Ape Out - Recensione

PC Switch

Devolver Digital come il Blue Note, sul palco tre artisti straordinari, pronti a mettere in scena una jam session esaltante, di quelle capaci di travolgere con un ritmo sfrenato che sgorga dall’improvvisazione più istintiva, animalesca. Gabe Cuzzillo al game design, Bennett Foddy al comparto artistico, Matt Boch alle percussioni. È un trionfo! La loro opera prima, Ape Out, è jazz in forma videoludica, non solo per la purezza della sua colonna sonora, ma perché ne incarna lo spirito ribelle, la brama di libertà e rivalsa, capace di sfondare ogni tipo di gabbia e lasciare dietro di sé ogni idea retrograda in una pozza di sangue tinta pastello. È un sold out (spero proprio per loro), una rivoluzione, un nuovo modo di intendere l’arcade.

ONE APE ARMY

Ape Out stravolge artisticamente il concetto di beat ‘em up senza alterare un’anima arcade capace di causare dipendenza patologica. È eccezionale come non ci sia alcun bisogno di predisporsi mentalmente al mood del gioco. Due secondi e l’opera inizierà a percuotere il giocatore con tamburi, rullanti e grancasse, trasformandolo in una belva affamata di ritmo. Si gioca in preda ad una furia primitiva, la vista offuscata da un level design labirintico e procedurale, esattamente come si immagina funzioni la mente di un jazzista. Più la situazione degenererà nel pulp, nella violenza, affogando le ambientazioni in un rosso brillante, più Boch alza il ritmo, come fosse il nostro batterista personale, seduto dietro di noi a osservare la partita. L’incalzante dinamicità di un sonoro fuori parametro accompagna le nostre azioni, trasformandosi attorno ad esse e aumentando esponenzialmente i battiti del cuore, fino all’arresto cardiaco e immediata defibrillazione; un trial & error che potrebbe tranquillamente essere osservato all’elettrocardiogramma. Si passa da predatori a prede, sventrando ogni soldato che ci si para davanti per poi ritrovarsi accerchiati, spaventati. Si ragiona per istinto di sopravvivenza, senza alcun HUD, ghermendo il carceriere più vicino tra le possenti braccia del gorilla e usandolo come scudo umano che farà partire una selva di pallettoni verso i suoi compagni, talmente alta è la tensione di quel momento.

Più la situazione degenererà nel pulp, nella violenza, affogando le ambientazioni in un rosso brillante, più Boch alza il ritmo, come fosse il nostro batterista personale

La situazione si ribalta, a terra i corpi esanimi colpiti dal fuoco amico, l’ostaggio sbattuto contro un muro, la morte trasformata in colpi di piatti e charleston sull’improvvisato pezzo della nostra fuga. Il nostro alter ego animale si muove in modo ingombrante eppur agile, quasi la stessa sensazione, a tatto, che restituiscono gli ultimi Donkey Kong firmati Retro Studios. L’inerzia restituisce tutti i quintali del protagonista, nella corsa come nella forza che mette nello spintonare i nemici, lanciandoli contro le pareti, o nel vuoto da una finestra del venticinquestimo piano. Nessun enigma, nessuna interruzione, si procede a rotta di collo per quelli che sono presentati come veri e propri LP divisi in tracce, quattro fughe dove la musica diventa gameplay, non fermandosi alle orecchie ma tirando dentro di peso vista e tatto. Una manciata di nemici diversi, chi armato di pistola o shotgun, chi di lanciafiamme o lanciagranate, alcune variabili identitarie per ogni virtua-vinile e tantissima voglia di rigiocare tutto una volta finito il primo giro. Sarà allora che prenderà il sopravvento tutta l’indole arcade dell’opera, con un’omonima modalità che trasformerà definitivamente i quadri in rogue-like, una sola vita, una sola possibilità per far segnare il miglior punteggio, per poi ripetere tutto dal primo livello. Non mancano neanche le versioni “harder” degli LP, con nemici ben più temerari e numerosi, più un brano-stage extra a parte, come omaggio. Non serve nient’altro.

PULP E PASTELLI

Ape Out ha un’indole violentissima, senza mezze misure, nel suo messaggio, pad alla mano ed esteticamente. L’impatto visivo è quello granuloso di un disegno fatto coi pastelli a cera (o anche di una pittura rupestre), passati per la lunga su un foglio e poi animati in stop-motion, pulsando e diventando sfondo perfetto della vendicativa mattanza. Tutto vive in tre dimensioni, si percepisce la profondità delle pareti, la loro prospettiva, e da vedere in movimento è qualcosa di abbacinante, stratosferico. Il miglior utilizzo mai fatto di Unity quello di Foddy, semplicemente un neo-classico. Laboratori, grattacieli, foreste pluviali in fiamme e navi cargo, ogni ambientazione ha una personalità fortissima per quanto stilizzata, innovativa, unica fin nel DNA. L’effetto è quello di ritrovarsi davanti ad alcuni disegni infantili, quelle trasposizioni su carta di film che non avremmo dovuto vedere e videogiochi ben lontani dal PEGI 3 che non avremmo dovuto giocare.

La situazione si ribalta, a terra i corpi esanimi colpiti dal fuoco amico, l’ostaggio sbattuto contro un muro, la morte trasformata in colpi di piatti e charleston sull’improvvisato pezzo della nostra fuga

È un genere di pulp dall’impatto emotivo stordente, ancora più di Hotline Miami, proprio perché gioca con tonalità tenui reinventate per trasmettere rabbia. Certe soluzioni stilistiche sono poi talmente incredibili da vivere di vita propria. Le sezioni al buio per esempio, con le torce dei nemici che diventano coni pastello bianco latte, sono capaci di trascinare in gioco anche l’olfatto, per fiutare la paura delle nostre vittime, intuendone i movimenti schizofrenici, nervosi, muovendoci nell’ombra per arrivare alle loro spalle e sventrarli, uno dopo l’altro, con grazia e fluidità, mentre intorno sibilano proiettili sparati alla cieca. Una simulazione di ferocia che riporta a galla le nostre origini animali, primordiali, come una seduta di ipnosi regressiva fino alla preistoria. Un’opera che nel suo piccolo, con le sue forze, reinventa il modo di vivere l’arcade, progettandolo tridimensionalmente, con gameplay, grafica e sonoro che vivono alla stessa frequenza, senza saldature, come fosse un nuovo tipo di materia sensoriale. Il Gabe Cuzzillo Trio ci ricorda così quanto è importante vivere il videogioco in maniera libera, sperimentale, jazzistica, dimostrando quanto il budget passi davvero in secondo piano davanti a idee di questa portata, geniali, vive, emozionanti.

Ape Out è travolgente, violento, spavaldo e libero. Cuzzillo, Foddy e Boch hanno divelto la gabbia dei processi creativi ideandone un modello tutto loro, dove le arti che compongono il videogioco riescono a vivere in simbiosi, contaminandosi a vicenda, a maggior gloria del giocatore. È toccato al beat ‘em up essere rivoluzionato da questo trio, con un gameplay chirurgico, divertentissimo e un mantello audiovisivo strabiliante, unico. È jazz puro, nelle sonorità procedurali, spalmate sullo stile di gioco di ogni giocatore e nelle emozioni che suscita, una sorpresa costante e una tattilità familiare. La scimmia è scappata, infuriata, e vuole seminare il panico sul mercato videoludico.

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Pro

  • Audiovisivamente folle.
  • Gameplay inarrestabile.
  • Risveglia il battito animale.

Contro

  • Se ne vuole di più.
9

Ottimo

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