Quella di Larian Studios è una storia che comincia nel 1996 in Belgio, a Gent, quando Swen Vincke decide di fondare quella che sarebbe diventata la principale compagnia di sviluppo di videogiochi del paese.Oggi Larian è celebre soprattutto per i suoi videogiochi di ruolo, ma non tutti sanno che il primo titolo realizzato dal team belga è stato uno strategico in tempo reale. The L.E.D. Wars è un RTS fantascientifico che è stato sviluppato da una ventina di persone in meno di cinque mesi dalla fondazione dello studio. Non ebbe chissà quale successo, a dire il vero, ma all’epoca stupì per la competitività dell’intelligenza artificiale, tant’è che ancora oggi viene considerato come uno degli strategici più difficili in assoluto. The L.E.D. Wars è però importante non soltanto perché è stato il titolo di debutto di Larian, ma anche perché segnò l’inizio di un lunghissimo sodalizio artistico con il compositore Kirill Pokrovsky, il quale da lì in avanti sarebbe stato autore delle colonne sonore di quasi tutti i videogiochi sviluppati da Vincke e compagni fino alla sua prematura scomparsa. Va però detto che questo è stato sì il primo gioco pubblicato da Larian, ma non è stato il primo progetto a cui il team ha lavorato.
LA GENESI DEL DIVINO
Quando Swen Vincke ha aperto lo studio si è immediatamente messo al lavoro su Unless: The Treachery of Death. Non vi dice nulla? Non dovrebbe, infatti, giacché questo titolo non vide mai la luce del sole. Non nella sua forma originale, perlomeno. Larian avrebbe dovuto collaborare con Atari per il finanziamento e la pubblicazione di questo videogioco di ruolo con visuale isometrica, tuttavia l’accordo saltò dopo che il publisher decise di ritirarsi dal mercato dei giochi per PC. La compagnia di Gent decise così di accantonare momentaneamente il progetto in favore di The L.E.D. Wars, il quale avrebbe sfruttato lo stesso motore di gioco creato per Unless.
Larian si accaparrò la licenza di Uno Sguardo nel buio
Sperando che la terza volta fosse finalmente quella buona, Vincke e compagni salvarono il salvabile dal progetto appena cancellato per dare immediatamente il via ai lavori di Project C, poi battezzato Divinity: The Sword of Lies, peccato che il publisher CDV Software non avesse molto a genio questo titolo. Un inconveniente di poco conto rispetto a quelli del passato, pertanto Larian acconsentì a un cambio di nome e finalmente nacque Divine Divinity. Dopo uno sviluppo durato circa tre anni, Divine Divinity poté finalmente vedere la luce del sole nel settembre del 2002. Il gioco si andava a inserire all’interno del filone degli emuli di Diablo, dal quale mutuava alcuni sistemi di gioco quali il combattimento hack & slash, la visuale dall’alto e il loot casuale, introducendo però alcune meccaniche tipiche dei più classici videogiochi di ruolo per computer. Di grande rilievo fu poi il sistema di interazione con lo scenario che permette al giocatore di spostare gli oggetti a piacimento per aprire strade alternative, risolvere quest e raccogliere loot altrimenti nascosto. Il focus sull’interattività dello scenario diventò poi un vero e proprio marchio di fabbrica di Larian, tant’è che anche i videogiochi più recenti dello sviluppatore belga puntano tantissimo su questo aspetto.
OLTRE LA DIVINITÀ
Due anni dopo la pubblicazione di Divine Divinity, Larian lanciò sul mercato il sequel Beyond Divinity. Basato sul medesimo sistema di gioco e sullo stesso motore del gioco precedente, questo secondo capitolo perse una parte dell’appeal del diretto predecessore a causa di una sensibile virata verso la formula hack & slash. Gli sviluppatori decisero di rendere il gioco molto più action tagliando sensibilmente la parte RPG. Ne risultò un titolo poco più che discreto, sebbene tutt’altro che ispirato.
A poco servì il twist di dare al giocatore il controllo di due personaggi fusi all’interno dello stesso corpo. Ambientato una ventina di anni dopo gli eventi di Divine Divinity, Beyond Divinity mette il giocatore nei panni di un paladino al servizio del Divino che a causa di un rituale demoniaco vede la sua anima fusa con quella di un cavaliere della morte. Il giocatore può quindi cambiare a piacimento il personaggio principale tra i due disponibili, ognuno con abilità ed equipaggiamento diversi.
Larian pubblicò una serie di piccoli videogiochi a sfondo educativo
Sin dalle prime fasi dello sviluppo, il team aveva previsto la presenza di un protagonista in grado di trasformarsi in un drago. Divinity II: Ego Draconis, questo il titolo ufficiale, sarebbe stato sviluppato impiegando il Gamebryo, il motore utilizzato tra gli altri anche da Bethesda per la creazione di The Elder Scrolls IV: Oblivion e Fallout 3. Ciò avrebbe significato un cambio radicale rispetto al passato: Divinity II non sarebbe più stato un videogioco con visuale isometrica, ma un action in terza persona con telecamera alle spalle del protagonista. Si trattava dunque di un progetto molto ambizioso per uno studio che allora era ancora relativamente piccolo, basti pensare che la compagnia contava appena una trentina di dipendenti. Alla luce delle risorse limitate non stupisce che molte feature previste siano poi state tagliate: per esempio ci sarebbe dovuto essere un’altra trasformazione, a metà strada tra un umano e un drago, alcune location sono state rimosse, mentre era previsto anche il multiplayer cooperativo.
Il terzo capitolo della saga di Divinity fu un discreto successo
DRAGON COMMANDER E IL RICORSO A KICKSTARTER
Con la pubblicazione di Divinity: Dragon Commander nel 2013, lo studio belga decise di ritornare alla strategia in tempo reale dopo più di quindici anni dall’uscita di The L.E.D. Wars. Ora molto più esperti, gli sviluppatori fecero tesoro di tutto ciò che avevano appreso nei tre lustri precedenti dando vita a un RTS con elementi RPG e una punta di simulazione politica. Purtroppo anche in questo caso l’ambizione dello studio fu superiore alle sue effettive capacità, soprattutto in termini di risorse, per questo Dragon Commander uscì in uno stato che persino il director Swen Vincke definì insoddisfacente.
Nonostante tutto, il gioco venne accolto positivamente, ma evidentemente le vendite non riuscirono a coprire i debiti sempre più ingenti che la compagnia stava accumulando di anno in anno. Ed è così che Larian Studios rischiò la chiusura per bancarotta: solamente Project E avrebbe potuto salvare la baracca. In un’intervista del 2015, Vincke confessò di aver spostato molte delle risorse destinate a Dragon Commander verso lo sviluppo di Project E, il quale al tempo si pensò – a ragione – potesse essere il cavallo vincente. La compagnia sfruttò ogni possibile escamotage per evitare il fallimento, compreso il pagamento ritardato delle imposte.
La compagnia sfruttò ogni possibile escamotage per evitare il fallimento
Per fortuna il gioco si dimostrò un successo sin dalla sua pubblicazione in Accesso Anticipato su Steam, avvenuta all’inizio del 2014, e poi con il lancio della versione completa nell’estate dello stesso anno. Larian si salvò per il rotto della cuffia grazie a un ritorno alle origini che premiò la decisione di Vincke e i sacrifici dello studio. Da allora la strada fu tutta in discesa: Original Sin fu oggetto di una Enhanced Edition che introdusse nuovi contenuti e portò il gioco su console, incrementando ulteriormente le vendite e la popolarità della serie.
LARIAN STUDIOS SI ESPANDE
Larian passò così da essere uno studio sull’orlo del fallimento a una compagnia in piena espansione. L’organico passò dai quaranta sviluppatori che portarono a termine Original Sin, a una compagnia con più sedi in giro per il mondo con un totale di oltre un centinaio di dipendenti. Ciononostante, Vincke e compagni optarono nuovamente per il ricorso a Kickstarter.
Nell’agosto del 2015 venne presentata una nuova campagna di raccolta fondi per Divinity: Original Sin II. Il successo fu immediato, tant’è che l’obiettivo di mezzo milione di dollari venne raggiunto in pochissime ore. In totale vennero raccolti più di due milioni di dollari che permisero allo studio di espandere ulteriormente i piani iniziali. Ancora una volta il gioco venne pubblicato dapprima in Accesso Anticipato, nel settembre del 2016, per poi uscire esattamente un anno dopo nella sua forma finale. L’iter fu quindi esattamente lo stesso del primo Original Sin, con tanto di successiva Enhanced Edition per portare il gioco sulle console. Original Sin II fu anche il primo videogioco che non poté contare sulla collaborazione del compositore Kirill Pokrovsky, scomparso prematuramente nel 2015 a causa di un male incurabile.
il successo di Original Sin II fu ancora maggiore rispetto a quello riscosso dal gioco precedente
Dopo anni e anni trascorsi lavorando su un singolo franchise, quello di Divinity, per la compagnia di Swen Vincke sarebbe presto arrivato il momento di lavorare a un titolo su licenza. E che licenza. A dire il vero Larian era intenzionata a sviluppare un videogioco della serie di Baldur’s Gate da diverso tempo, tanto che Vincke provò a convincere Wizards of the Coast subito dopo il lancio del primo Divinity: Original Sin, nel 2014. All’epoca le trattative non portarono a nulla di buono, ma le cose cambiarono dopo l’uscita di Original Sin II. Allora fu Wizards of the Coast ad approcciare Larian proponendo allo studio lo sviluppo di Baldur’s Gate 3. Naturalmente la proposta fu subito accettata e il progetto venne presentato al grande pubblico pochi anni più tardi, durante l’E3 del 2019. Anche in questo caso il gioco venne pubblicato in Accesso Anticipato nell’ottobre del 2020, dove ci è rimasto per quasi tre anni. Un periodo di tempo, questi tre anni, durante i quali Larian ha continuato a espandersi aprendo uno studio in Inghilterra e un altro in Spagna, portando a oltre cinquecento persone l’organico della compagnia.
Ventisette anni dopo la sua fondazione e nonostante le molte difficoltà, Larian Studios si è imposta come una compagnia responsabile dello sviluppo di alcuni tra i migliori videogiochi di ruolo di sempre. Baldur’s Gate 3 sarà all’altezza delle aspettative? Manca davvero pochissimo per scoprirlo.