Yakuza: Like a Dragon – Recensione

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Siamo alla resa dei conti con Yakuza: Like a Dragon, settimo capitolo della serie Ryu Ga Gotoku. Riuscirà Ichiban a ricoprire degnamente il ruolo di una leggenda come Kazuma Kiryu?

Sviluppatore / Publisher: Ryu Ga Gotoku Studio / SEGA Prezzo: 60,98€ Localizzazione: Testi Multiplayer: Assente PEGI: 18 Disponibile Su: PC (Steam), PlayStation 4, Xbox One; Xbox Series X al lancio; PlayStation 5 a marzo 2021

Un paio di settimane fa ci salutavamo nell’anteprima di Yakuza: Like a Dragon con tanto entusiasmo e qualche dubbio, dovuto principalmente a una build che ci ha scagliato tra i vicoli di Yokohama senza troppe cerimonie, lasciandoci nell’ignoranza per quel che riguarda le motivazioni che spingevano il nuovo protagonista e i suoi eccentrici compagni a spaccare grugni a destra e manca. Dopo aver calcato i familiari marciapiede di Kamurocho nell’introduzione del gioco ed essere stato testimone degli eventi che hanno messo in moto l’avventura di Ichiban Kasuga, posso finalmente tirare un sospiro di sollievo: Yakuza: Like a Dragon è un gioco che non deluderà certamente i fan, almeno per quel che riguarda la narrazione.

Nonostante il nuovo eroe sia un personaggio indubbiamente diverso rispetto al Drago di Dojima, il mondo che lo circonda risulterà senza dubbio familiare agli aficionado della serie tra tradimenti, esecuzioni, criminali spietati e colpi di scena, il tutto come sempre sottolineato da un doppiaggio altamente evocativo, disponibile in inglese e giapponese. Tranquillizziamo in partenza i lettori meno avvezzi con le lingue straniere segnalando la presenza di un adattamento magistrale che riesce a restituire in modo convincente anche tantissimi giochi di parole, un elemento non trascurabile che originariamente ha contribuito a donare una piacevole nota di umorismo al gioco.

VOGLIO PICCHIARLI TUTTI!

Yakuza: Like a Dragon vanta un equilibrio invidiabile, e riesce a barcamenarsi tra la serietà che il pedigree della serie esige e un pizzico di pura follia, dovuto al carattere idealista e solare di Ichiban. Abbandonato dalla madre in una soapland e allevato amorevolmente dal personale della casa di piacere, Ichiban apprende i buoni valori di una volta giocando assiduamente a Dragon Quest, almeno finché la vita non lo mette di fronte al pericoloso mondo della malavita ove incontrerà il suo mentore, carismatica figura paterna che darà il via alla storia con una richiesta impossibile da rifiutare.

yakuza like a dragon recensione

La notte giapponese brulica di luci e vita grazie al buon vecchio Dragon Engine.

IL RIGORE DEL BACKGROUND CRIMINALE VIENE BILANCIATO DAL CARATTERE VIRTUOSO DEL PROTAGONISTA

Il rigore del background criminale viene dunque bilanciato dal carattere virtuoso e determinato del protagonista, generando un’originale fusione tra idealismo a tratti fanciullesco e brutale pestaggio da strada. Il nuovo eroe e i suoi amici picchiano durissimo, ma la sua fervida immaginazione da vero nerd dipinge gli avversari in maniera assurda quando arriva il momento di menare le mani. Sostanzialmente si tratta di un espediente per donare varietà ai combattimenti, rimpiazzando al momento giusto orde di teppisti e mafiosi con versioni alternative e grottesche, ma il risultato è apprezzabile e originale, tanto che andare a caccia degli avversati più “originali” per catalogarne punti deboli e caratteristiche diventa un vero e proprio gioco a sé stante, sfociando in una vera e propria parodia dei celebri mostriciattoli di Satoshi Tajiri.

Continua nella prossima pagina…

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Pro

  • Finalmente una boccata d'aria fresca in casa Yakuza / Narrazione e doppiaggio come sempre di alto livello / Interessante svolta nel sistema di combattimento...

Contro

  • … che però non convince del tutto / Difficoltà e ritmo non perfettamente levigati.
8.2

Più che buono

Il retrogamer della redazione, capace di balzare da un Game & Watch a un Neo Geo in un batter di ciglio, come se fosse una cosa del tutto normale. Questo non significa che non ami trastullarsi anche con giochi più moderni, ma è innegabile come le sue mani pacioccose vibrino più gaudenti toccando una croce digitale che una levetta analogica.

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