Borderlands 2 uscì nel 2012, e da allora ne è passata di acqua sotto i ponti. A più di un lustro di distanza, Gearbox si presenta agli appassionati di realtà virtuale di casa Sony con un porting che fa storcere un po’ il naso per motivi sia tecnici che di valori produttivi.
HISTORY REPEATING
Borderlands 2 è uno dei pochissimi giochi dell’era pre-VR per cui è stata realizzata una conversione a posteriori, e il suo sviluppo è tanto più impressionante perché si tratta di un titolo molto vasto. In termini di dimensioni è di sicuro molto superiore a quelle che sono di norma le esperienze in realtà virtuale; solo Bethesda si è azzardata – per fortuna! – a portare un open world come The Elder Scrolls V: Skyrim su PS VR, recepito in maniera molto positiva sia dal pubblico sia dalla critica. Per entrambi i giochi il passaggio alla realtà virtuale ha comportato una riduzione dei contenuti, limitati all’edizione base, priva quindi di tutti i DLC; tuttavia, anche limitandosi alla sua versione “vanilla”, la quantità di missioni, dialoghi e soprattutto armi con cui fare a pezzi chiunque rimane strabiliante. Quello di cui invece si sente la mancanza è uno dei pilastri su cui anche il marketing ha fatto molto leva sin dal primo capitolo, ovvero la modalità co-op, qua assente: questa volta dovrete scorrazzare per i vasti territori di Pandora soli soletti, il che sembra un parziale tradimento dello spirito del franchise.
Nonostante l’assenza dei DLC, la quantità di contenuti è enorme per gli standard VR
LUCI E OMBRE
Durante i combattimenti, poi, gli attacchi in mischia peccano in fisicità, sia perché manca un riscontro tattile tramite vibrazione del controller, sia perché capita di finire con la camera (cioè con la testa) in mezzo al modello poligonale dello scagnozzo di turno. Non riuscire a capire con esattezza dove inizia lo spazio fisico occupato da un altro corpo nelle vicinanze rende meno divertente l’esperienza di gioco, in particolare con Zero, viste le sue abilità con la spada. Proprio lui soffre di un’altra scelta di design poco fortunata: prendere la mira con armi dotate di mirino non ha l’effetto cui siamo abituati; invece, in fondo al fucile compare uno schermino dove viene mostrata l’immagine della zona inquadrata con l’opportuno zoom, che per qualche motivo si muove intorno ai 10 fps invece di essere fluida come il resto del mondo di gioco. Il risultato è che la voglia di fare il cecchino passa molto in fretta. Il caso più incredibile di clipping si verifica però con i menù in sovrapposizione al mondo di gioco, come nel caso delle macchine per l’acquisto di munizioni: a sparire in mezzo agli elementi poligonali è il menù stesso, che quindi risulta inintelligibile; serve quindi spostarsi indietro di una distanza sufficiente e trovare il punto in cui non si verifichino tali inopportune intersezioni.
Alcune parti dei menù spariscono in mezzo agli elementi poligonali di gioco diventando inintelligibili
La trasposizione in VR di Borderlands 2 è di per sé un segnale positivo di impegno che viene da un grande studio, il quale non era certo sotto pressione per sfornare qualcosa di simile. Forse però è stata proprio la natura tanto ampia del gioco che ha portato a trascurare tanti dettagli che avrebbero richiesto soluzioni specifiche per la realtà virtuale, oltre all’eliminazione completa della componente co-op. Nel suo complesso quindi posso consigliare Borderlands 2 VR solo a chi è davvero appassionato sia di Pandora, sia della realtà virtuale: se non vi ritrovate completamente in entrambe le condizioni, avete di meglio con cui giocare.