Torniamo a parlare di Escape From Tarkov, sparatutto di sopravvivenza dura e pura della piccola ma agguerrita Battlestate Games, dopo l’intrigante incontro alla gamescom e le corpose migliorie alla beta disponibile con le prenotazioni. Escape From Tarkov è forse migliore la definizione inglese di “shooter”, dal momento che la simulazione del gesto armato costituisce uno dei tratti principali di un gioco pieno di pathos e rigore, in cui non c’è spazio per l’approssimazione o l’intrattenimento leggero: siamo di fronte a un’esperienza di intensa partecipazione che, tuttavia, non ha nulla a che fare con gli spettacoli pirotecnici e la narrazione d’effetto, ed è anzi uno dei più immacolati rappresentanti dei moderni survival multigiocatore ad altissimo tasso di sfida, come DayZ o Playerunknown’s Battlegrounds ma con cattiveria ancora maggiore. Ho speso ore e ore sulle tre mappe con l’unica modalità attualmente fruibile, i Raid, e non ho trovato nulla di noioso o ripetitivo: ero troppo impegnato a sopravvivere e a portare a casa tutto quel che potevo, per poi dedicarmi a uno dei sistemi di personalizzazione più “seriosamente” riusciti degli ultimi anni. Ribadisco che Escape From Tarkov non è un gioco per tutti, ma sa accarezzare gli amanti delle sparatorie realistiche come pochi prima di lui.
NERVI SALDI, DITO SUL GRILLETTO
Rispetto alla prima anteprima, quasi offuscata dagli effluvi dell’innamoramento, è il caso di entrare nel dettaglio di obiettivi e struttura delle sessioni, semplici ma quasi ipnotiche. Cercherò di elencare le regole del Raid come avrebbe fatto Romero di 1997 Fuga da New York, quindi perdonate l’eccesso di didascalismo ed eventuali sgrammaticature: quando si tenta di uscire dalla partita prima della fine dei tempo limite (6 o 20 minuti circa, a seconda delle caratteristiche della mappa), il vostro mercenario muore; se si cammina come dei fessi (non controllando ogni angolo e percorrenza, eventuali linee di tiro o quant’altro), il vostro mercenario muore; se si sopravvive al massacro ma non si raggiungono i punti di uscita dallo scenario (da due a tre per ogni ambientazione), il vostro mercenario muore.
Muore e perde l’equipaggiamento portato in missione, tra l’altro, insieme a tutto l’eventuale loot raccolto fino a quel momento. L’unico modo di far fruttare la partita è raggiungere una serie di porte collocate agli angoli della mappa, ben studiate nel disegno dei livelli per rendere emozionanti eventuali scontri a fuoco. Che poi è quel che accade sempre: i giocatori possono estrarre armi, munizioni, corazze e oggetti vari trovati in casse o strappati ai nemici, aspettando una quindicina di lunghissimi secondi davanti alle barriere d’acciaio, in attesa che qualche altro mercenario tenti di rubarli sulla loro pelle, come lauto bottino in extremis.
Escape From Tarkov non è un gioco per tutti
Forest, Customs e Shoreline sono scenari relativamente aperti, con strutture industriali e, nel primo caso, un bosco in cui tentare di far perdere le proprie tracce o, al contrario, bersagliare i più incauti con un fucile dotato di ottica. Il capannone industriale di Factory, invece, rappresenta l’anima più brutale di Escape from Tarkov, con un dedalo di sotterranei e passerelle in cui qualsiasi angolo potrebbe essere l’ultimo e quasi non esistono le linee di tiro per i cecchini. In tutti i casi potete unirvi a un amico (o a un semplice sconosciuto, se ne avete il coraggio, vista la presenza del friendly fire), senza tuttavia aspettarvi le allegre scorribande di altri titoli. È possibile cercare le lobby per entrare nelle partite di altri giocatori, ma questi non avranno alcuna indicazione di squadra riportata sul modello o sul nostro HUD (essenziale nelle indicazioni, nonché magnificamente privo di mirino); ciò costringe la squadra a una coordinazione e una conoscenza della mappa assolutamente perfette, magari fruendo di soluzioni di voice chat esterne come Discord o Mumble. D’altra parte, anche le caratteristiche previste per il gioco completo sono fondate sul realismo: tutti, anche i singoli e i meno avveduti, avranno a disposizione una comune chat di prossimità, che simula l’ascolto di qualcuno da corta distanza (compresi i giocatori sconosciuti); chi avrà la pazienza e le persone per organizzarsi, invece, potrà gestire un vero e proprio impianto radio, in cui cercare le frequenze di squadra e, ancora prima, portare in missione l’headset per equipaggiarlo sul modello di gioco, oltre che sulla nostra testa reale.
Come ho già avuto modo di dire, la struttura di Escape From Tarkov può contare su un sistema di controllo altrettanto realistico, con pieno controllo su ogni azione. È possibile procedere proni e sdraiati, naturalmente, così come sporgersi dagli angoli tenendo premuti i comandi corrispondenti (Q e E, sulla tastiera, come da manuale); davvero sorprendente e immersivo, però, si è dimostrato l’uso del fuoco alla cieca, attivabile con la pressione contemporanea di un altro tasto (Alt) e dei comandi direzionali, contestualmente alla posizione del riparo. Ogni colpo ricevuto provoca conseguenze diversificate, facendoci zoppicare o alzare con fatica l’arma, mentre l’energia e l’idratazione (altri parametri, come radioattività e livelli tossici, non sono ancora implementati nella beta) possono influenzare la prestazione sulle distanze più lunghe e, ovviamente, essere placati da cibo o bevande rinvenuti in giro. Il sistema dei danni è ripartito su sette parti anatomiche curabili con bende e medkit, ed è possibile placare i sintomi delle ferite con gli antidolorifici; in generale, nemmeno i giocatori più corazzati sono al riparo da una morte fulminea, ad esempio quando un cecchino li bersaglia nelle parti scoperte dell’armatura, o anche quando un qualunque disgraziato li centra due volte sull’elmetto con un’arma melee.
la struttura di Escape From Tarkov può contare su un sistema di controllo assai realistico, con pieno controllo su ogni azione
D’altra parte, le uniche eccezioni all’estremo realismo sono importantissime per mantenere saldo l’interesse dei giocatori. Innanzitutto, Escape From Tarkov presenta una lunga serie di abilità (le canoniche forza, salute e resistenza, ma anche tenuta allo stress, metabolismo, carisma, intelletto, percezione e immunità, insieme a potenziamenti di fazione e nell’uso delle singole armi) che crescono dinamicamente nel corso delle partite e non si disperdono alla morte del personaggio. Sono altrettanto cruciali, poi, i piccoli contenitori “Gamma” che ogni mercenario porta con sé, appena quattro importantissime caselle (per quelli standard; i fucili ne occupano dieci, le pistole due) che sfuggono anch’esse alla legge generale del permadeath, consentendoci di portare a casa piccoli oggetti in caso di morte prima dell’estrazione.
le uniche eccezioni all’estremo realismo sono importantissime per mantenere saldo l’interesse dei giocatori
FUGA PER LA SOPRAVVIVENZA
In tutto questo, avendo a disposizione un account stampa con un milione di “Rubli” virtuali, per approfondire la questione mi sono comportato come il più avaro degli avari: la vendita di una mitraglietta può anche valere da sola 30.000 ₽, un banale pacchetto di sigarette qualche centinaio, e anche nel più disperato dei casi, con la riserve completamente vuote e il solo ausilio del tomahawk (unica arma predefinita e “gratuita”), conoscendo bene i punti di estrazione sulla mappa è possibile mettere in cassa diverse centinaia di migliaia di Rubli in poche ore.
Escape from Tarkov è già disponibile in versione beta secondo diversi tier di sostegno
Ricordo, in chiusura, che Escape from Tarkov è già disponibile in versione beta secondo diversi tier di sostegno, influenti sulla dimensioni delle riserve e del contenitore Gamma, e che la fase di open beta è ormai alle porte, facendo ben sperare per una pubblicazione nel corso del 2018. Il gioco potrebbe arrivare anche su Steam, ma “solo quando sarà perfetto in termini tecnici e di completezza del contenuti”, come tenne a precisare uno degli sviluppatori in quel di gamescom. Secondo me è già imperdibile adesso, a patto di amarne lo stile: fate due chiacchiere con la solita scimmia e poi decidete.