Stellar Blade è il videogioco sulla bocca di tutti. Se ne parla bene, se ne parla male, se ne parla come un videogioco molto buono con delle pregevoli caratteristiche, e se ne dettagliano le peculiarità con passione. L’opera di Shift Up Corporation è anche al centro della bufera, ma nel frattempo, oltre a innumerevoli peculiarità fondamentali nel suo approccio narrativo, esiste un mondo, vero e tangibile, rafforzati da più finali e arricchito da ulteriori dettagli.
Sia chiaro, nonostante le belle parole di Yoko Taro, autore della Saga NieR e di Drakengard, la produzione ispiratissima del team sudcoreano è una rappresentazione gioviale dell’opera dello sviluppatore nipponico, a sua volta catturato dalla profondità narrativa della stessa Parte del discorso attorno a Stellar Blade, ora provato e trattato dai giocatori per spingere al massimo il suo stilosissimo e coinvolgente sistema di combattimento, diventa coinvolgente quando la storia di EVE assume degli approcci e dei momenti interessanti. Non si tratta di nulla di particolarmente originale, nonostante tutte le peculiarità al suo interno: dall’ottimo modo di usare un linguaggio classico e già visto nella serie di Yoko Taro, fino a qualcosa di più elaborato e complesso, ma in ogni caso fondamentale e particolareggiato in quanto viene mostrato. È un racconto che, come spiega il titolo, parla di umanità e di momenti complessi: è la storia di un’umanità consumata dalla corruzione e dalla paura, dominata a sua volta da un potere brutale pronto a fare di tutto per emergere.L’opera verte, in tal senso, su canovacci classici ma interessanti, se confrontati con le produzioni di Yoko Taro: i parallelismi, dunque, diventano inevitabili quando si pensa a come quest’ultimo parla dell’umanità. Mentre Yoko Taro racconta gli esseri umani con l’incanto di chi non è tale, allo stesso modo Shift Up Corporation adotta un metodo diverso. Se in NieR Replicant si parla di ombre, di involucri e di personalità prive della stessa per andare avanti, in NieR: Automata questo assume un altro significato ben più profondo: come già esplicato in un pezzo di qualche mese fa, gli androidi e le biomacchine si sentano umani.
L’opera verte, in tal senso, su canovacci classici ma interessanti, se confrontati con le produzioni di Yoko Taro
DIVENTARE UMANI
EVE è una protagonista che, fino all’ultimo, pensa di essere umana. Nel discorso e nel mondo di Stellar Blade vengono introdotti sin da subito i Naytiba, nonché la corruzione che il genere umano ha sofferto mentre diveniva qualcosa che non era affatto. È il classico approccio già visto in molte opere del genio di Yoko Taro, ma qui il discorso cambia: per larga parte dell’opera – direi anche a livelli realisticamente importanti – EVE è certa di essere un’umana con una coscienza. Intanto, è utile ribadirlo: la protagonista ha vissuto nello Spazio, lontana dalla Terra che ha dato origine all’umanità; non sa esattamente, peraltro, cosa sia la pioggia.Da essa, come racconta la prima parte dell’avventura, resta sorpresa: quella goccia che le scivola lungo il palmo, per poi battere su una roccia lì accanto, è la testimonianza di quanto per lei sia complesso arrivare a quella consapevolezza, rendendo complesso, a sua volta, ciò è naturale per un sopravvissuto. Nella produzione, infatti, non si parla di esseri umani, bensì di sopravvissuti: i Naytiba non sono null’altro che alla stregua di una corruzione che si diffonde così tanto in profondità da generare domande innumerevoli, diverse e particolari, ma soprattutto brutali: l’uomo come cambia, mentre tutto si sta sfaldando?
È convinta, fino all’ultimo, di provare compassione, ma ciò che sente e avverte è solamente una replica artificiale del comportamento umano
Il discorso attorno alla Sfera Madre, che è cosa permette alla produzione di essere ancora più esaltata nel suo scheletro narrativo, è la cura riservata a una sorta di fede che si fonda essenzialmente sulla volontà di mantenere il controllo su ogni essere vivente. Quel controllo colpisce ogni membro delle Unità Aree e della Colonia (che nel gioco non si vede, ma magari in futuro potrebbe essercene occasione), incastrandosi in un racconto che s’infila dappertutto, specie nella pelle di un androide che tenta con ogni mezzo di riuscire a trovare qualcosa di positivo e bello nel mondo. Quella scoperta, tanto sconvolgente quanto sorprendente, in parte cambia anche le decisioni di EVE e come vede il mondo attorno a lei.
IL WORLDBUILDING DI STELLAR BLADE
Chiunque, sia che abbia giocato le recenti produzioni di FromSoftware sia conosca opere del calibro di Sea of Stars, sa bene quanto costruire un mondo di gioco sia complicato. Con The Witcher, in tal senso, CD Projekt RED ha fatto in modo di offrire una produzione che profumasse di originalità, anche grazie al talento e all’abilità di Andrzej Sapkwoski di creare un mondo reale e brutale. Stellar Blade mostra, anche platealmente, quella disintegrazione e la perdita dell’umanità: intanto lo propone con gli scenari di Eidos 7, di Matrix 11 e di XION, ma dopo fa vedere come tutto sia diventato corrotto presentando il deserto come ambientazione, un luogo in cui è tutto privo di bellezza e di luce, in cui ogni cosa è risicata e rovinata.
Immaginate per un momento, infatti, di essere al centro di un mondo di gioco che deve mostrare una sua natura selvaggia: quella di Stellar Blade, oltre a mostrare una perdita costante, dà il senso di non avere nulla di bello. È infatti tutto perduto, definitivamente dimenticato e lasciato da parte: poche possibilità, solo tanta paura e molte occasioni di smarrimento. Questo è dovuto anche al numero di nemici proposto all’interno dell’opera, che non ha nulla da invidiare ad Action RPG meglio costruiti: nel mondo edificato ed eretto da Shift Up Corporation cosa viene mostrato è il disfacimento dell’uomo. Il suo fine è l’inizio di qualcosa di nuovo, della propagazione dei Naytiba e di un’infinità di problematiche che colpiscono direttamente coloro che sperano di vedere in questo mondo qualcosa di realmente nuovo e spensierato. La stessa EVE, con la speranza di scoprire un pianeta che sente casa sua, è inconsapevole della sua reale natura: diventa come una biomacchina che è convinta di essere umana fino alla rivelazione finale, in cui tutto quanto è discusso e trattato fino alla fine.
Questo è dovuto anche al numero di nemici proposto all’interno dell’opera
LA PAURA DI NON ESSERE ABBASTANZA
Completando tutt’e tre i finali, approcciandomi al racconto di EVE con la stessa fascinazione che ho avuto per NieR e per altrettante opere del genere, ho compreso la potenza dell’opera in ogni sua forma quando, assieme alla protagonista, ho accettato l’idea di essere solamente un androide. Sin da sempre, penso da molto prima della nascita di Cristo, l’uomo ha avuto l’assoluta certezza di essere l’unico a poter vantare rivendicazioni sul pianeta Terra.Come un modernissimo Sephiroth, che ha sempre avuto il pensiero di voler controllare ogni cosa e di piegare l’uomo alla sua volontà, l’uomo ha sfruttato e devastato la natura a tal punto di esaurirla totalmente. Questo è un epilogo orribile, nonché significativo e lampante: all’uomo non resta che lasciare spazio a nuovi organismi che possano prendere il suo posto. È proprio questo l’azzardo di Stellar Blade: comunicare all’uomo che non è necessario. Questo lo aveva fatto anche Asura’s Wrath, facendolo capire appieno: non si è necessari. È la Terra, a esserlo.