Resident Evil 2 Remake, Silent Hill 2 Remake, il fallimentare rilancio di Alone in the Dark. In questa giostra di piacevoli – o meno – revival di vecchie glorie del passato in salsa survival horror, non riesco a togliermi dalla testa che manca un grande assente in questa lista, uno che oggi, in virtù delle sue particolarissime meccaniche ibride da survival e RPG, sarebbe una portata di prima scelta nel menù di Square Enix. Sto chiaramente parlando di Parasite Eve.
PARASITE EVE, L’ORIGINE DEL MALE
Trovo affascinante la forza con cui in oriente di saccheggia ogni tipo di fonte di grande, medio o piccolo successo. Oggi parlare del romanzo di Battle Royale potrebbe fare quasi ridere, forse erroneamente associato a qualcosa riguardo il trend di Fortnite, ma sul finire degli anni anni 90, il romanzo Parasite Eve (1995) di Hideaki Sena – farmacista con il vizio della penna – scosse l’interesse del pubblico.
Il libro vendette diritti di sfruttamento tanto nel campo cinematografico – Parasite Eve (1997) – quando il mercato videoludico, con l’allora Square Soft pronta all’assegno in bianco. Ne uscì un omonimo videogioco nel 1998, mai arrivato in Europa, fermandosi nel paese di origine e toccando il suolo americano. Le avventure della giovane Aya Brea non erano solo frutto di un sistema survival horror che a quell’epoca aveva già molteplici competitor sul campo (Resident Evil e Silent Hill tra tutti), ma includeva una particolare meccanica da RPG che andava a fondersi con tutto il sistema di gioco. Non bastava solo spostarsi con i tank controls, prendere la mira e sparare, bensì si doveva gestire l’esperienza e relativa evoluzione dei poteri di Aya, sfruttando le implicazioni della mutazione mitocondriale, rendendolo di fatto un gioco action RPG, per mantenendo salda l’ambientazione da survival horror.
AYA AROUND THE WORLD
Lo ammetto: cercai di recuperare Parasite Eve solo dopo aver giocato il Parasite Eve 2. Il sequel uscì nel 1999 e questa volta arrivò anche nel nostro paese, con tanto di adattamento e localizzazione dei sottotitoli nella nostra lingua. In un momento dove si trangugiavano survival horror da giocare con gli amici, di notte, nel weekend, illuminati dal led di accensione di una PS1, quello era l’ennesimo titolo da non lasciarsi sfuggire e reduci da diverse ore di gioco su Final Fantasy VII, ecco che quella meccanica ibrida a turni dove alternare le bocche di fuoco a poteri elementali, dava un certo brio a tutto il sistema di gioco.
Ancora oggi ricordo una delle prime cutscene nel centro commerciale dove gli umani si tramutavano in mostri, o l’entrata in scena del megamostro che fondeva carne, metallo e rubinetteria varia poco fuori dal Bronco Motel. A Roma, zona Tuscolana, altezza Arco di Travertino, c’era un negozietto che spacciava copie pirata e non di tutti i giochi PS1, andando anche a trovare giochi inediti nel nostro paese. Non so come ci riuscì, ma quella copia che mi diede fece girare anche Parasite Eve, il primo, sulla mia PlayStation e recuperai anche il genitore di quel franchise. Parasite Eve 2 era il classico gioco puntato all’ennesima potenza del successo del primo, con una miriade di dettagli su schermo di grande pregio, come anche il contatore di danni inferti al nemico e una generale fluidità maggiore di ogni singolo movimento. Che bello che era Parasite Eve 2! Era proprio quel tipo di progetto che spruzzava Giappone da ogni poro nelle sue esagerazioni e l’assurda deriva dello scontro finale di Tekken 8 non è niente a confronto con tutta la trama che presentava questo sequel. Era bello, era buio, e il cane dei miei vicini, in un sabato notte, decise di emettere strani lamenti proprio mentre buttavo giù il boss finale. Una paura che non vi dico.
IL TRACOLLO DEFINITIVO
Dopo il successo, il nulla. La gestione del franchise da parte di Square Enix è totalmente inspiegabile. Ottenuto il buon successo di Parasite Eve 2, si è pronti a fare qualcosa di più, continuare a spremere da un progetto di forte successo, come Konami e Capcom stavano già facendo con Silent Hill e Resident Evil. Invece no, tutto si ferma per ben dieci anni, facendo riemergere il franchise nel 2010 con un capitolo dedicato per PSP.
Lo sappiamo: grazie al successo della console di Sony, tanti franchise proposero capitoli sperimentali per la piccola portatile, mentre altri tentarono quei lidi proprio per ipotetici rilanci. Square si dedicò a questa seconda strada con Parasite Eve: The 3rd Birthday, tirando fuori un gioco terribile. Se già l’ibridazione survival horror con elementi RPG era un azzardo ben riuscito, questo ipotetico terzo capitolo virava sullo sparatutto action in terza persona, con un’estetica e meccaniche di gioco che si allontanavano totalmente dagli stilemi delle origini. Siamo sopravvissuti a Dino Crisis 3, ma una roba come Parasite Eve: The 3rd Birthday era davvero indifendibile. In generale, qualcosa di totalmente incomprensibile, al netto della giustificazione fortemente sci-fi data dalla trama. Un flop colossale che sancì la morte definitiva del franchise, lo stesso che aveva cessato di esistere – senza alcun motivo – proprio dopo il successo del suo secondo capitolo. Negli ultimi anni Square Enix ha rinnovato il marchio senza comunicare altre informazioni. Molto probabilmente piccole mosse standard per non perdere i diritti sul franchise per un ipotetico sfruttamento futuro, e in tal senso mi chiedo se oggi un progetto come Parasite Eve potrebbe mai avere successo con un rifacimento di uno dei due capitoli. Se abbiamo trovato il coraggio di affrontare una rielaborazione di Silent Hill 2, perché non tentare la via mitocondriale e sfruttare tali sistemi per presentare un nuovo Parasite Eve? Anche se, mi rendo conto, oggi questo potrebbe essere un franchise che non ha più interesse come appassionati lì fuori. Tranne me, ovvio.