Non è mai facile affrontare il discorso Star Wars ogni qualvolta arriva sul mercato un nuovo progetto sulla saga, in special modo da quando la baracca è passata sotto la gestione Disney che, per trarne subito i profitti, ha plasmato attorno al franchise un modus operandi testato altrove (Marvel), purtroppo non sempre foriero di frutti sani, creando una netta divisione tra fan storici e nuovi arrivati.
Come scritto altrove, il vero problema di franchise decennali come quello ideato da George Lucas è che, proprio grazie al tempo, all’universo espanso e ai film, molti di noi hanno idealizzato un’anima immutabile di Star Wars, sentendosi violentati quando questa è stata stravolta per la “naturale” prosecuzione del progetto. La verità, come spesso accade, non alberga né da una parte né tanto meno dall’altra, ma di sicuro Disney ha approfittato di questa divisione netta del pubblico per continuare ad allargare lo strappo della scoperta e ferire tutto ciò che è attorno. The Mandalorian, dopo l’ottima prima stagione, si presenta con un nuovo ciclo di episodi, pronti a confermare quanto questo prodotto sia il più grande fallimento della Disney da quando ha la gestione di Star Wars, ma non per quello che possiate pensare.
Quindi eccoci qua: la missione del Mandaloriano di scortare il Bambino dai suoi simili o da qualcuno che se ne prenderà cura continua nei nuovi episodi, tutti sempre fedeli a una metrica narrativa già testata precedentemente: c’è un compito da portare a termine, si ottiene l’ingaggio, si completa la missione, si ottiene la ricompensa che porterà sempre più vicino il Mandaloriano a consegnare il piccolo amico, per il quale prova ormai un profondo affetto.
la seconda stagione di The Mandalorian conferma il sodalizio artistico del duo Favreau-Filoni
Nel mentre, viaggiare in lungo e in largo per l’universo è una mossa ancora intelligente per recuperare i pezzi da canonizzare e portare avanti, tra personaggi iconici (Ahsoka Tano) ed altri che vengono solo lontanamente menzionati, sui quali lo spettatore deve recepire solo le informazioni più importanti, puntellate un po’ ovunque. Insomma, l’iter è sempre quello di costruire prima il bordo del grande puzzle per poi riempirlo lentamente, con la pazienza del ragno Filoni-Favreau a tessere meticolosamente la tela.
Il trucco, ancora una volta, è che Star Wars non deve progredire per forza verso un futuro inedito, bensì può – e deve – raccontare storie all’interno di canoni già indirizzati ed esplorarle. Questo non vuol dire rimanere ancorati a una visione troppo Lucas-centrica, e anzi è possibile raccogliere il seme piantato anche in un passaggio narrativo innocuo, per poi costruirci attorno una storia, con tutti gli stilemi del caso, magari ammodernandoli nel processo.
The Mandalorian non esisterebbe senza Rogue One e questa seconda stagione lo evidenzia, grazie a chiari rimandi e riferimenti visivi. Infatti, se proprio Rogue One si costruiva sulla consapevolezza dei piani della Morte Nera in possesso della Resistenza, all’inizio di Episodio VI (come li hanno avuti? Ecco, film servito), qui l’epopea del Mandaloriano vive sulla legacy del suo stesso nome (o ascendenza, fate voi), sulla sua fedeltà e su ciò che abbiamo visto e conosciamo su Jango/Boba Fett, dopo aver vissuto a pieni polmoni l’iconica leggenda. Inutile aggiungere che non ci dispiace affatto saperne di più su Mandalor, sulla storia del suo “popolo”.
Il secondo ciclo di episodi di The Mandalorian dunque gioca in casa. Il progetto aveva già trovato la sua dimensione e non fa altro che affondare la forchetta nel pasto succulento. La portata è calda e la posta in gioco si alza notevolmente. Se la prima stagione era quasi un esperimento, qui i filtri vengono annientati per addentare la pietanza senza timore. Nonostante il budget mai esaltante e le moderne tecnologie di ripresa, lo show vive davvero di una luce propria, mostrando i già citati limiti nel gestire alcuni ritmi dal punto di vista narrativo (c’è sempre qualcuno pronto a salvare il nostro protagonista all’ultimo secondo), ma con un’esecuzione finale strabiliante che porta godimento tanto per gli occhi quanto per il cuore.
Perché, dunque, ho scritto che The Mandalorian è il più grande fallimento della Disney? Beh. semplicemente perché un picco qualitativo è stato toccato, mostrando molto più coraggio qui che nella controparte cinematografica. Una trilogia che ha vissuto senza un vero e proprio baricentro, cambiando registro a ogni film.
La compattezza, l’idea precisa di arrivare fino in fondo senza paura, mettono in ombra non solo l’ultima trilogia cinematografica, ma anche ogni altra idea di continuare ad espandere il franchise con nuovi capitoli canonici. Abbiamo attraversato decine di anni e altrettante generazioni. Le storie non raccontate sono lì e il successo di The Mandalorian dimostra nuovamente il loro potenziale. Storie che vale la pena di vivere, guardare e, magari, tornare a tramandare.
VOTO: 8
Genere: fantascienza, avventura
Publisher: Disney+
Regia: Peyton Reed, Bryce Dallas Howard, Robert Rodriguez, Dave Filoni
Colonna Sonora: Ludwig Goransson
Interpreti: Pedro Pascal, Carl Weathers, Gina Carano, Rosario Dawson
Durata: 8 episodi