Borderlands: tra Jack il Bello e un mondo brutale – Speciale

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Borderlands: tra Jack il Bello e un mondo brutale – Speciale

Stallone da Culo, “Lo sparami in faccia”, Lilith e i Crimson Raider. Per chi non conosce Borderlands potrebbero essere nomi sconosciuti, situazioni inspiegabili e gruppi terroristici di dubbia provenienza, con un Roland più arrabbiato che mai, certo di poter vantare di un’armata di ribelli contro l’Hyperion, quando Borderlands 2, ai tempi, svettava sulle classifiche dei principali store e vendeva un numero esagerato di copie. A distanza di tanti anni dal secondo capitolo, che ha dato i natali a Jack il Bello e al fascino del male per cui è divenuto famoso, la serie Borderlands è cresciuta, si è fatta grande e ha offerto innumerevoli produzioni spin-off di elevata caratura. 

Penso alle avventure narrative dedicate all’intero franchise, come Tales from the Borderlands e New Tales from the Borderlands. Racconti che, oltre a dettagliare storie e narrazioni inedite, hanno presentato a tutti l’inaffidabile ma affascinante Rhys, sospeso tra le sue frequentazioni sbagliate, l’amicizia con Vaughn e la cotta per Sasha, e qualcosa nel cervello che, be’… si chiama Jack il Bello. Una visione che soltanto lui può vedere, ma che Zero e l’accozzaglia di campioni di Borderlands 2 conoscono ottimamente. Come Claptrap, in realtà, che in Borderlands: The Pre-Sequel credeva che quel cattivone, tanti sorrisi e chioma perfetta, fosse un uomo buono. Invece, si è dimostrato esattamente per quello che era: uno spregiudicato, brutale e crudele assassino di prima caratura che ha tradito tutti, soprattutto coloro che nutrivano speranze nei suoi confronti.

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Quando Gearbox creò Jack il Bello, il personaggio maggiormente più identificativo dell’intero franchise, prese il dizionario Treccani ed estrapolò dallo stesso tre parole: “Brillante”, “Crudele e “Ironico”. Si narra che, dal connubio di queste parole, nacque il cattivone che tutti, nel bene o nel male, hanno amato perdutamente. La nascita inizialmente di un eroe e poi, in realtà, del male sottoforma di Gabriel Garko con un fantastico senso dell’umorismo. Questo pezzo, se non fosse chiaro, potrebbe contenere parolacce e moralità basse quanto il suo autore. È sconsigliato alla Chiesa Cattolica, nostra assidua lettrice dalla sua nascita.

NELLE TERRE SELVAGGE MA ANCHE OLTRE

Immaginate una Galassia pazza. Una Galassia folle. Una Galassia per nulla come la nostra, ben diversa. Vi racconterò intanto una storia, la mia, quella che mi ha fatto diventare inconsapevolmente un Cacciatore della Cripta: acquistai il primo Borderlands a caso, tanto per, attirato dalla copertina. Era la seconda liceo. Fine della storia, ché di allungare il brodo con preludi inutili, ora come ora, non è il caso. Andiamo, tutti assieme appassionatamente, al sodo.

Una serie che ha parlato in modo brillante del mondo moderno

C’era voglia di un videogioco diverso, a quel tempo. Un loot and shooter che, oltre a unire una base ruolistica dal fascino incredibile, permetteva inoltre una libertà assoluta, tra guide spericolate e un senso dell’umorismo che donava al giocatore tutte le carte tre le mani, pure quelle che non credeva di avere nelle maniche. Ed è così che è nato l’amore, poi l’ossessione e ora la nostalgia, ma soprattutto il desiderio di parlarne.

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La nascita di Borderlands ha portato con sé una ventata d’aria fresca, perché nessuno aveva, neanche Gun di Neversoft, raccontato la frontiera in quel modo. Ora, Gun di Neversoft era un western fantastico ed era ben diverso da quest’ultimo. Se proprio devo trovare un parallelismo, Borderlands è l’evoluzione di Mad Max in tutto e per tutto, nonostante il suo canovaccio narrativo sia diverso. A essere divergente è pure il contesto, di assoluta fattura e meraviglia, perché trasporta il giocatore in un mondo che è la critica sociale di quello che respiriamo e viviamo. Influencer in Borderlands 3, l’obliterazione dell’inconscio e il capitalismo in Borderlands 2 e la scoperta in Borderlands, il primo, quello che ha dato vita a questo circolo di violenza e brutalità cui non si può fare a meno.

La nascita di Borderlands ha portato con sé una ventata d’aria fresca, perché nessuno aveva, neanche Gun di Neversoft, raccontato la frontiera in quel modo

Così, sorpresa, è continuato il mito di Borderlands in tutto per tutto. In quei frame ho riconosciuto molto di questo mondo pazzo, che è esattamente cosa Gearbox intendeva comunicare al giocatore, per permettergli di coinvolgersi ancora di più con quanto è stato palesato al suo interno. In quel desiderio di sognare, dunque, partiva tutto dalla novità, dal momento che giungeva improvvisamente e si radicava completamente nell’inconscio, pronto a far luccicare gli occhi a chi sperava di trovare oltre i confini qualcosa di incredibile. Io ho trovato amici, ho scoperto le First Aid Kid, che con My Silver Lining, in Tales from the Borderlands, e mi sono fatto un gruppetto sparuto di ragazzoni armati di tutto punto. Ho compreso che potevo essere Lilith ben prima che Cate Blanchett indossasse la sua parrucca rossa. Non potevo chiedere di meglio, per nulla. La curiosità è padrona della mia penna e ora, in questo mondo in cui l’hype è da tenere sotto controllo, ammetto di averne parecchie. Questa è però un’altra storia, di quelle che non servono a nulla.

tales from the borderlandsChiunque vi dirà cosa abbia trovato in queste terre di confine, tra le varie zone e aree proposte, nonché sulla stazione spaziale dell’Hyperion, e in giro per l’intera Galassia di Borderlands, sarà sempre un racconto diverso. Perché una cosa che Borderlands ha sempre fatto, e non è scontata affatto, è raccontare di te, di me e degli ultimi. Ha parlato in modo dissacrante del mondo che si sgretola con uno stile unico, mentre mostrava l’arroganza. Quella supponenza dominava il resto, grazie a esso banchettavano gli Psycho, quei pazzi con la maschera che sono diventati identificativi quanto Jack il Bello, e intanto si costruiva la fantasia. Una fantasia che diventava storia. La storia creava i Cacciatori della Cripta. Eravamo noi, i Cacciatori della Cripta.

DI COSA PARLA DAVVERO BORDERLANDS?

Ho vestito i panni di Roland, Zane e Zero in successione. Penso di aver appreso abbastanza da loro per sottolineare quanto le loro avventure siano state anche le mie, di questo passo. Questa è un’altra storia. Come accennavo, Borderlands parla della società, di cose enormi e potenti, scegliendo uno stile ironico, dissacrante e sarcastico, ponendo l’accento sulla follia che imperversa nel mondo. La pazzia è una mancanza di adattamento al mondo moderno, cosa che in ogni capitolo è accentuata proprio dai personaggi. Da qualunque personaggio, sottolineo.

La pazzia è una mancanza di adattamento al mondo moderno

Penso a Rhys, per esempio, che potrei essere io. Per gran parte del tempo, lo ammetto, ho sognato di essere esattamente nei suoi panni per rivedere ancora una volta Jack il Bello, ma dopo ho compreso che il senso del suo viaggio, invece, era scoprire l’amicizia. Ogni capitolo del franchise ha un suo messaggio unico nel suo genere, e ognuno parla di qualcosa, di una situazione e di momenti, passati e futuri, tutti loro chiari e brillanti. In un viaggio costante nella scoperta, infatti, si apprende che è bene perseguire il viaggio con coscienza e passione, mentre tutto quanto si tramuta e diventa un modo nuovo per vivere.

borderlands 3 switch

Borderlands dettaglia una società ai margini, dominata da approfittatori seriali e assassini. Gearbox, quando ha creato determinati personaggi, si è ispirata molto ai racconti di James Barrie e altri autori di questo calibro. È la pirateria a essere al centro di tutto, in un certo senso, anche se è il capitalismo, il personaggio più o meno silente all’interno del racconto, a banchettare sui corpi, a godere della carne rancida di uno Skagg e di coloro che non riescono a trovare un modo diverso di vivere. Borderlands parla del fallimento della società moderna. Racconta di giovani che non trovano lavoro e sono costretti a uccidersi a vicenda per sopravvivere e guadagnare dei crediti con cui acquistare delle armi. In tutto questo, come se non bastasse, viene data una prospettiva diversa al ruolo di certi nuovi lavori. Parlo degli influencer, ad esempio, che nel terzo capitolo sono i nemici da abbattere, perché in quella posizione di prestigio e vantaggio si sono approfittati dei morti di fame. Chissà se anche i Gemelli Calypso, al tempo, vendettero un pandoro sbrilluccicante facendola passare per beneficenza. Nei videogiochi è tutto possibile, d’altronde.

Borderlands dettaglia una società ai margini, dominata da approfittatori seriali e assassini

Ogni argomento, dall’inizio alla fine, parla di un elemento. Di un qualcosa che ancora, ad esempio, non reggiamo. Penso all’amore. Esiste l’amore, alla fine di questo viaggio. In Borderlands 3, infatti, nel DLC dedicato a Sir Hammerlock è possibile partecipare a un matrimonio. È il suo, di matrimonio. Ed è stato bellissimo, così bello che non riesco ancora oggi a togliermelo dalla testa. Gearbox è esattamente questo: l’amore che lega Sir Hammerlock a Wainwright è speciale, profondo e leale. È un amore appassionato e si mostra in tutta la sua potenza, com’è stato fatto quando Rachel Amber e Chloe si sono baciate in Life is Strange: Before the Storm. Parla di te, di me e di noi, questa serie. Ecco perché è affascinante e, a mio parere, totalizzante in ogni suo aspetto. Anche con la sua ironia e i momenti non sense.

JACK IL BELLO, IL NON-VILLAIN PER ECCELLENZA NEI NOSTRI CUORI

Ora, diciamolo chiaro e tondo: Jack il Bello è il cattivo di Borderlands 2. Va bene. Lo è. Ha ammazzato e tradito un sacco di gente, si è infilato nel cervello di Rhys facendogli vedere cosa voleva e mentendogli costantemente su qualunque cosa, anche la più ridicola. Eppure, la sua importanza è totale, direi quasi assoluta, all’interno di ogni capitolo. Sottolineo “Ogni” proprio per ribadire che un personaggio del genere resta anche se non è più presente.

borderlands 3 gameplay

Nel dettagliare la sua psiche crudele, penso che Jack abbia deciso semplicemente di essere quello che tutti siamo ogni giorno: esseri brutali con una chiave che può far scattare una bomba atomica all’improvviso contro qualcosa. In The Pre-Sequel, però, era una persona meglio, citando Elio e le Storie Tese in Parco Sempione. Ogni sua scelta lo ha condotto alla fine, alla sua, di fine. Penso che Jack, in un modo o nell’altro, sia stato unicamente sé stesso.

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