Battleborn: cronache di un insuccesso – Speciale

A CONTRIBUIRE AL DECLINO DI BATTLEBORN CI FU ANCHE LA CONCORRENZA DI OVERWATCH, IN ALCUNI CASI DECISAMENTE SPIETATA

Anche grazie alla spietata concorrenza mossa da Blizzard (che spostò la sua open beta proprio nella settimana di lancio di Battleborn), non è difficile capire perché anche solo basandosi sulla prima impressione frotte di giocatori abbiano preferito Overwatch: esteticamente, il gioco di Gearbox era nettamente inferiore, con una palette cromatica non terribilmente invitante, personaggi strani, spigolosi e di gran lunga meno accattivanti, e in genere un maggiore senso di confusione a schermo; la cosa, tra l’altro, si rifletteva anche sui cosmetici opzionali, che nel caso dell’ibrido FPS/MOBA erano tanto semplici quanto tristi recolor del modello originale. Aggiungete a questo un’ambientazione condita da quell’umorismo in stile Borderlands che o lo si ama o lo si odia, e il prezzo minore di Overwatch fu il chiodo finale sulla proverbiale bara. Certo, era una delle obiezioni ai tempi, quei 20€ in più erano giustificati dalla componente PvE, una serie di livelli cooperativi legati alla storia di questo universo dove tutte le stelle meno una si sono spente: e, insomma, se c’è una cosa che Gearbox fa bene è il gioco cooperativo, no? Peccato che in realtà anche questo contenuto fosse francamente deludente: i personaggi di Battleborn funzionavano bene se inseriti nel contesto di uno scontro multiplayer, ma molti di loro faticavano a convincere se utilizzati in un contesto PvE, con il risultato di sentirsi un pesce fuor d’acqua per tutta la durata della missione. Chi sperava di trovarsi di fronte una sorta di “Borderlands lite”, come me, rimase parecchio deluso dall’offerta.

Il design dei personaggi non peccava di originalità, ma il risultato finale era spesso poco accattivante.

AL DI LÀ DI TUTTI I SUOI DIFETTI, HO SEMPRE TROVATO IL GAMEPLAY DI BATTLEBORN SOLIDO E BEN RIUSCITO. PECCATO PER IL CONTORNO

Non ho volutamente parlato del gameplay di Battleborn per un semplice motivo: perché credo che quello fosse probabilmente l’unica cosa che aveva azzeccato. Nelle circa 60 ore che ho passato giocandoci, ho sempre trovato che l’ibrido FPS/MOBA fosse riuscito bene, che la varietà dei personaggi fosse più che buona, che fosse piacevole spostarsi di qua e di là per controllare lo stato dei vari obiettivi, cercare di aiutare lane in difficoltà e magari sorprendere qualche giocatore che si era troppo esposto in cerca di un’uccisione. Non credo che Battleborn avrebbe avuto difficoltà a ritagliarsi una sua fetta di giocatori, se non fosse stato per una serie di fattori di contorno ma non per questo meno importanti. Uno di questi, cioè l’uscita quasi contemporanea di Overwatch, era al di fuori del controllo di Gearbox: ma tante altre cose no. Sto parlando, ovviamente, della presenza di microtransazioni all’interno di un gioco da 60€, del marketing che insistette poco su ciò che rendeva unico il gioco, delle scelte estetiche polarizzanti. E così, il declino di Battleborn fu tanto rapido quanto sotto gli occhi di tutti. Nel 2017, ci fu un tentativo di risollevare le sorti del gioco rendendolo free to play; tentativo dallo scarso successo, visto che a tre mesi di distanza Gearbox annunciò che non avrebbe più lavorato alla sua creatura – che, a gennaio di quest’anno, ha visto definitivamente chiusi i suoi server.

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