CAPITA SPESSO CHE A UN PERSONAGGIO SIA ASSOCIATA IN MANIERA UNIVOCA UNA CERTA ARMA, CHE NE DIVENTI PARTE INTEGRANTE DEL DESIGN
Il pensiero vola subito a
God of War, il
rilancio del 2018. Il momento che è stato impresso con le fiamme nel cuore di tutti i videogiocatori è quando, ben superata la metà della storia, Kratos torna nella sua dimora per
riesumare un antico ricordo, quasi dimenticato tanto da lui quanto da noi. Il Leviatano è un’arma straordinaria, capace di rinfrescare ottimamente un gameplay sopraffino di suo, ma quando dalle ceneri riemergono le Lame del Caos, qualcosa cambia in Kratos come in noi. Se ancora vi erano dubbi di un eventuali reboot, le catene infuocate delle lame sono pronte a bruciare fino all’ultimo dubbio e tanti saluti all’idea (adombrata sin da subito) di un rilancio globale, ben venga
una diretta continuazione della storica trilogia e sono proprio quelle due lame, e il loro rapporto con Kratos e il suo background, a confermare definitivamente la natura dell’opera. Proprio quando il videogiocatore diviene conscio della nuova arma di Kratos, marchiata a fuoco sulla pelle del ritrovato spartano, e ne ha già imparato ogni trucco e abilità, a lui è richiesto un ultimo sforzo: quello di riprendere dalla sezione dimenticata del proprio cervello come del proprio cuore quel piccolo spartano intriso di rabbia e sete di vendetta, per lasciarsi andare nuovamente alla furia viscerale delle due lame che nella profonda Scandinavia
tornano a volteggiare e mietere vittime.

Kratos riesuma le Lame del Caos. Senza ombra di dubbio, uno dei momenti più alti di tutto God of War. Un’arma che restituisce memoria al personaggio quanto a noi videogiocatori.
Tra tanti, è forse uno degli esempi cardine di quanto l’iconografia applicata ad un personaggio si costruisce tanto sull’aspetto estetico, quanto sul rapporto con quella che diverrà l’arma storica. Non basta prendere l’elsa di una spada per essere un re, tanto meno brandire momentaneamente una spada laser per essere un Jedi (John Boyega ne sa qualcosa).
NON SOLO ARMI, PERÒ: TANTI ALTRI PERSONAGGI SONO STATI COSTRUITI SEGUENDO LE ORME DI UN ESEMPIO PIÙ GRANDE
Di contro tanti altri personaggi sono stati costruiti proprio seguendo le stesse orme di un esempio più grande: se
Lara Croft ha alle spalle decenni di storia – e le riconducibili doppie pistole ci rimandano subito a lei invece che al Dante di DMC – già il
Nathan Drake di Uncharted ha il suo modello più grande sull’
Indiana Jones partorito dal duo Spielberg-Lucas. L’anello di Sir Francis Drake è l’oggetto che ci ricollega al personaggio, non una vera arma, ma le orme su cui è stato costruito non hanno mai lasciato alcun dubbio, riuscendo capitolo dopo capitolo a diventare un personaggio ben più grande, riconducibile facilmente alla famiglia Sony,
anche senza qualcosa (un’arma?) cui ricondurlo facilmente. Parliamo sempre di un eroe in t-shirt e jeans.

Nathan Drake non è affezionato a nessuna arma, ma tutta la mitologia di pirati, predatori di tesori e sinistri poteri occulti, ha reso l’epopea dell’eroe in t-shirt e jeans più appassionante del previsto.
Una riflessione, questa, che vuole lasciare a voi la palla: per quanto banale, provate a pensare al complesso e simbiotico rapporto che alcuni eroi hanno con le proprie armi o con un proprio oggetto, elementi necessari a caratterizzare lo stesso. Pensateci: non è un caso che ne film di Indiana Jones quando quest’ultimo perde il cappello, arrivi la provvidenziale e piccola folata di vento a riportare il cappello ai suoi piedi, perché non c’è Indy senza il suo cappello.
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