Anno 1800 - Recensione

PC

Negli ultimi due capitoli della serie, Blue Byte ci aveva portato nel futuro con giochi le cui basi facevano leva sull’impatto del cambiamento climatico e le sue possibili conseguenze nel corso dei decenni a venire. A più di tre anni da Anno 2205, lo studio tedesco ci riporta nel passato ma non abbandona il fil rouge del tema ambientalista, conducendosi nel bel mezzo della Rivoluzione Industriale, in sostanza l’inizio della fine degli equilibri naturali del nostro pianeta.

JUST CAN’T GET ENOUGH

Anno 1800 è un city builder in tempo reale in cui il nostro scopo è far crescere la comunità di cui siamo a capo e soddisfarne ogni necessità, in un loop crescente di complessità da bilanciare con i costi sempre maggiori di catene produttive via via più elaborate. Nelle prime fasi di ogni partita, i nostri contadini avranno poche semplici richieste: cibo, vestiti, e magari un pub per il tempo libero; al contempo, questa tipologia di cittadini genera scarsi introiti per le casse della famiglia che guidiamo, quindi appena possibile, cioè quando le loro necessità vengono soddisfatte, conviene evolverne le abitazioni per ottenere lavoratori, i quali generano più ricchezza ma hanno esigenze più sofisticate che richiedono edifici dalla manutenzione superiore, con relativo aumento dei nostri costi fissi. Dopo aver ottemperato a tutte le loro richieste, possiamo passare al livello successivo di cittadino – l’artigiano – che, indovinate un po’, porta più soldi ma anche più pretese. Siamo quindi di fronte a un perfetto ciclo di grinding che potrebbe essere considerato fine a sé stesso, ma in realtà si lascia apprezzare perché tale meccanismo si declina in una varietà di edifici da sbloccare progressivamente, dandoci sempre qualcosa di nuovo da creare senza metterci particolare fretta; non di rado sono rimasto sorpreso dal periodico messaggio di servizio, il quale mi ricordava di prendere una pausa per un caffè dopo aver giocato per oltre due ore. Certo, un caffè alle due di notte è proprio quello che mi serve.

Anno 1800 ci cala in un perfetto ciclo di grinding che offre sempre qualcosa di nuovo da fare senza metterci troppa fretta

A venire in nostro aiuto ci pensa un’interfaccia utente con dei menù molto semplici ed eleganti che riescono a non essere per niente invasivi, ma al tempo stesso ci consentono di identificare tutto ciò che necessitiamo con rapidità. In particolare, le costruzioni sono raggruppate per catene di produzione, quindi sotto la sezione “armi” troviamo sia le miniere per raccogliere le materie prime, sia le fabbriche per la trasformazione dei semi-lavorati, per concludere con quelle che forniscono il prodotto finito. Il livello di rifinitura di tutti gli elementi presenti in Anno 1800, inclusa la traduzione dei testi in italiano, è eccellente e scaturisce dall’esperienza accumulata nei capitoli precedenti da Blue Byte, studio che si trova decisamente a suo agio nello sviluppo di opere di questo genere. In qualche circostanza mi avrebbe forse fatto comodo un almanacco di “Tropicale” memoria, grazie al quale identificare con rapidità liste di edifici e dettagli della popolazione, ma nel complesso stiamo parlando di un gioco meno complicato del manageriale di Kalypso Media uscito a marzo, con un conseguente adeguamento degli strumenti di controllo a nostra disposizione. Seppure l’ambientazione del diciannovesimo secolo sia un valido motivo per tornare in quel di Anno, va detto che da molto tempo il franchise non vede grandi rivoluzioni, ma solo ritocchi minori che, per quanto apprezzabili, non sono sufficienti per stupire i fan di lungo corso. Un altro ambito dove si notano miglioramenti incrementali è quello tecnico: Anno 1800 è meraviglioso da vedere, le isole e il mare sono pieni di vita, e la fauna che gironzola allo stato brado restituisce una bella sensazione di vitalità. Sia che si tratti di mappe dal clima temperato o tropicale, gli arcipelaghi brillano di luce propria grazie a colori accesi e tanti piccoli dettagli che rendono tutto molto vivido. Uno spettacolo quindi da vedere, mentre il comparto audio non è all’altezza e dopo qualche ora le poche tracce cominceranno a pesarvi. Evviva Spotify.

MASTER AND SERVANT

Le modalità di gioco tra cui scegliere sono due: una campagna single-player e un sandbox, giocabile anche online. Nella campagna ci ritroviamo alla guida di una famiglia di nobili inglesi caduti in disgrazia per via delle accuse di tradimento mosse nei confronti del capofamiglia, morto suicida (o almeno così pare…) prima di affrontare il processo. La storia si lascia apprezzare e i personaggi con cui interagiamo hanno una personalità discreta pur cadendo qualche volta nello stereotipo, scelta che si direbbe voluta, se si guarda a come vengono presentate le varie fazioni nelle iterazioni precedenti della serie. Le missioni che ci vengono affidate servono inizialmente a mettere in risalto i vari aspetti del gioco, ma nel corso delle ore gli sviluppatori smettono di accompagnarci per mano e ci lasciano libertà totale nel costruire il nostro insediamento. In realtà dovrei usare il plurale, insediamenti, perché in ogni mappa troviamo diverse isole su cui è possibile estendere il nostro dominio per ottenere il controllo di miniere o altre risorse necessarie per la produzione di beni specifici; in alternativa, se siamo disposti a pagare un po’ di più, ci si può sempre rivolgere al commercio con gli altri leader.

Intorno al meccanismo centrale di soddisfazione dei cittadini si aggiungono altri sistemi ancillari che non spostano l’equilibrio dell’impianto di gioco

Gli elementi GdR rimangono comunque molto leggeri e certi obiettivi secondari risultano distaccati e poco coerenti con le dinamiche da city builder, come quando ci viene richiesto di cercare cani randagi in giro per il villaggio: fastidioso e anche poco divertente come distrazione. Intorno al meccanismo centrale di soddisfazione dei cittadini si aggiungono altri sistemi ancillari, come il già citato commercio, senza trascurare la diplomazia e un tocco di combattimento navale. In ogni caso si tratta di componenti che non spostano l’equilibrio dell’impianto di gioco, specie quando si gioca alla difficoltà “normale”, che poi è il più facile dei tre livelli disponibili; per questo ai conoscitori di Anno consiglio di iniziare subito dal livello “avanzato” per una sfida consona alla loro esperienza. Ciò vale anche per la modalità sandbox, dove in realtà le opzioni di set-up consentono di personalizzare numerosi aspetti, da tarare con accuratezza per ottenere il tipo di sfida preferito per ciascuna partita. La prevalenza del ciclo cittadini-bisogni-prodotti permette di concentrare tutti i propri sforzi su questo aspetto, e consente di vivere un’esperienza di gioco sì ricca di cose da fare, ma libera dallo stress di tenere sott’occhio dozzine di altri aspetti. Nel complesso Anno 1800 si presenta come un manageriale meno esigente di altri (leggi City: Skylines), e lo evidenziano alcuni aspetti chiave: giusto per citarne un paio, non appena le risorse raggiungono il magazzino più vicino, vengono messe a disposizione di tutta l’isola, e la distanza delle case dei cittadini dal loro luogo di lavoro è del tutto ininfluente. Questo rende la logistica dell’insediamento radicalmente più semplice e riduce le conseguenze di eventuali errori in fase di pianificazione che si manifesterebbero poi diverse ore più avanti quando il terreno disponibile si fa scarso, a testimonianza del maggior spazio di manovra che gli sviluppatori tedeschi ci concedono con estrema cortesia e grazia, proprio come detta il galateo di corte imperiale britannica del tempo.

Con la sua nuova installazione, la serie Anno si conferma come city builder estremamente curato nei dettagli che gira alla larga dalle complessità di altri titoli per offrire un’esperienza rilassante, accompagnata da un comparto grafico al top della gamma per il genere d’appartenenza. Agli elementi ludici di contorno Blue Byte non ha riservato il medesimo grado di profondità, il che a tratti li rende una distrazione dalla dubbia utilità, ma si tratta di piccole novità che aggiungono un pizzico di varietà e, insieme alla rinnovata ambientazione storica, offrono diversi buoni motivi per tornare a giocare ad Anno dopo più di tre anni.

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Pro

  • Offre un'esperienza di gioco piacevole e rilassante.
  • Bellissimo da vedere.
  • Formalmente ben curato e rifinito.

Contro

  • Aspetti ancillari poco integrati.
  • Semplificazioni eccessive per gli hardcore del genere.
8.1

Più che buono

Dopo traverse vicende in alcune cittá italiche, il nostro Solar Nico é sbarcato in terra d’Albione. Se da una parte ancora si da alla ricerca matta e disperata di un parco (ma anche un praticello va benissimo) per approfittare di qualsiasi mezza giornata di sole londinese, dall’altra Nicoló ha rassegnato ogni speranza all’idea di stare al passo della propria, sempre crescente, libreria Steam.

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