Come per le parate e schivate di un action/picchiaduro ad ogni mossa ne deve corrispondere una contraria ed eseguita col giusto tempismo (scatto, abilità dribbling o tackle), cosa che dona alle azioni un dinamismo e un’incertezza elettrizzanti, perfettamente in linea con le atmosfere del cartone animato. È in questi momenti che il calcio di Captain Tsubasa si sente sulla pelle e nel cuore, perché riesce a sottolineare con l’esagerazione nipponica i gesti tecnici più spettacolari di questo meraviglioso sport. La beatificazione del pallone.
LA POESIA DI CAPTAIN TSUBASA
È poi nel tiro a rete che tutto si compie e trova un’armonia perfetta. Il tiro nell’opera Bandai Namco va preparato, caricato, protetto e infine sparato come un proiettile verso la porta avversaria. Quando la barra della potenza sarà totalmente caricata (anche oltre il 100% nel caso dei fenomeni come Tsubasa e Hyuga) il cuore comincerà ad aumentare i suoi battiti e l’azione staccherà per mostrarci una cut scene divinamente animata: le urla del telecronista, le grida del giocatore, la palla che si piega sotto la pressione del “collo pieno” come fosse fatta di un materiale alieno, sprigionando scie di energia instabile.
Il calcio di Captain Tsubasa si sente sulla pelle e nel cuore, riuscendo a sottolineare con l’esagerazione nipponica i gesti tecnici più spettacolari
Poi il contatto con le mani del portiere, la CPU che tira i dadi, confronta parametri, controlla la stamina dei due giocatori. Fredda matematica nascosta da una scena di un’intensità clamorosa. Secondi di tensione palpabile, che sia gol incredibile o parata formidabile. Il senso della vita di un gioco del genere è tutto qui, non serve praticamente nient’altro. E comunque dell’altro c’è, assolutamente, un gameplay super accessibile, tattiche elementari da variare in tempo reale, “uno-due” da chiamare al compagno e perfino una Zona V che richiama certi moduli alla Oronzo Canà, nient’altro che una tecnica speciale che permette di bloccare il consumo di spirito (un modo elegante di chiamare l’affaticamento muscolare) per qualche secondo e ribaltare le sorti del match. Rischia di diventare un gioco ripetitivo alla lunga? Non posso escluderlo, ho la sensazione che possa non essere granché profondo oltre un certo punto, ma stiamo parlando di una prova che prevedeva semplicemente un’amichevole tra due squadre senza neanche una Catapulta Infernale in mezzo. Il piatto forte sarà sicuramente la modalità storia, di cui non sappiamo ancora nulla ma che sarà perno dell’esperienza oltre al multiplayer.
Quello di cui sono assolutamente certo, guardando anche i colleghi durante la prova, è che questo sia un titolo che sprigiona e regala amore, gioca con la nostalgia con estremo fair play, dando ai giocatori tutte quelle azioni che rendevano così avvincenti le puntate dell’anime. E già questo è un grandissimo merito, sintomo di un gioco tutto cuore e grinta, sviluppato con competenza e conoscenza della materia, sensazione trasmessa anche da tutto il contesto audiovisivo che, oltre alle splendide scene animate che vedono protagonisti i giocatori più iconici (e Mark Lenders rimane ancora il più figo di tutti), mette in mostra stadi gradevoli con svariati dettagli di contorno.
Le urla del telecronista, le grida del giocatore, la palla che si piega sotto la pressione del “collo pieno”… Ah, che poesia!
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