Book of Demons - Recensione

PC

Se siete stanchi dei soliti hack’n’slash, Book of Demons prova a mescolare un po’ le carte in tavola con elementi di deck building che sostituiscono le skill normalmente sbloccate al crescere dell’esperienza acquisita. Alcune scelte progettuali degli inediti Thing Trunk si fanno notare per originalità ed efficacia, mentre altre lasciano a tratti un po’ perplessi. Perché vi facciate un’idea, abbiamo confezionato una decina di minuti di gameplay nel video sottostante.

La prima delle sorprese si fa trovare subito, nel menù principale: prima ancora di iniziare una partita, Book of Demons si presenta come uno tra sette tomi ambientati nel “Paper-verse”: l’ambizione del piccolo studio polacco, infatti, è di confezionare addirittura sette giochi, ciascuno ispirato a un grande classico del passato. Il primo prodotto del loro ambizioso progetto, chiamato Return 2 Games, ha richiesto circa due anni e mezzo di Accesso Anticipato; mi auguro che in questo tempo gli sviluppatori abbiano trovato il giusto equilibrio per procedere in maniera più spedita verso il completamento dei prossimi sei titoli.

PAPERVERSE

Il già citato Paper-verse è un universo in cui ogni essere è costituito di cartoncini pieghevoli, come quelli dei libri illustrati per ragazzi, e il mondo di Book of Demons è stato colpito da un’invasione di orde di demoni che hanno devastato le lande cui fa ritorno il nostro eroe dopo una non meglio specificata avventura coronata da successo. Fin dal principio i richiami a Diablo sono più che evidenti: il paesello che fa da base operativa e gli NPC che lo popolano sono un chiaro riferimento a Tristram, e qua e là si coglie anche qualche frecciatina amichevole al capolavoro che ha fatto da ispirazione. Rendere omaggio a chi ha fatto la storia dei videogiochi mi pare opera buona e giusta, ma in questo caso trovo che si sia esagerato: non solo il primo boss è “il Macellaio”, che magari vi ricordate di aver già affrontato nel 1996, ma anche le varie ambientazioni richiamano fin troppo da vicino il capostipite della Blizzard, passando dallo scenario di una cattedrale in rovina per arrivare fino all’inferno dove troviamo un boss finale che non lascia certo sorpresi. Anche le classi tra cui optare sono di quanto più classico si possa pensare: guerriero, ladro (arciere) e mago. Se queste scelte incontrano il vostro gradimento dipende interamente dalla vostra sensibilità, tuttavia ritengo che ricalcare in maniera pedissequa tanti elementi da un titolo del passato non significhi solo rispettare la tradizione, ma anche affidarsi ad essa e all’effetto nostalgia come elemento marketing. Oltretutto, nel 2018 abbiamo RPG come Darkest Dungeon o Slay the Spire (ancora in Accesso Anticipato per la verità, ma ci siamo capiti…) a dimostrare come si possano sfruttare nuove idee di classi o di skill per ottenere risultati freschi e innovativi.

Rendere omaggio a chi ha fatto la storia dei videogiochi è cosa buona e giusta, ma senza ricalcare in maniera pedissequa tanti suoi elementi

Dopo aver espresso le mie perplessità su questioni per così dire concettuali, sarebbe criminale non riconoscere gli aspetti implementati con cura ed efficacia da parte di Thing Trunk. Come anticipato, non esiste un ramo di skill da selezionare, ma lungo il percorso troviamo delle carte che possiamo aggiungere alla nostra mano, le quali costituiscono i nostri poteri speciali. Ne esistono di tre tipi: le rosse hanno un numero limitato di usi, le blu richiedono mana per l’attivazione e le verdi sono abilità passive. La possibilità di scegliere al volo le carte da utilizzare tra quelle sbloccate permette di adattarsi in fretta alle situazioni di combattimento da affrontare, per esempio se tutto a un tratto ci ritroviamo contro nemici sensibili solo ad attacchi di fuoco, e stimola anche a provare combinazioni diverse. D’altra parte, la necessità col passare dei livelli di potenziare le carte per stare al passo dei mostri da combattere significa che dovremo concentrare la nostra strategia su un numero limitato di abilità, visto che i potenziamenti richiedono risorse speciali che sono dosate al punto giusto per non consentire di migliorare un numero troppo elevato di carte. La ricchezza della componente deck building fa le veci dello sviluppo dell’eroe, assente nella sua declinazione classica: accumulando esperienza passiamo sì di livello, ma non esistono statistiche come forza o destrezza. L’unica scelta è se vogliamo aumentare i punti vita o il mana, e comunque l’opzione scartata può essere riscattata in paese, a patto di pagare un opportuno quantitativo di oro.

MILLE E UNA BATTAGLIE

Il nostro eroe si muove lungo i dungeon su un binario obbligato; noi possiamo decidere quale strada intraprendere ai bivi senza però poter vagare in libertà nelle stanze. Non ho davvero capito il motivo di questa restrizione, anche perchè i mostri invece non ne sono afflitti, ma ci si fa subito l’abitudine e diventa parte dell’esperienza di gioco. Ancora più curiosa ho trovato la scelta dei tutorial di non svelare fin dall’inizio che il movimento può essere controllato con WASD, e che è possibile fermare il movimento del nostro eroe in qualsiasi momento. Il combattimento è nel suo complesso piacevole e ben ritmato, gode di varietà soprattutto grazie a un bestiario in costante evoluzione e un numero piuttosto elevato di mini-boss che richiedono più attenzione del normale. Per fortuna non è sufficiente cliccare come dannati sui mostri e utilizzare i nostri poteri al meglio, ma bisogna sempre tenere sott’occhio alcune peculiarità delle orde demoniche. Per esempio, quando gli stregoni nemici pronunciano incantesimi possiamo interromperli tenendo cliccata per un certo tempo l’icona che compare sopra di loro, oppure quando affrontiamo certe truppe d’élite dobbiamo prima eliminare i loro guardiani (identificabili perché collegati da una linea tratteggiata) che li proteggono dai danni. A queste si aggiungono numerose altre meccaniche che creano quasi una serie di meta-giochi e che rendono gli scontri più divertenti. A ben vedere, queste belle idee sarebbero potute essere diluite lungo il corso di tutta l’avventura, invece gli sviluppatori ce le spiattellano quasi tutte nel corso della prima ora, quasi come se fossero stati presi dalla fretta di farci vedere quante cose belle e divertenti avevano preparato per noi.

Il combattimento è piacevole e ben ritmato, e numerose meccaniche creano una serie di meta-giochi che rendono gli scontri più divertenti

Una gestione più oculata di tali elementi avrebbe anche in parte mascherato un aspetto del combattimento che tende a ripetersi per la maggior parte del gioco: l’approccio al nemico è in sostanza sempre il medesimo, bisogna avanzare senza arrivare a tiro di troppi mostri per poi effettuare parziali ritirate strategiche per gestire con più facilità i nemici che ci seguono. Ciò vale per tutte le classi; sebbene i mazzi cambino in maniera sostanziale tra i tre personaggi, non ho mai sentito la necessità di adottare tattiche particolarmente diverse, sia che controllassi un mago che un guerriero. Ho lasciato la particolarità che ho trovato più geniale per la chiusura: il flessoscopio. Questo curioso neologismo cela uno strumento che, memorizzando i nostri dati di gioco, ci propone poi partite che vanno dal “molto breve” di circa 10 minuti fino al “molto lunghe”, fino a un’ora, a seconda dei nostri standard. Quindi, in base a quanto tempo abbiamo a disposizione, gli algoritmi di Book of Demons condenseranno la presenza di mini-boss e nemici per darci in ogni caso un’esperienza soddisfacente, senza modificare la durata complessiva della campagna. Davvero una bella idea che spero di veder riproposta spesso in futuro.

Book of Demons ha delle belle idee, e il più delle volte le implementa bene, ma in certe situazioni pecca di ineleganza. La componente deck building è forse quella meglio riuscita grazie alla sua varietà, ma anche il combattimento, seppur sempre incentrato sul crowd management, offre sfide divertenti grazie alle diverse meccaniche di gioco. L’ispirazione a Diablo diventa una gabbia un po’ troppo stretta: Thing Trunk avrebbe potuto citare senza copiare. In ogni caso, se ormai avete a noia Grim Dawn e Path of Exile, avete per voi un’alternativa che offre anche qualche novità.

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Pro

  • Il flessoscopio!
  • Mazzi ricchi e vari tra le tre classi.
  • Tanti tipi di mostri.

Contro

  • Troppo legato a Diablo.
  • Combattimento sempre basato sul crowd management.
  • Evoluzione del personaggio assente.
7.6

Buono

Dopo traverse vicende in alcune cittá italiche, il nostro Solar Nico é sbarcato in terra d’Albione. Se da una parte ancora si da alla ricerca matta e disperata di un parco (ma anche un praticello va benissimo) per approfittare di qualsiasi mezza giornata di sole londinese, dall’altra Nicoló ha rassegnato ogni speranza all’idea di stare al passo della propria, sempre crescente, libreria Steam.

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