Soltanto un pazzo metterebbe a paragone Elden Ring e A Song of Ice and Fire di George Raymond Richard Martin, l’autore statunitense che ha creato il mondo di Westeros e affibbiato millemila nomi a Daenerys Targaryen, Nata della Tempesta, regina degli Andali, dei Rhonyar e dei Primi Uomini; regina dei Sette Regni, protettrice del reame, la non-bruciata, la Khaleesi, la pazza (nella serie televisiva rovinata da HBO) che ha dato fuoco ad Approdo del Re, realizzando il sogno bagnato di Aerys II, il Re Folle, suo padre. Con la pubblicazione di Shadow of the Erdtree, l’espansione che è piaciuta al nostro Marco Brom tanto da farlo sbroccare per bene, i paragoni, come dire… si sono fatti inevitabili.
Una postilla, prima di continuare: In questi giorni, inoltre, Federico Ercole ha raccontato qualcosina di davvero notevole sulle pagine di atacore.it, che mi sento di consigliare.
A Game of Thrones, d’altronde, comincia con i fiocchi di neve che scendono adagio in una notte fredda – ma non tempestosa – oltre la Barriera, il grande muro costruito dai Primi Uomini per tenere fuori, à la Salvini, i Bruti, le creature del Nord, i folletti e, soprattutto, gli Estranei. Un luogo che, insomma, nessuno valicherebbe mai, se non i Guardiani della Notte, una confraternita giurata che non accetta moglie, che rifiuta terra e non sarà mai padre di figli. Al centro della scrittura di George Martin, tuttavia, ci sono delle creature affascinanti, i draghi, le mastodontiche bestie di Casa Targaryen. Intanto, è utile sottolinearlo: dimenticate qualunque punto di contatto con le ultime stagioni di Game of Thrones.
Questo speciale dettaglia i punti di contatto fra la narrativa di Martin (ovvero i libri) e i punti migliori dell’opera di FromSoftware, Elden Ring, ora davvero al suo meglio, più matura. L’introduzione del nuovo titolo del nipponico, originariamente pubblicato nel 2022, parte con un accenno importante sui draghi. Essi governarono, un tempo, l’Interregno, allungando le zampe su tutto, mentre le Belve Umane, creature piccole, inadatte alla vita e stanche, sopravvivevano a stento. Parte della nascita del Culto dei Sette, di cui si conosce nel dettaglio ogni particolarità, è stato un notevole punto d’ispirazione per FromSoftware e per Martin stesso.
“Addio, Snow”. “Addio, Stark”.
IL METODO NARRATIVO DI ELDEN RING
Leggendo Martin da una vita, sono entrato in possesso de “I Re di Sabbia” relativamente da poco. Si tratta di un’opera che, non facendo esagerati spoiler, potrebbe essere vicina allo stile di Miyazaki quando si tratta di seguire delle quest e delle missioni al suo interno. In Elden Ring, infatti, l’avventura è una storia nella storia ramificata da racconti ed esperienze vissute. Uno degli esempi più toccanti è la storia di Ranni. All’interno del titolo, man mano che si apprende la sua storia, andando oltre le stelle e non solo, si apprende il magnifico significato degli astri, nonché del legame e del potere della costrizione che vide i suoi genitori sposarsi per suggellare un’alleanza.
Draghi, creature e tradimenti
Dunque, è come sono state scritte le leggende a coinvolgere davvero. L’approccio al racconto, difatti, parte dalle origini di tutto quanto. Con la famiglia Targaryen, per esempio, Martin è partito dagli antenati stessi della Dinastia del Drago, parlando di Valyria e del disastro che la toccò nel profondo. In House of the Dragon, la recente e apprezzata serie televisiva ispirata agli eventi di Fire and Blood, viene raccontato il disastro con estremo dolore. La profondità è stata adoperata in Elden Ring quando si è parlato della Notte dei Neri Coltelli, una congiura spietata, e la Disgregazione dell’Albero Madre. In tal senso, oltre a Martin e altri autori, la Disgregazione colpì ogni essere esistente, conducendo il mondo a essere un ricordo del passato. Martin e Miyazaki, dettagliando questa storia, hanno poi mostrato le conseguenze di questo disastro che colpì l’Interregno.
Alberi-diga o Albero Madre? Questo è il dilemma
I capitoli de “I Re di Sabbia”, dunque, sono strutturati diversamente ai POV (point of view, ovvero punti di vista, come viene mostrato nei libri, in tutti i libri, con nuove aggiunte in A Dance with Dragons), e viene usata la prima persona. Le avventure, dunque, avvengono come se i protagonisti, armati di spada e scudo, si avventurino, che so, nei luoghi tetri della Città Infame di Dark Souls. Stesso linguaggio usato, stesso risultato: è come viene infatti mostrato da Martin che il connubio fra i due autori, in una crossmedialità ormai sempre più evidente, abbia conquistato e attirato tutta l’attenzione. In modo, peraltro, assolutamente originale.
LA DANZA DEI DRAGHI
Come accennavo prima, il punto focale di Elden Ring, sin dall’origine del mondo dell’Interregno, è la creazione stessa. Essa è importanti, molto importante, tanto essere ripetuta sovente come in ogni angolo e da qualunque NPC, soprattutto nella temutissima Terra delle Ombre. Poi ci sono i draghi: ne esistono di diversi e alcuni di loro stanno addirittura morendo, impossibilitati a combattere. Ekzykes è un drago in decomposizione, che è comunque vivo, e che si può uccidere. Esattamente com’è accaduto dopo la Danza dei Draghi, molti di loro nacquero piccoli e malformati, tanto da respirare a stento.
Con l’estinzione dei draghi subito dopo la Danza dei Draghi, infatti, arrivò il declino per la casa Targaryen. Tuttavia, in Elden Ring i draghi sono ancora vivi e letali: alcuni di essi, esattamente come i nomi di alcuni personaggi e il design di alcune delle location più rilevanti all’interno del titolo, ricordano quelli nati a Valyria e a Westeros. Terraxes, stando alle cronache della famiglia Targaryen, è il drago più vecchio conosciuto, che arrivò nel punto più a sud del mondo, scomparendo nel nulla. Molto probabilmente, lo stesso Ekzykes, che si trova a Caelid, è il drago più vecchio al mondo. Probabilmente, è addirittura nato quando il mondo accettò la Volontà Superiore, quella divinità che, in un certo senso, rappresenta il Signore della Luce in A Song of Ice and Fire. In Shadow of the Edrtee, rispetto al gioco, la grande ispirazione ai libri di Martin è ancora più palese. Quando avvenne il Disastro, con la conseguente caduta di Valyria, i Targaryen scoprirono il Continente Occidentale, un luogo al tempo disunito, diviso in reami di vario genere. A unirlo fu Aegon Targaryen, detto il Conquistatore. Cosa c’entra questo con Shadow of the Erdtree? Un nome, in realtà. È quello di Igon, un personaggio che potrebbe essere ispirato proprio al primo sovrano della Dinastia Targaryen. Il legame è presente quando, proseguendo nell’avventura, si arriva all’interno di un luogo denominato Fossa del Drago.
In Shadow of the Edrtee, rispetto al gioco, la grande ispirazione ai libri di Martin è ancora più palese
Entrambi hanno una corazza scura e sono, stando sia alle cronache dei Targaryen che a Elden Ring, i più grossi e potenti. Ben prima quindi che Vhagar ponesse fine alla vita della Regina che non fu mai, ovvero Rhaenys Targaryen, era Balerion a essere l’arma letale da scatenare contro i nemici. Certo, Caraxes e Syrax (il primo di Daemon e il secondo di Rhaenyra Targaryen, sono molto più piccoli rispetto a Balerion e allo stesso Vhagar, ma entrambi hanno infiammato la Danza dei Draghi, mostrandosi come i più belli tra i loro simili. Insomma, nulla a che vedere con Drogon e i draghi di Daenerys Targaryen.
C’è così tanto di ASOIAF In Elden Ring che esce da tutti i pori
DI LUOGHI, DI NOMI E SIGNIFICATI: AZOR AHAI, IL SENZALUCE E IL PRINCIPE CHE FU PROMESSO
Oltre ai draghi e a ulteriori collegamenti tra i due mondi, in un Interregno che vive della sua stessa essenza, sono i luoghi a essere importanti. Alcuni di essi, tuttavia, ben poco c’entrano con A Song of Ice and Fire, seppure le costruzioni che ho esplorato in lungo e in largo nel mondo creato da FromSoftware mi abbiano ricordato costruzioni incredibili. Penso a Leyndell, al centro della mappa, che in tempi antichi ospitava e dava sollievo ai suoi abitanti, tra i suoi innumerevoli vicoli, catacombe e fognature. Un altro collegamento, di sicuro meno impattante rispetto a Bayle, Balerion, Aegon e Igon, è la marcescenza.
Chissà chi vincerebbe in uno scontro tra Bayle e Balerion
Aegon Il Conquistatore, prima di morire, sognò l’incontro tra il ghiaccio e il fuoco, definendola come una canzone: “Il canto del ghiaccio e del fuoco”, lo chiamò. Da essa, Il Principe che fu Promesso avrebbe salvato il mondo, unendosi nel fuoco. È ancora un mistero su chi sia davvero, ed è chiaro che non si tratta di Azor Ahai, una figura diversa, colui che scacciò per sempre la Lunga Notte. Io sono abbastanza sicuro, invece, che si tratti esattamente di Jon Snow/Aegon IV.T
utti sognano di essere il Principe che fu Promesso esattamente come diventare un Senzaluce