Immaginate Avezzano, un bel paese nell’entroterra abruzzese. L’aria pulita di montagna, la cucina tipica che ti fa dimenticare la dieta maledetta e quell’ospitalità capace di sciogliere i cuori più arcigni, il tutto sotto lo sguardo benevole del Gran Sasso. In una sola parola abruzzese, forte e gentile come un film di Scorsese. Un luogo ameno e tranquillo, che però dallo scorso 25 Giugno nasconde una doppia anima situata in Via Sandro Pertini, presso il civico 105. Mettiamo le mani avanti, perché niente può prepararvi a Elettroludica: per chi arriva da fuori (ma, presumo, anche per gli stessi abitanti di) Avezzano, varcare le sue porte è come perdersi in un’altra dimensione.
Un po’ come nel Classico Wizard of Oz del ’39: avete presente la scena in cui Doroty abbandona le tinte seppia della sua fattoria nel Kansas per entrare nello stupefacente Technicolor di Oz? Ho avvertito sensazioni simili appena mossi i primi passi nel grosso locale, inizialmente limitato nei movimenti dal vistoso solco che la mia mascella aveva tracciato sul pavimento attraverso i 1500 metri quadri su cui si estende Elettroludica. Perché un museo che ti accoglie con l’oscilloscopio di Tennis for Two (1958, il primo “videogioco” creato per intrattenere, senza ricerche accademiche tra i piedi) e rincara subito la dose con tre esemplari di Computer Space (1971 stavolta, il primo coin-op della storia) esprime una chiara dichiarazione di intenti, oltre a mostrare i muscoli. È la più grande esposizione europea dedicata al divertimento elettronico, una realtà permanente che non solo lascia a bocca aperta le strutture simili presenti in Italia, ma fa mangiare la polvere a istituzioni blasonate come il Computerspielmuseum di Berlino.
A BERLINO, BEPPE? NAH, MEGLIO AVEZZANO!
Principalmente, Elettroludica è fatta col cuore: è il sogno covato per oltre cinque anni da Alessandro di Berardino, Fabio Rubeo e Erik Pede, un nome sicuramente noto alla grande famiglia di The Games Machine, nonché a tutti quelli che sono cresciuti leggendo riviste di videogiochi. E i sogni, si sa, sono fatti di plastica, segatura, silicio e condensatori, visto che nei corridoi di Elettroludica trova spazio uno spropositato quantitativo di pezzi pregiati esposti con sapienza attraverso percorsi didattici che mostrano l’evoluzione del videogioco, opportunamente suddiviso per regioni geografiche e case produttrici.
Non avete mai visto l’X68000 di Sharp dal vivo? Eccolo lì, vi aspetta in quella vetrina assieme al gargantuesco Cyber Stick. Vi siete sempre vergognati all’idea di possedere un Casio Loopy? Fa nulla, per lo meno qui potete ammirarlo in silenzio, nascondendo una malcelata ammirazione. E questi sono gli esempi più banali: tra i corridoi di Elettroludica sono presenti circa 300 console e computer, assieme a 200 cabinati talmente belli che a stento trattengo le lacrime mentre scrivo queste righe, senza contare gli otre 100 flipper che sono lì per ricordarvi l’evoluzione di un passatempo immortale, dalle illustri opere d’arte della Zaccaria ai più moderni.
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