Quando la somma delle espansioni crea abbastanza volume da fare un sequel. Not for Broadcast ha molto da dire anche fuori dalla sua distopica vicenda principale.Di solito non mi concedo di parlare di un gioco se prima non l’ho “percentato”, vale a dire aver concluso, o almeno provato a concludere tutte le attività che propone. Ne consegue che quando un gioco prevede espansioni, per me rappresenta uno standby nel giudicarlo.
Non sapevo che sarebbe arrivato altro materiale e non sapevo quanto
Not for Broadcast è stato quindi presente per due anni consecutivi nella top 5 dei miei giochi dell’anno. Ho giocato la storia principale nel 2023, ho aspettato pazientemente l’ultima espansione per fare una full immersion nel 2024. E tanto al primo incontro quanto al secondo, quest’opera ha rappresentato per me l’incontro definitivo tra cinema “puro” e videogioco. Non voglio certo sminuire lo sforzo degli attori che prestano volto, corporatura e performance a vari protagonisti del gaming, però nel passaggio dal motion capture al personaggio videoludico ne perdiamo sempre le fattezze, dove più, dove meno. Qui invece vediamo gli attori con il loro aspetto originale, con la loro espressività che non è passata attraverso alcun filtro di modellazione personaggio. In un certo senso opere più adiacenti si possono trovare in Telling Lies e Her Story, che comunque propongono situazioni più circoscritte, ambientate perlopiù in stanze private. Not for Broadcast mostra situazioni che coinvolgono anche cinque o sei attori per volta, ambientate sempre nella rutilante realtà di uno studio televisivo.Mi è salita una certa curiosità di sapere chi fossero i creatori di una tale opera, perché lo sforzo profuso nella sua creazione è insolito. Il lavorone di questo gioco non è stato tanto attorno alle animazioni, al gameplay o all’environmental art. Al contrario, lo sforzo che NotGames si è trovata ad affrontare ha più a che fare con la dimensione del cinema. Trovare bravi attori (tanti), scrivere la sceneggiatura, organizzare il set tra luci, costumi, coreografie. Immaginate questo sforzo avvenuto durante il Covid, prodotto da uno studio indie. Con, possiamo presumere, solidi contatti con il mondo della televisione/cinema, ma comunque non parliamo di una realtà che ha decadi di esperienza e di un progetto “tranquillo” con la strada spianata. Dopo aver giocato la storia principale una sola volta, accettando il finale come conseguenza delle mie decisioni, mi inoltro quindi nel primo contenuto extra, già incluso nel gioco base.
THE TELETHON
Il primo evento è The Telethon. Proponendosi come prequel, la trasmissione della serata appare in un bianco e nero anni ’60 e con un gusto registico che incendierebbe i social se si presentasse in un gioco mainstream. Ragazze immagine, immigrati con barriera linguistica, persone affette da nanismo, il conduttore Graham Bannon (se il nome non vi dice niente dovete prima passare dal gioco originale, credetemi) le proverà tutte pur di portare lo share alle stelle. Che sia con solida leadership, sagace improvvisazione oppure opprimente bullismo.La serata prevede infatti un varietà finalizzato a ottenere donazioni dagli spettatori per finanziare un costoso intervento chirurgico necessario a salvare Sally Button, bambina affetta da malattia rara e bisognosa di costose cure sperimentali. Era previsto che arrivasse una troupe circense a intrattenere gli spettatori e ispirarli a donare per la causa ospedialiera, ma a causa di una serie di ritardi nessuno dei performer invitati è presente. Un po’ per ispirazione a dare il meglio di sé, un po’ perché “the show must go on”, la squadra di regia si fa in quattro per sostituirli, con esiti tragicomici.
Mi ha dato un efficace antipasto di quanto si potesse ancora fare con il concept del gioco
LIVE & SPOOKY
Il primo contenuto extra arrivato in seguito al gioco principale è una trasmissione sperimentale a tema horror. Seguiremo il conduttore Wayne de Spiritwhistle, sedicente medium in grado di investigare il mondo degli spiriti. A coadiuvarlo, la sua assistente Amara Ahmed, inventrice di gadget per comunicare con l’aldilà. Faranno la loro comparsata anche altri volti noti della serie, ma le star sono loro. Il mistero della serata prevede di investigare un’ala in disuso degli studi televisivi; una morte misteriosa accadde lì anni prima e gli spiriti vogliono giustizia. Noi in cabina di regia non abbiamo nulla di cui preoccuparci visto che è evidente che è tutta una farsa. G-giusto?Dalla nostra postazione dovremo come sempre gestire le inquadrature mentre i personaggi esplorano l’ambiente, avendo a un certo punto anche la brillante idea di dividersi. Starà a noi quindi capire dagli schermi periferici dove stanno accadendo le cose più interessanti, mentre proteggiamo i nostri presentatori da attacchi psichici tramite uno strano equalizzatore che, ci dicono, serve esattamente a quello. Boh, il capo ci ha detto così, a noi la scelta di seguire le direttive o vedere che succede se non lo utilizziamo.
Il capo ci ha detto così, a noi la scelta di seguire le direttive
BITS OF YOUR LIFE
Torniamo nell’atmosfera prequel dove scopriamo che Peter Clement, colui che sarebbe diventato leader di uno dei due partiti politici cardine della campagna principale, era un conduttore televisivo a sua volta. “Just the Job” era una trasmissione educativa dove un competente tuttofare risolveva problemi di idraulica, falegnameria, qualsiasi intoppo domestico risolvibile con il sano fai da te. Passano gli anni, Peter si dà alla carriera politica ed ecco che il canale per cui lavoriamo coglie l’occasione per farlo diventare una star. In “Bits of your Life”, trasmissione per famiglie condotta dal solare Eamon Tightly, dovremo gestire come sempre le telecamere e mandare gli ospiti in studio nell’ordine dato dallo script… oppure no.L’evento è organizzato in modo che sia il più rilassato possibile, evitando conversazioni che possano indisporre l’ospite, con una lista di domande che non lascia spazio alla creatività e un conduttore che non ha nessuna intenzione di improvvisare. Una noia mortale. Ma che succederebbe se il primo ospite fosse un ex compagno d’arme in tempi di guerra, la cui amicizia con Peter si consolidò in trincea bevendo alcool ad alta gradazione? O se la domanda destinata alla sua ex fiamma romantica venisse rivolta alla manager dello studio o alla vice-segretaria di partito? Ai tempi di Just the Job, la squadra era contenta di lavorare con Peter o toccando “per sbaglio” qualche nervo, verrebbero fuori retroscena umilianti?
Differenti ordini di ospiti porteranno a differenti finali
THE TIMELOOP
L’ultimo capitolo. Il più lungo, il più variegato, quello dove se mi chiedete “di cosa parla” rispondo “sì”. La premessa è che su Channel One sarebbe stato mandato in onda un evento speciale a proposito di un tale “Euphoria Device”. Presentato dal dottor Magnus e il suo giovane assistente, tale marchingegno ha il potere di rendere chiunque sul pianeta più felice.
Al diavolo lo share e gli spettatori

TITOLI DI CODA
Dagli albori di questo gioco all’uscita di tutti i suoi contenuti ci sono voluti quattro anni. Non siamo nella stessa situazione dei contenuti aggiuntivi di The Witcher 3 o di un Phantom Liberty per Cyberpunk 2077, quelle sono espansioni necessarie. Ho un parere lapidario su questo: averle giocate separatamente dal proprio primo viaggio in quegli universi, significa esserseli un po’ rovinati entrambi. Vanno a infilarsi dentro la storia, dentro il nostro personaggio, modificandolo, offrendogli nuove prospettive. No, la storia principale di Not for Broadcast la avete già avuta.
I DLC vanno a infilarsi dentro la storia
Questo articolo è stato scritto per The Games Machine da Frequenza Critica, il blog italiano di approfondimento videoludico.