Le ultime nottate passate a giocare a Bounty Train mi hanno riportato a quelle trascorse nel 2004 a vele spiegate per il Mare dei Caraibi con il Jolly Roger in evidenza in quel di Sid Meier’s Pirates!, remake dello storico titolo del 1987. Solo per questo, in termini puramente emotivi, il “gestionale di ruolo e di strategia” di Daedalic punta dritto al cuore, e – almeno nel mio caso – è riuscito a far scattare quel tipo di assuefazione totale che mi ha portato a scorrazzare a tutto vapore lungo la East Coast per riscattare l’onore della famiglia Reed. Dunque, non state lì impalati, ché a bordo del mio treno tutti si devono rendere utili!
UN TRENO CHIAMATO LIBERTÀ
Nei panni del rampollo più giovane della famiglia, Walter Reed, siamo chiamati a tornare nelle colonie statunitensi alla morte del vecchio, tragicamente assassinato per una questione di meri interessi economici. Magnate delle ferrovie, il sogno del papà del protagonista era completare la National Pacific Railroad ed estendere il trasporto su rotaie fino alla West Coast, il tutto in maniera razionale e senza distruggere il territorio dei nativi americani. I suoi soci, però, non erano esattamente sulla stessa lunghezza d’onda; capeggiati da Cornelius Tilberdnar, osteggiavano il progetto di Reed, promuovendo una tratta ben più lunga e tortuosa, per lucrare sui fondi statali e infischiandosene dei poveri indiani. La morte improvvisa di Reed senior non lascia spazio a troppi dubbi, ed è compito del più giovane (e apparentemente disinteressato) della famiglia risanare la situazione, impedendo la scalata ostile di Tilberdnar e riunendo le quote di tutti i fratelli Reed per coronare il progetto del padre. Proprio come in Pirates!, anche in Bounty Train è una storia di famiglia a costituire il fil rouge di un gioco, che in realtà, offre una libertà di approcci pressoché totale. L’eredità ricevuta da Walter, infatti, è costituita da una locomotiva, due vagoni, e pochi spiccioli. Con l’aiuto del sempre fedele avvocato e consulente Jeremiah Black entriamo nel mondo delle ferrovie dal basso, ma si sa, l’America è terra di occasioni, e come tale dovremmo abbracciare con ardore il nuovo business e andare alla scoperta di una East Coast viva e ricca di opportunità.
Bounty Train si mostra subito per quel che è: un gestionale economico con una forte impronta ruolistica in termini di avanzamento del personaggio e meccaniche di combattimento, che si comporta come un roguelike à la Convoy o FTL nella composizione e amministrazione dell’eventuale equipaggio, senza contemplare però la ricorsività delle partite. In sostanza, il permadeath esiste, e una volta perso un compagno, un fratello o un passeggero, non si torna indietro, ma Walter deve rimanere in vita. Su questa regola, il mix di generi pensato da Daedalic si innesta in maniera quasi modulare e si adatta al modo in cui il giocatore decidere di vivere l’esperienza: alcuni aspetti del gioco, paradossalmente, possono anche essere totalmente ignorati, e, di conseguenza, si può avvicinare Bounty Train come un RPG votato ai combattimenti, o come un simulatore di commercio su rotaia, oppure ancora come un simulatore di trasporto civile. Ovviamente, gli estremi, ai fini della modalità campagna, rendono poco (ma possono essere sperimentati in quella sandbox) e la strategia migliore è quella di ottimizzare i propri viaggi in base all’obiettivo finale, cosa non certo scontata.
Il mix di generi pensato da Daedalic si adatta al modo in cui il giocatore decidere di vivere l’esperienza
Certo, volendo – come già detto – si può bellamente ignorare il lato commerciale e darsi alle polveri e alla macchia, diventando contrabbandieri e impallinando banditi, indiani e soldati. In quel caso le soddisfazioni arrivano dal piombo e la strada per il successo si fa più tribolata, ma anche più attiva. Insomma, Bounty Train è un titolo dall’impostazione leggera e immediata, ma ha alle spalle un sistema enormemente complesso di opzioni, e non è per niente facile domarlo senza aver chiara una strategia.
EQUILIBRISMI A VAPORE
Ovviamente, un mix del genere è un’arma a doppio taglio e il rischio di voler far tutto senza saper far bene nulla è dietro l’angolo. Proprio come Pirates!, infatti, alcuni giocatori potrebbero trovare Bounty Train estremamente ripetitivo sulla lunga distanza, e sarebbe difficile dar loro torto, visto che, per quanto le opzioni siano moltissime, è anche vero che si tratta di ottimizzare sempre gli stessi elementi. Di città in città, infatti, cambiano i beni da scambiare, le quest generate proceduralmente e le richieste da soddisfare, ma il nocciolo della questione è sempre ottimizzare tempi e spostamenti, badando al tempo che scorre in maniera costante e facendosi i calcoli per arrivare con il giusto anticipo, facendo fronte a guasti, imprevisti e battaglie. Anche il combattimento, che si svolge con tanto di pausa tattica e beneficia di un buon numero di skill e perk con cui personalizzare i propri personaggi, può diventare routine, e in generale si rivela essere anch’esso un esercizio di ottimizzazione di risorse, più che di azione.
Alcuni giocatori potrebbero trovare Bounty Train estremamente ripetitivo sulla lunga distanza
Bounty Train è un titolo enormemente complesso per la mole di possibilità che offre, ma riesce nell’incanto di essere immediatamente leggibile e comprensibile, per quanto un tantino ripetitivo. Il mix di generi pensato da Daedalic funziona, e piuttosto che un gestionale con elementi di ruolo, strategia e roguelite, mi piace pensarlo come un fantastico gioco da tavolo digitale, da godersi di notte con un bicchiere di whisky e il cappello a falda larga. L’ambientazione da western “al contrario” funziona bene, e si inserisce perfettamente come alternativa sfiziosa e leggera in questo clima di revanscismo di frontiera cominciato con Hard West e destinato a caratterizzare il futuro videoludico.