Per quanto pregevole sia il contenuto singleplayer, a determinare il continuato successo di un RTS è la sua componente multiplayer
GUERRA SENZA FINE
Se andiamo ad analizzare il gameplay, sfuggire al paragone con Company of Heroes è impossibile. Gli stessi sviluppatori non fanno mistero di quanto sia evidente l’ispirazione: le nostre unità di fanteria sono divise in squadre, rinforzabili alla base mano a mano che perdono unità, c’è un sistema di ritirata (anche per i mech, curiosamente), le risorse sono generate da punti strategici conquistabili sparsi per la mappa, il base building è molto limitato e c’è anche un rudimentale sistema di soppressione. Ma, allo stesso tempo, definire Iron Harvest 1920+ come un semplice clone dell’acclamata serie Relic sarebbe ingiusto: non c’è nulla di male nell’emulare una formula di successo, a patto che si abbia anche qualcosa da proporre e non ci si limiti a una pedissequa riproposizione sotto altro nome.

Mi raccomando: tenere le vostre squadre in copertura è fondamentale per vincere gli scontri delle fasi iniziali.
Da questo punto di vista, Iron Harvest cerca sicuramente di dire la sua. La varietà fra le fazioni non manca, sia in termini di design che di unità da schierare: se sono inevitabili unità che ricoprono ruoli simili – tutti hanno bisogno di una fanteria di base e di opzioni antimech efficienti – le differenze fra i sassoni, i polaniani e i rusvetici si fanno certo sentire sul campo di battaglia. I problemi, casomai, sono altri: il parco mappe è francamente troppo ristretto per un titolo del genere (appena sei mappe: tre per le 1v1, due per le 2v2 e una per le 3v3), e gli scontri sul campo non presentano quella fluidità o quella pulizia che invece caratterizzano altri titoli. E se queste sono cose che gli si possono perdonare nel corso della campagna, dove il margine d’errore è più ampio e i salvataggi sono sempre una possibilità, nel corso del gioco online non possono che far storcere il naso.
Gli scontri online di Iron Harvest, purtroppo, non brillano per pulizia e fluidità

Nella campagna come in multiplayer, troverete casse di risorse sparse per la mappa. Non lasciatele al nemico!
Per chiudere, qualche considerazione di tipo tecnico. Graficamente, Iron Harvest 1920+ è un titolo più che rispettabile. Non fatevi ingannare facendo paragoni con giochi al di fuori della sua categoria: per un RTS, quello che vedete negli screen qui intorno è indice di buona qualità. Nella campagna singleplayer ho incontrato qualche bug, ma nulla di drammatico. Dove Iron Harvest riesce a stupire, però, è nel suo comparto audio, e in particolare nella colonna sonora, che riesce a catturare le atmosfere allo stesso tempo grandiosamente pompose e tragicamente drammatiche della Grande Guerra. Adam Skorupa e Michal Cieleki si sono decisamente superati, e le loro 60 tracce accompagnano sapientemente il ritmo dell’azione.
In breve: Iron Harvest 1920+ è un titolo che non manca di potenziale. Il contenuto singleplayer è ampio, con tre campagne della durata di qualche ora ciascuna, più varie sfide che, se volete davvero guadagnarvi quella medaglia di platino, vi terranno impegnati a lungo. Dove però deve ancora dimostrare il suo valore è il comparto multiplayer, che presenta poche mappe e un gameplay non pulitissimo. Nulla che non possa essere sistemato con il tempo, in ogni caso.
Piattaforma di Prova: PC
Configurazione di Prova: Ryzen 3600, GTX 1070, 16 GB RAM, SSD
Com’è, Come Gira: Graficamente rispettabile. Sulla configurazione di prova non ho riscontrato cali significativi di framerate, che si è mantenuto stabile sui 60 fps. Qualche bug durante la campagna.