Mi capita spesso di provare emozioni contrastanti ogni volta che metto le mani su un titolo horror. È una sensazione difficile da spiegare, perché non fa riferimento a un insieme di paure che potrebbe impedirmi di essere critico nell’analisi. Riguarda piuttosto tutta una serie di stilemi e meccanismi che ormai fanno parte della costruzione alle spalle di questo genere e che una volta interpretati e compresi, purtroppo, finiscono col farti guardare questi ultimi con occhi diversi. Praticamente rischi di non spaventarti più. Quando ho saputo che Bloober Team era a lavoro su un altro titolo horror sul genere di Layers of Fear, devo ammettere che le falene nel mio stomaco hanno cominciato ad agitarsi, gratificate dal veder mettere alla prova le mie emozioni. Blair Witch vuole essere una libera interpretazione del lungometraggio uscito alla fine degli anni ’90, quello che la maggior parte degli over trenta ricorda bene come uno dei primi esempi di regia dove lo spettatore diventa parte integrante del film grazie alla visuale in prima persona. Il videogioco omonimo saprà trasmettere la stessa tensione?
LOST IN THE WOOD
Tutto inizia a ridosso della foresta vicino Burkittsville, un luogo dimenticato nel Maryland che è stato teatro di diverse sparizioni, ultima tra queste quella del giovane Peter Shannon. Nei panni di Ellis, un ex poliziotto con passato da militare, ci dirigiamo sul posto per aiutare lo sceriffo e i volontari nella ricerca, accompagnati dal nostro fidato amico a quattro zampe Bullet. Non troviamo nessuno ad attenderci sul posto, tranne una radura piena di macchine della polizia abbandonate sul posto. Il sole è alto, quindi le previsioni sono tutte dalla nostra parte: siamo ex militari, abbiamo un pastore tedesco con noi, cosa potrebbe andare storto?
La storia del protagonista intriga all’inizio, ma poi…
Tecnicamente buono anche se un po’ altalenante nel framerate
PAURA DELL’IGNOTO
La piccola ma importante evoluzione che il team di sviluppo ha impiegato per pubblicare Blair Witch crea un perfetto accompagnamento alla componente narrativa, facendola risultare “vincente” sotto molti punti di vista. Fortunatamente la maggior parte dell’avventura non fa totale affidamento sui jump scare, una scelta che permette al giocatore di godersi l’atmosfera del gioco mantenendo alta l’attenzione, senza però cadere in tranelli prevedibili e alla lunga noiosi. La costruzione degli scenari è ottima, complice un sistema che grazie al buio ci dà sempre l’impressione di girare in tondo, ma diciamo che l’incedere per la foresta alla lunga perde mordente, restituendo l’emozione iniziale giusto nelle fasi conclusive, quando la strega diventa più di una presenza. Peccato che tutto questo avvenga forse troppo tardi.
Blair Witch è un titolo che cerca di fare il proprio mestiere senza darci traccia delle sue mosse, peccato però che a lungo andare il gioco perda il mordente utile a tenere alta l’attenzione del giocatore, che presto comincia a percepire uno spiacevole senso di delusione. Inutile sottolineare quanto Bloober Team abbia voluto mettersi in gioco facendo affidamento a nuove meccaniche ludiche, ma l’ispirazione sembra perdersi con la stessa cadenza con cui il passato di Ellis cerca di emergere. Tuttavia, nonostante la scarsa durata e la discontinua tensione, Blair Witch ha le carte in regola per far uscire Bloober Team dal tunnel dei walking simulator. Tempo al tempo.