Oculus Quest – Recensione

Credo che, per dare un’idea della fruibilità quasi fantascientifica del sistema VR “all-in-one” di Oculus Quest, sia più rappresentativo partire dal cuore di una delle mie esperienze dirette, prima ancora di parlare di specifiche o entrare nel merito di questo e quel gioco. Dopo aver capito che il supporto ancora in beta alla lingua italiana impediva l’installazione di alcuni titoli, sono partito per una serie di viaggi VR che hanno persino superato la durata media della batteria di Oculus Quest, dalle due ore e mezza alle tre e mezza a seconda della prestanza dei vari giochi, complice una gestione del confine fra virtuale e realtà dello spazio ludico – ripreso dalle fotocamere ai quattro vertici del visore, e riprodotto in bianco e nero – capace di sfiorare la perfezione assoluta.

Sono partito per un viaggio VR che ha persino superato la durata della batteria di Oculus Quest, complice il perfetto confine fra virtuale e realtà dello spazio di gioco

La frenesia di provare tutto il provabile mi ha infatti portato su due dei pezzi grossi dei giochi testabili in anteprima – Apex Construct e, soprattutto, una demo di Super Hot VR – quando ormai l’energia del visore sfiorava un misero 15%; a quel punto, drogato come sono di realtà virtuale, invece di rimettere tutto in carica mi sono incamminato verso la griglia periferica della room scale, osservando il mio corpo rientrare nella stanza reale attraverso bordi rossi simili a “squarci dimensionali”, libero come un passerotto e ancora privo di qualsivoglia filo ad impacciare i movimenti. Ho poi scelto di impormi il vincolo “wired” del tutto volontariamente, grazie alla buona lunghezza del cavo di alimentazione USB C, raggiungendo senza problemi la presa di corrente per poi tornare allo spazio di gioco, procedere ancora un po’ in Apex Construct, ricaricare il visore fino a un buon 50%, staccare nuovamente il filo e riprendere una sessione che, tra una cosa e l’altra, ha quasi superato le sei ore.

Il tutto senza togliermi nemmeno per un secondo il comodissimo Oculus Quest dalla faccia, e appoggiando uno dei controller sul tavolo solo nel momento di armeggiare con la presa. Una specie di poesia cyberpunk, per come la vedo io, portata nel mio salotto dal mirabile lavoro di ingegneri e creativi di Oculus.

IL FUTURO IN UNA STANZA

A questo punto è doveroso un lungo passo indietro, così da descrivere il primo impatto con Oculus Quest, fornire i giusti dettagli tecnici e, in questo modo, donare un contesto al raccontino da “sci-fi del reale” appena snocciolato. È importante sottolineare come il visore in anteprima sia arrivato nelle mie mani – e soprattutto sulla mia testa – qualche giorno prima che Valve svelasse le (intriganti, non c’è che dire) caratteristiche del suo sistema Index, insieme all’elevatissimo prezzo che ha posto le offerte di Oculus (Quest ma anche Rift S, “tradizionalmente” collegato alla potenza del PC)in una fascia consumer ben più amichevole e comunque caratterizzata da una pazzesca eleganza formale, ben chiara anche nel nuovo arrivato in ogni particolare, dal design della confezione fino all’introduzione dell’esperienza VR vera e propria.
Oculus Quest Recensione 01

La particolarità principale risiede nella totale autonomia di Oculus Quest rispetto a qualsiasi altro hardware, accompagnata da un eccellente ottimizzazione

La particolarità principale, come molti tra voi sapranno, risiede nella totale autonomia di Oculus Quest rispetto a qualsiasi altro hardware, demandando al suo Qualcomm Snapdragon 835 il calcolo di titoli e applicazioni ben oltre le capacità del precedente Oculus Go e ammiccando, così, verso chi desidera giocare in un ragguardevole contesto tecnico, più che dilettarsi con app e piccole esperienze ludiche dall’aria nettamente casual (o social), possibili anche sul nuovo arrivato ma senza rappresentarne il fulcro d’elezione. Lo schermo del visore è un OLED con risoluzione di 1440×1600 per ogni occhio, dunque superiore al modello base di HTC Vive o alla stessa CV1 di Oculus Rift, con una frequenza inferiore – 72Hz contro i 90Hz inizialmente indicati come standard di fluidità VR – che non ha comunque dato alcun problema in termini di percezione o eventuali sintomi di motion sickness, del tutto assenti, almeno nel mio caso, durante l’intera durata della prova (dunque per giorni e giorni di girovagare nella realtà virtuale di Oculus Quest).

I citati quattro sensori/fotocamera svolgono anche il fondamentale compito di individuare l’esatta posizione dei controller nello spazio, con un grado di fedeltà nei movimenti davvero sorprendente, a meno di mettere gli Oculus Touch bassi lungo i fianchi, dietro la schiena o troppo vicini ai lati della testa, dunque in condizioni addirittura irragionevoli per un’esperienza di gioco. Il visore ha un peso davvero contenuto, appena 571g, con speaker di buona qualità al posto di un sistema di cuffie integrate (ma con due ingressi laterali per eventuali headset o auricolari), e risulta costantemente “fresco” nonché sempre privo di appannature sulle lenti a offuscare la nitidissima visuale, segno che l’impercettibile ventola interna e il nuovo morbido rivestimento di contatto col volto svolgono egregiamente i compiti per cui sono stati progettati, accanto alla qualità raggiunta dai due diaframmi ottici.

La fruizione è progettata secondo un criterio di chiarezza assoluta, percettibile immediatamente nel settaggio del visore come nei tutorial virtuali

Come avrete ben capito dall’incipit, la fruizione è progettata secondo un criterio di chiarezza assoluta, percettibile immediatamente, segnando senza pause la fase che va dall’accensione/carica di Oculus Quest alla prova dei giochi dello store, comunque ottimizzati per la massima semplicità d’utilizzo. È vero che è ancora richiesto un passaggio con l’app da cellulare, esattamente come per Go, ma questo rende ancora più veloce il procedimento: le immagini a schermo ci guidano attraverso la carica (un paio d’ore per il 100%) e la banale attivazione del visore, settata di default sull’automatica rilevazione del movimento, per poi indicare la levetta sul bordo inferiore per ottimizzare la distanza tra le lenti, atta a ottenere la massima nettezza d’immagine, quella per il livello degli speaker appena a fianco, le morbide linguette a strappo per avvolgere al meglio la testa arrivando, infine, all’affascinante definizione dello spazio di gioco. In questo passaggio veniamo avvolti dalla rappresentazione in bianco e nero della stanza intorno a noi, a metà strada fra il fotografico e una più chiara semplificazione digitale, utile per segnare con precisione i limiti dell’area in cui possiamo muoverci senza urtare oggetti (è comunque possibile attivare la posizione statica, se davvero giocate in uno sgabuzzino); le stesse linee blu diverranno i confini del sistema Guardian, all’interno dei quali esiste l’esperienza ludica VR che si smaterializza, invece, una volta raggiunti i suoi bordi, passando dal reticolo di sicurezza alla realtà aumentata bicromatica da cui siamo partiti.

Altrettanto evocativo il tutorial interattivo, quasi inutile per chi è avvezzo alla realtà virtuale, ma in tutti i casi ammirevole per il raffinatissimo design: il sistema ci materializza all’interno di un ambiente in cui, per prima cosa, viene mostrata la già comprovata efficacia degli Oculus Touch nel restituire i movimenti delle mani attraverso i pulsanti, sfruttando dimensioni contenutissime e impareggiabile leggerezza, con l’indice puntato oppure nel gesto di afferrare gli item interattivi, dai semplici oggetti ai piccoli “razzi di capodanno” da far volare nella stanza insieme a leggeri aerei di carta. Altrettanto efficace la descrizione delle basilari azioni di gioco, infilando cartucce d’altri tempi in una piccola console per provare dinamiche da sparatutto, associare cilindri come si potrebbe fare in un puzzle-game o muoversi con un compagno digitale a tempo di musica, afferrandolo per le mani e facendolo piroettare dinnanzi a noi. Arrivato a questo punto, per quanto fossero passati nemmeno venti minuti tra settaggio e tutorial, ho infilato la cartuccia finale e sono entrato nei veri menu di Oculus Quest, pronto a giocare al ritmo della mia linea in fibra che, comunque, con i suoi continui dowload non ha saturato la capienza da 64GB, a fronte delle dimensioni abbastanza ridotte dei titoli. Ricordo che questo modello è venduto a 449 euro, lo stesso prezzo di Oculus Rift S, mentre il Quest da 128GB costa cento euro in più.

I MONDI VIRTUALI DI OCULUS QUEST

Il nuovo sistema autonomo di Oculus consente anche di fruire di varie app per il puro intrattenimento audio-video, in realtà virtuale o in ambienti creati per la visione di serial o film, ma la sua naturale predisposizione è chiaramente quella di una vera e propria console da gioco in VR. Al di là, però, dell’inopportunità di allungare a dismisura il discorso con vere e proprie recensioni dei giochi, lo spazio qui dedicato alla funzione ludica di Oculus Quest è abbastanza contenuto per un paio di motivi: innanzitutto, il numero di giochi provati non è certo rappresentativo dei più di settanta titoli confermati da Oculus o da vari sviluppatori, davvero corposi per varietà e già elencati in questa news; allo stesso tempo, quasi paradossalmente, le esperienze che ho potuto giocare consentono di carpire immediatamente pregi e difetti di Oculus Quest, delineando un target di giocatori vasto ma preciso.
Oculus Quest Recensione 02

La ricerca del realismo visivo non è l’obiettivo di Oculus Quest, capace di godere tantissimo degli impianti grafici semplici e stilosi

In tutto, su Oculus Quest ho personalmente testato (di nuovo, visto che l’avevo già fatto su altri sistemi VR) l’evocativo universo fantasy di Journey of the Gods, il concept crudele e ridanciano di I Expect You To Die, il tie-in pugilistico Creed: Rise to Glory, l’esperienza horror di Face Your Fears 2, l’infallibile e amatissimo Beat Saber, il ping-pong “robotico” di Racket Fury, la fantascienza distopica di Apex Construct e il sublime mix tra sparatutto ed enigmi cinetici che porta il nome, ormai glorioso, di Superhot VR. Il quadro, alla fine della passerella virtuale, è stato chiarissimo: la ricerca della verosimiglianza visiva è quasi inutile per hardware e vocazione di Oculus Quest, che è anzi capace di beneficiare in modo abbastanza profondo di uno dei limiti naturali di queste prime generazioni VR. L’emozione non è ancora quella di trovarsi in uno spazio simile al reale, bensì in un luogo simulato che ha leggi e interazioni che lo portano lontano da qualunque videogioco tradizionale, donando al fruitore una sensazione di “presenza” comunque fortissima sul piano sensoriale.

Vedendola in questo modo, è più facile perdonare i limiti di Oculus Quest e godere dei suoi punti di forza. La conversione che meno mi ha convinto è quella di Creed, proprio perché la potenza computazionale del sistema non può essere paragonata a un PC, a fronte di una versione originale del gioco ben più prestante; ciò si traduce in texture e modelli poligonali decisamente al di sotto di ciò che è possibile ottenere spingendo al massimo le opzioni grafiche del titolo di Survios su Oculus Rift o HTC Vive, ovviamente con un buona configurazione hardware. Tralasciando gli esempi più statici e ovvi, invece, quasi perfette si sono rivelate le esperienze con Journey of the Gods, Apex Construct e il sempiterno Superhot, proprio perché utilizzano una grafica basata più sullo stile, cartoonoso o smaccatamente digitale, che non sul tentativo di riprodurre ambientazioni e personaggi realistici. Il gioco di Fast Travel Games, tuttavia, è stato privato delle animazioni ragdoll dei robot distrutti, così da alleggerire ulteriormente i calcoli, motivo per cui sono molto ansioso di valutare uno degli adattamenti per Oculus Quest che attendo con più curiosità, l’ottimo Robo Recall, davvero ostico da semplificare senza perdere di fascino.

Nel frattempo, ho ben pochi dubbi: Oculus Quest è in grado di deliziare una categoria di gamer che desidera un’offerta VR libera e leggera, ottimizzata in modo eccellente nei giochi e nei controlli, anche oltre a ciò che era ragionevole sperare. L’interesse del giocatore tipo di Quest deve essere esclusivamente diretto verso la VR, peraltro al massimo della comodità di utilizzo, anche perché la disponibilità di una PS4 (meglio se Pro) o di un computer potente potrebbero portarlo su altre strade. In quest’ultimo caso la scelta migliore e meno ragionevolmente dispendiosa sembra proprio essere Oculus Rift S, laddove il voto qui sotto è dedicato alla nicchia che il modello Quest va caparbiamente a ricercare e che, chissà, potrebbe rivelarsi più grande del previsto. Nessuno, in tutti i casi, potrà mai rimproverare alla compagnia di non averci provato sul serio.

VOTO: 8.8

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