Dal momento della sua pubblicazione, o dell’aggiornamento come nel mio caso avvenuto improvvisamente, DOOM + DOOM II è stato il mio compagno di viaggio nelle ultime settantadue ore. La recensione di Ema Feronato ha raccontato una collection incredibile, inedita, di grande spessore e calore, per chi è appassionato del franchise e, soprattutto, per chi non può fare a meno di sparare ai demoni in giro per Marte e la Terra.
Se in tanti sono rimasti incantati da DOOM, lo si deve principalmente alla visione di John Romero e a come si è impuntato per rendere la sua creatura inimitabile e impossibile da replicare. È utile ribadirlo anche per spingere il lettore verso le pagine di Masters of DOOM e Doom Guy: Life in First Person. In un mercato aggrovigliato, mentre Ready at Dawn chiude e Tango Gameworks finisce nelle mani di KRAFTON, esistono realtà che sanno come riproporre le opere in modo sano e concreto, con l’obiettivo non solo di estenderle agli appassionati della prima ora, bensì a coloro che non hanno mai sentito parlare prima di DOOM.
Opere seminali di due grandi pilastri dell’industria videoludica
La pubblicazione di questa collection, perché si può solo definire tale, è stata accompagnata dallo stupore di tutti. O meglio, parlando di allegria, felicità e probabilmente molta isteria, a provare sentimenti di questo genere ero io (potrebbe testimoniare Mario), soprattutto perché non mi aspettavo cosa mi sarei trovato di fronte. SIGIL (2019) e SIGIL 2 (come mod, 2023) e così tante ore di gioco che, probabilmente, qualcuno potrebbe chiederne di più. Io l’ho fatto, mentre concludevo per la millesima volta DOOM 1993, per poi gettarmi a capofitto su Legacy of Rust e scoprire, dannazione, che c’è molto più di quanto avrei immaginato, più di quanto mi sarei aspettato, da appassionato, da giocatore, da drogato di un videogioco che rappresenta la storia stessa degli sparatutto in prima persona.
TRA LE BOTTE, LE ORDE E LE MERAVIGLIE LUDICHE
Si spara, in DOOM. Ho detto un’ovvieta. Si spara bene, in DOOM. Ora però si spara ancora meglio, e lo si comprende sin dal primo momento. La prima volta che giocai all’originale avevo un PC in meno e più barba, ed era il 2018. Restai affascinato da quel gioco, nonché incantato nel vedere quei pixel esplodere mentre propagavo morte con tanta gioia grazie a mio zio. Ero piccolo, all’epoca, e potevo solo guardare.
Sono del 1995, come ho già scritto nella recensione di QUAKE – Enhanced Edition, a mio modo di vedere l’opera magna di iD Software sia per valori produttivi, quanto per messaggi, crescita e visione totale. Il progetto embrionale di DOOM, comunque, non sarebbe stato possibile senza Wolfenstein 3D, che giunse sul mercato in un modo talmente incredibile che diede respiro allo spessore creativo del team, all’epoca, quando ancora non era conosciuto. Immaginate essere iD Software prima di DOOM: un gruppetto di scapestrati che, in un modo o nell’altro, voleva diventare importante per il mercato videoludico.
Chi lo avrebbe mai immaginato che sarebbe diventato il mio videogioco preferito assieme a QUAKE?
Se in DOOM (1993) si andava su Marte, con l’obiettivo di ricacciare all’Inferno quei demoni, in DOOM II tutto quanto cambiava. Pianeta Terra, invasione demoniache, altre botte e ulteriori colpi della strega. Non per il Doomguy, ovviamente, ormai esperto nel triturare e sminuzzare creature assetate di sangue. C’è una caratteristica che ho trovato importante nella riscoperta di questa collection: i nuovi arrangiamenti musicali ammodernati, quelli che al tempo celavano un suono metallico. Ora quelle composizioni hanno un valore divergente, con il metal che infiamma i livelli e infrange la barriera del suono. Ammetto di essere uno che ha alzato la soundbar a tal punto da far tremare la scrivania, mentre mi concentravo a superare i livelli del primo titolo. Interfacciandomi in seguito con il resto, invece, ho scoperto che l’operazione è stata sopraffina e ha coinvolto tutti gli episodi. Parlo di ciascun titolo, espansione, di tutto.
Interfacciandomi in seguito con il resto, invece, ho scoperto che l’operazione è stata sopraffina e ha coinvolto tutti gli episodi
IL VALORE DI UNA SCHITARRATA
Ora il metal infiamma i livelli, è ancora più concentrato nel raccontare la brutalità, e non si sente neanche il bisogno di aprire GZDoom, che ammetto di aver provato più per curiosità che per rivivere l’esperienza al suo massimo. Come accennavo prima, nelle decisioni di Bethesda e di iD Software c’è lo scopo accompagnare il giocatore verso The Dark Ages. È un accompagnamento che viene proposto, in tal senso, in modo cronologico, con l’obiettivo di far giocare tutto quanto con assoluto rispetto, per il materiale originale. Se qualcuno se lo chiedesse, magari spaventato da un qualsiasi risvolto, posso assicurare che niente è cambiato dal ’93. È stato solo migliorato.
Penso ai colori, ora più uniti e vivaci, ai particellari che esplodono schermo mentre Doomguy carica l’arma, proseguendo alla ricerca di un teschio giallo, di una chiave rossa o blu. Adesso è più fluido, veloce ed energetico. Svecchiare un videogioco di trentun anni fa non è cosa da tutti, e non lo è stato neanche quando è stato proposto il reboot nel 2016. Intanto, anche per capire The Dark Ages, DOOM (2016) ha una struttura ludica e di level design dichiaratamente analoga ai primi due capitoli. L’evoluzione di quell’obiettivo è tutto nella verticalità dell’esperienza, che è il punto focale su cui si basa l’intero game design. È un concetto semplice, d’altronde: cercare una chiave, aprire una porta e proseguire. All’epoca, DOOM conquistò perché buttava addosso al giocatore moltissimi nemici.
È un concetto semplice, d’altronde: cercare una chiave, aprire una porta e proseguire
DOOM ALL’ENNESIMA POTENZA
Di invecchiato, in realtà, c’è solo il vino, quello che non si beve mai abbastanza o che in molti dovrebbero bere. In tanti vivono con la consapevolezza errata che ogni videogioco abbia una data di scadenza che rende magicamente vetusto cosa si ha davanti. DOOM non è vecchio, bensì figlio di una progettazione che, all’epoca, non aveva le tecnologie odierne. Ora con questa nuova collection, udite udite, è stato migliorato ciò che era considerato di un’era geologica fa, parafrasando chi ha avuto l’ardire, in queste ore, che è stato fatto poco. Non è semplice tentare di riportare in auge un videogioco che ha comunque davvero molti anni sul gruppone. A breve, pensate un po’, DOOM avrà gli anni di Cristo quando è morto; perciò, si merita molto più rispetto di quanto già merita. È il classico DOOM, sì, ma ho notato che è tutto molto più veloce, immediato e, soprattutto, maggiormente curato.
È semplice riproporre delle collection senza toccare alcunché, ma quando si tratta di opere di questo tenore, com’è già dimostrato con QUAKE, iD Software assieme ai team famosi per le remastered come Nightdive Studios non si accontenta di poco. A quanto pare, il team statunitense non si è accontentato neppure stavolta, e ha dato un maggiore respiro all’intera opera. Quando parlo di azioni più dinamiche, è perché ho avvertito, per gran parte dell’esperienza, una fluidità maggiore nelle azioni di gioco, come se fosse stato reso tutto quanto meno ingessato.
Quando parlo di un feeling maggiore pad o tastiera alla mano, mi riferisco alla selezione rapida delle armi
LEGACY OF RUST, UN VIDEOGIOCO NEL VIDEOGIOCO
La maggiore novità è Legacy of Rust, un continuum creato e curato da iD Software, Nightdive Studios e da MachineGames. È un prodotto che ha un valore immenso perché propone nemici diversi, alcuni di essi anche ispirati a DOOM Eternal, un’opera di una generazione ben diversa da quella dei primi due capitoli del franchise. La cura posta sotto l’aspetto di questo titolo nel titolo, insomma, è quella legata al lore e alla proposta dei livelli. La produzione prende il meglio di DOOM II, per poi mescolarlo a dovere con Legacy of Rust, creando una meraviglia che intrattiene per circa otto ore di completamento, anche se io ne ho impiegate di più.
Durante l’esperienza, è possibile entrare in un portale che trasporta in un’altra zona dello stesso mondo
Ora, questo elemento potrebbe essere davvero ininfluente per qualcuno, ma se si ragiona, anche provando a cercare ogni collegamento con i capitoli precedenti, ciò permette di capire come quei portali, in realtà, siano sempre esistiti. Li abbiamo solo visti, insomma, in DOOM Eternal, quando si è partiti alla ricerca dell’Ultimo Sacerdote. Il tutto è iniziato con DOOM 1993, ovvero da soli contro un’orda di mostri e creature di ogni genere, sopravvivendo su un pianeta ostile. Si è tornati sulla Terra, cercando di salvarla dalle orde infernali. Legacy of Rust rende ancora più noto un mondo incredibilmente interconnesso da ben trentun anni, che non mi stancherò mai di raccontare e vivere quando è possibile. DOOM + DOOM II, come già sottolineato da Ema, è il miglior modo per giocare i primi capitoli di DOOM. La preservazione, per mamma iD Software, è una cosa seria.