The Signifier – Anteprima

Frederick Russell non solo è un brillante ricercatore nel campo della IA e un esperto di psicologia, ma è anche e soprattutto il principale sviluppatore di Dreamwalker, un macchinario sperimentale che consente la lettura degli strati più profondi del cervello umano, dove albergano le emozioni e le percezioni, persino quelle radicate nell’inconscio. Anche nel futuro, tuttavia, macchinari così potenti e complessi hanno bisogno di tempi di caricamento notevoli, al punto che dopo aver ritrovato e inserito la scansione digitale del cervello della vittima all’interno del Dreamwalker, ci viene richiesto di attendere il completamento dell’operazione esplorando il luogo del delitto.

Il sopralluogo si rivela per prima cosa un’ottima occasione per apprezzare il notevole lavoro svolto dagli sviluppatori dal punto di vista tecnico, soprattutto per quanto riguarda l’illuminazione che esalta una ricerca di realismo che emerge sia negli interni che nei modelli umani. La passeggiata in cerca di dettagli nell’algida abitazione della vittima, tuttavia, serve soprattutto a prendere confidenza con un ambiente destinato a essere visitato nuovamente e ripetutamente in altra forma.

FERMOIMMAGINE (MENTALE) DI UN DELITTO

Presto infatti, grazie alle potenzialità offerte dal Dreamwalker, ci viene dato modo di esplorare in maniera fisica e parecchio straniante l’immagine dell’appartamento rimasta impressa nel cervello della vittima al momento della sua morte. Un luogo in apparenza simile alla sua controparte concreta, eppure distorto, popolato da glitch ed elementi fuori posto che sono di certo il riflesso dello stato emotivo del cervello nel momento in cui ha catturato le immagini, ma che possono anche celare nella loro apparente causalità preziosi elementi utili a far cambiare verso all’indagine.

La verità, però, si trova più in profondità della percezione, e allora bisogna richiedere al Dreamwalker di discendere nel subjective state del soggetto, esplorandone così il lato più intimo della percezione, ma anche il più complesso, dove gli elementi che compongono la scena sono da ricomporre come un puzzle. Ma è davvero lecito quello che stiamo facendo? Se il Dreamwalker può ancora operare è solo grazie a un accordo siglato col Technology Safeguard Bureau, eppure ciò che ci viene richiesto questa volta, ovvero non solo provare che si è trattato di un omicidio, ma anche recuperare la password della mail della vittima, rientra nei limiti del lecito? E che conseguenze potrebbero avere le nostre azioni, qualunque sia la direzione che decideremo di prendere?

Più che l’impianto di gioco, che non rivoluziona certo l’impostazione dell’avventura grafica in prima persona, è il contesto ad aver rappresentato il punto forte della nostra prima manciata d’ore passata in compagnia di The Signifier. Pur senza riscrivere le regole della fantascienza, il canovaccio narrativo che funge da incipit per le vicende del gioco è solido e credibile, nonché foriero di spunti su questioni etiche e morali tutt’altro che banali. L’asso nella manica, tuttavia, è rappresentato senza dubbio dall’intreccio tra il piano reale, oggettivo, e quello onirico, delle sensazioni, esplorabile attraverso il Dreamwalker: una meccanica con del buon potenziale che, se ben sfruttata fino in fondo scongiurando il rischio ripetitività, potrebbe consentire a The Signifier di ritagliarsi un posticino di rilievo in un genere di recente parecchio affollato.

Torna alla prima pagina…