Neo 2D: il Rinascimento delle due dimensioni – Speciale

Asse X, asse Y, una carrellata ad imitare un primitivo piano sequenza, senza stacchi emotivi. Il monitor che diventa una tela bianca, millimetrata, ogni pixel si accende, sfarfalla, si riempie di colore, il tubo catodico come un reattore nucleare che produce l’energia necessaria per dare vita a un’immagine. La profondità sostituita da fondali teatrali, narrazione ambientale al servizio della retina, mentre in primo piano l’azione esplode in punta di d-pad, ogni movimento un’animazione che glorifica la prestanza fisica degli sprite, come sculture greche di atleti olimpici.

neo 2d speciale

Il gameplay diventa una recita, una coreografia, un rito i cui mantra si sciolgono sulle le sinapsi per diventare bellezza, gioia, ricordo, esaltazione, feticismo, memoria muscolare. È il 2D, baby, eterno monumento al videogioco che il progresso tecnologico non potrà mai distruggere, la pixel art come patrimonio immateriale dell’umanità ad honorem (pronto UNESCO?) resistente a cambi di usi, costumi, stagioni, rivoluzioni e soprattutto risoluzione, adattandosi per sopravvivere ed evolversi, evergreen: ieri, oggi, domani.

NOUVELLE VAGUE

Perché mentre il mondo scopriva e di conseguenza rielaborava tutta la sua produzione attorno al poligono, plastica videoludica da adattare ad ogni genere per dargli il respiro della tridimensionalità, l’illusione di un mondo “altro” da esplorare, le opere bidimensionali hanno sempre resistito, vuoi per necessità, come nel caso di gran parte delle console portatili pre-PSP, vuoi per questione di stile. Basti pensare a titoli come Symphony of the Night uscito in pieno 1997 o Viewtiful Joe nel 2003, ma anche tutta la ludografia di George Kamitani, con Vanillaware a brillare di una bellezza abbagliante, da cotta adolescenziale, mentre intorno tutto invecchiava a velocità tripla, con poche eccezioni.

neo 2D

Il pixel spesso abbandonato, considerato ormai démodé sulle console casalinghe, gli artisti pronti a disegnare nuovi abiti per l’occasione, in pregiato cel-shading o pennellando acquerelli virtuali. Era però diventata una presenza d’eccezione sul red carpet videoludico, guest star accolta tra applausi e grida cariche di entusiasmo, presa in simpatia dalla stampa in un misto di nostalgia e meraviglia formale che aveva effettivamente pochi eguali, seguita a ruota da una pulizia di gameplay che spesso si può raggiungere solo sottraendo una dimensione.

INTORNO AL 2010 QUALCOSA CAMBIA, IL 2D FA DI NUOVO CAPOLINO: MERITO DI BRAID, SUPER MEAT BOY E LIMBO

È verso la fine del decennio che qualcosa cambia e sono tre i principali artefici di questo ritorno in grande stile. Braid (2009), Super Meat Boy (2010) e Limbo (2011). Tre opere seminali per il nuovo corso del videogioco 2D, un platform d’autore che gioca col tempo come nessun altro, un brutale e rivoluzionario erede di Super Mario e il revival delle avventure dinamiche. Xbox Live Arcade prima di tutti seguito a ruota da PlayStation Network e WiiWare, gli oligarchi che aprono i loro mercati digitali agli indipendenti senza selezione all’ingresso, affidandosi solo a quella naturale, lasciando che la creatività riempisse il bacino della bidimensionalità come non succedeva da anni.

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