione. Con la differenza che lui ce l’ha fatta, è riuscito a trasformare il suo amore per le botte digitali in un lavoro, assieme al compagno di sala giochi Lyes Belaidouni, partendo agli albori dell’industria videoludica francese. Classe 1966, Carlo fu infatti il primissimo impiegato della storica software house Loriciels, dove si fece le ossa su computer come il Thompson T07, il M05 e l’Oric-1 prima di concludere un periodo formativo durato quattro anni, solo per creare Chip, ovvero la piccola grande software house dei suoi sogni.

Volendo iniziare davvero dal principio, dobbiamo fare un piccolo passo indietro, quando un giovanissimo Carlo acquistò uno ZX-81 in scatola di montaggio per comprendere a fondo il funzionamento degli home computer, un periodo seguito dallo sviluppo di semplici giochi per Oric-1. Questo fatto attirò l’attenzione di Laurant Weill, possessore di un negozio d’informatica a Parigi chiamato Ellix; questi propose a Carlo di pubblicare i suoi giochi e, in seguito, fondò Loriciels assieme a Marc Bayle e Phillip Seban. Chip era davvero una bella realtà, inizialmente dedicata al mercato a otto bit ma, successivamente, capace di sfornare interessanti perle durante l’alba di Amiga e ST come lo splendido Jeanne d’Arc (1988), uno strategico con sequenze d’azione sulla falsariga di Defender of The Crown, caratterizzato da un convincente uso della grafica digitalizzata. Ancora prima, l’infatuazione di Carlo Perconti per le macchinette mangia monetine era evidente nei titoli pubblicati per il popolarissimo (per lo meno in Francia e Spagna) Amstrad CPC, ispirati in maniera neppure troppo subdola a successi arcade. Vedi ad esempio Zaxx o Buggy 2, entrambi pubblicati nel 1986 e rispettivamente cloni di Zaxxon e Buggy Boy.
Carlo perconti

Non male la cura per i dettagli di Nightmare Busters. Dovreste vederlo in movimento

Il grande passo avviene però nel 1992, quando Carlo fonda Arcade Zone assieme a Lyes e Gabriel Gari, un terzo amico che si sarebbe occupato del lato amministrativo della nuova società, con sede legale a Londra. Una scelta a dir poco inusuale per una realtà totalmente francese, giustificata dalla necessita di lavorare a contatto con gli uffici europei di SONY e Nintendo, pezzi grossi da cui l’abile Gabriel aveva ottenuto preziosissimi contratti per distribuire e pubblicare giochi. E il primo titolo a vedere la luce su Super Famicom (Gabriel non riuscì a ottenere una licenza per sviluppare anche su Megadrive) fu appunto Legend (1994), un brawler a scorrimento con ambientazione medioevale che prende come illustri modelli i classici arcade di Capcom e SEGA come Golden Axe e – sopratutto – The King of Dragons, una fonte d’ispirazione particolarmente evidente nella grafica realizzata interamente da Lyes. In un certo senso Legend fu l’occasione per realizzare commercialmente il titolo d’azione che i due avrebbero sempre voluto giocare in sala giochi. Carlo Perconti d’altro canto si sarebbe occupato di programmazione e musica durante un processo produttivo durato quattro mesi, dove i due amici avrebbero dovuto occuparsi di tutto partendo da zero, creando strumenti di sviluppo e programmando in assembler. Anche l’aspetto sonoro nascondeva numerose insidie: in un’intervista concessa al giornalista Mathieu Manent, Carlo ricorda l’impressionante configurazione con cui sarebbe poi riuscito a travasare i riff della sua chitarra elettrica in una cartuccia per Super Nintendo usando inizialmente un Atari ST come sampler, seguito a ruota dal buon vecchio Amiga per processare i suoi pezzi con il Soundtracker (famosissimo programma musicale creato nel 1987 da Karsten Obarski) che, infine, avrebbe sfruttato un emulatore di Eprom su PC per portare a casa l’agognato risultato! Legend ricevette valutazioni molto buone, sebbene il risultato finale è oggettivamente distante dall’idilliaco traguardo sognato dai ragazzi di Arcade Zone. Colpa principalmente dei soli 8MB di capacità della cartuccia, un formato praticamente imposto da Nintendo: come distributori, Carlo Perconti e compagni dovevano infatti anticipare i costi del supporto, e la casa di Super Mario esigeva un ordine minimo di pezzi. Per uno sviluppatore giovane e piccolo come Arcade Zone, l’idea di sfruttare memorie più capienti a quelle condizioni era una prospettiva assolutamente utopica ed economicamente irrealizzabile. Tuttavia Legend riuscì a togliersi diverse soddisfazioni, a partire dall’interessata visita dello staff di Capcom allo stand del gioco durante il CES di Las Vegas (per motivi sconosciuti, il gioco non ebbe una distribuzione in Giappone) proprio mentre la demo della conversione di The King of Dragons per Super Famicom girava a pochi metri di distanza!

Saranno pure cloni spudorati, ma i primi giochi di Carlo erano tecnicamente inattaccabili

Anche la stampa seppe apprezzare il gioco, con l’eccezione della celebre Joypad, ovvero una delle più rispettate riviste di settore francese. La storia è fumosa, ma pare che tra gli inviati della testata e uno stressato Lyes sfuggì qualche parola di troppo durante quella stessa fiera, tanto da giustificare una recensione acidissima. Un po’ come il diverbio tra Zidane e Materazzi, ma in un derby tutto transalpino! Il gioco successivo non vide la luce… o quasi. Nightmare Busters era un altro figlio della passione per le sale giochi di Carlo e Lyes, stavolta ispirato ad un paio di successi di Capcom simili a Makaimura, ovvero Midnight Wanderers e Willow. Un gioco di piattaforme fantasy con tanto di modalità cooperativa sul sedici bit Nintendo sembrava il tipo di progetto destinato a vendersi praticamente da solo, o almeno questa era l’idea di Christophe Gayraud, amico dei due nonché committente del lavoro presso Titus. Spuntarono però numerosi problemi durante lo sviluppo, tanto da giustificare pesanti ritardi; quando il gioco pareva essere finalmente in dirittura d’arrivo, SONY accantonò il precedente ruolo di distributore presso Nintendo, facendo perdere ad Arcade Zone la sua rete in Europa.
Carlo perconti

Toka arrivò anche sul Dreamcast con il pessimo Soul Fighter. La mancanza del 2D si faceva sentire…

Con le ali tarpate, Carlo Perconti e compagni decisero di staccare la spina al progetto quando Nightmare Busters era praticamente finito, tanto che, nel 2013, il gruppo Super Fighter Team completò il gioco e lo pubblicò in un limitato numero di copie. Il titolo seguente rischiò di subire un destino analogo, messo in vendita nei primi mesi del 1995 nel solo Giappone da un piccolo distributore perché, semplicemente, SONY era ufficialmente scesa sul sentiero di guerra con la sua PSX, e continuare a lavorare con Nintendo era fuori questione. Chiamato Iron Commando (Koutetsu no Senshi nel paese dei samurai), il gioco era l’ennesimo brawler a scorrimento, stavolta pesantemente ispirato a The Punisher, ovvero l’ultimo titolo di Capcom sulla premiata architettura CPS1. Per essere un lavoro creato da zero, Iron Commando è molto ben fatto, tecnicamente notevole e longevo dall’alto dei suoi dieci livelli di pestaggio urbano tra pugni, calci e armi da fuoco, penalizzato solo da un livello di difficoltà che non fa sconti a nessuno. È anche uno dei più ricercati titoli nella ludoteca del sedici bit Nintendo, essendo un titolo scritto da gaijin, per giunta spedito sugli scaffali in un quantitativo molto limitato. In seguito a questa semi batosta, Arcade Zone imparò l’ovvio, ovvero che occorreva rivolgersi presso altri lidi per continuare a fare affari, abbandonando quindi la vecchia generazione di console. Puntando però ai cavalli di razza come la recente PlayStation senza attardarsi eccessivamente su brocchi come il Jaguar di Atari, dove Arcade Zone iniziò a realizzare un titolo basato sul personaggio di Conan il Barbaro solo per interrompere lo sviluppo a causa dello stato comatoso in cui versava l’ultima console dell’ex colosso di Sunnyvale. Quindi lo studio venne chiuso solo per rinascere come Toka nel 1995 grazie a un contratto con la tedesca Softgold che, impressionata dalla promettente quanto sfortunata produzione di Carlo e compagni, decise di finanziare il loro nuovo progetto e affidargli la gestione di alcune licenze.

Dopo aver partecipato dietro le quinte alla creazione del motore grafico di Adidas Power Soccer, Toka creò Burning Road (1996) un omaggio neppure troppo velato a Daytona USA, ennesimo gioco che aveva fatto impazzire Carlo e Lyes nelle sale giochi. Fu accolto discretamente bene, ma quella che seguì fu un po’ la fine del sogno: per la prima volta i due affidarono ad altri il ruolo di sviluppatori per un loro titolo (Explosive Racing, una sorta di seguito spirituale di Burning Road), parzialmente delusi per il declino della tanto amata grafica bidimensionale. Toka chiuse per motivi finanziari nel 2001, ma Carlo Perconti si occupa ancora di videogiochi dopo aver fondato HyperDevBox nel 2005, una compagnia con sede in Giappone che collabora con Idea Factory per convertire celebri RPG come la serie Agarest sui dispositivi mobile, sviluppando nel contempo progetti personali.

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