Journey to Foundation – Recensione

PS5 VR

Dopo Apple TV tocca ai videogiochi dare il benvenuto a una delle più fondamentali opere di fantascienza; chissà se gli autori di Doom 3: VR Edition sono all’altezza della sfida.

Sviluppatore / Publisher: Archiact Interactive / Architact Interactive Prezzo: € 37,99 Localizzazione: Testi Multiplayer: Assente PEGI: 16 Disponibile su: PlayStation VR 2, MetaQuest e PICO Data d’uscita: Già disponibile

Journey to Foundation sulla carta sembra un progetto dalla portata stupefacente: un’esperienza in realtà virtuale ambientato nel monumentale Ciclo delle Fondazioni di Asimov, dove vestire i panni di un’agente della Commissione per la Sicurezza Pubblica sulle tracce di un rapimento che nasconde insospettabili sfaccettature.

C’è un contesto incredibilmente affascinante, ci sono sezioni che richiedono approcci assai diversi e il sapore di un’avventura epica si respira già dai primi istanti; sfortunatamente il colosso di cui sopra è destinato prevedibilmente a crollare sotto lo schiacciante peso della sua stessa ambizione. In altre parole, Journey to Foundation è il classico gioco che cerca di fare un po’ di tutto mettendo assieme elementi diversi nel tentativo di creare una sorta di immersive sim in VR, senza però risultare memorabile in nessun aspetto.

PAPÀ, VOGLIO FARTI PROVARE LA REALTÀ VIRTUALE DI JOURNEY TO FOUNDATION!

Questo lo rende un gioco dalla duplice valenza: per i giocatori occasionali – specie se familiari con la narrativa di Asimov – potrebbe addirittura rappresentare un’introduzione ideale alla realtà virtuale, grazie alla sua durata contenuta e al pentolone di idee e meccaniche da cui assaggiare un po’ di tutto e muovere i primi passi in questa affascinante frontiera senza troppi traumi.

Journey to Foundation è il classico gioco che cerca di fare un po’ di tutto, senza però risultare memorabile in nessun aspetto

Del resto, si tratta di un gioco che si presenta bene, con un buon doppiaggio in lingua inglese e una veste grafica piacevole; certo, la natura multipiattaforma impedisce alla periferica SONY di mostrare i muscoli come si deve, ma il character design e la cura grafica svolgono discretamente bene il compito di donare vita a un immaginario letterario tanto celebre. Chi però mastica e respira videogiochi da qualche primavera di troppo rimarrà sicuramente spiazzato dalla banalità di fondo che pervade ogni aspetto dell’opera di Archiact, un po’ un peccato perché il background è indubbiamente di prim’ordine.

Le opzioni belliche verranno ampliate, ma il combattimento resta una mera formalità.

Sicuramente, la parte potenzialmente più affascinante di Journey to Foundation è il dialogo, reso più profondo dalla capacità psioniche della protagonista, l’agente Ward: costei può sondare i pensieri altrui, percependo le emozioni di chi la circonda e arrivando a intuirne le sfumature più interessanti, da rivoltare contro l’ignaro interlocutore per espandere gli argomenti di discussione e portare l’indagine verso nuove direzioni. Interessante, ma purtroppo per procedere nella storia è necessario instradare il dialogo verso una specifica conclusione, e capita spesso di ricominciare d’accapo la chiacchierata più e più volte per non aver azzeccato la risposta giusta a un determinato bivio. È un approccio molto meccanico e forzato che si ripeterà diverse volte nelle otto ore scarse che compongono l’avventura, dilatando artificialmente la lunghezza del gioco e minando l’immedesimazione attraverso labirinti verbali che costringono a ripartire dall’inizio se non viene imboccata la strada giusta.

COME JAMES BOND, MA IN VR È MENO DIVERTENTE

Errori di progettazione a parte, la combinazione di poteri mentali e interrogatori è una bella idea da elaborare con maggiore cura, possibilmente in vista di un seguito giacché il Ciclo della Fondazione si estende per sette volumi. Purtroppo, non si tratta dell’unico passo falso: le aree che compongono questa “galassia tascabile” sono lineari e non si fanno mancare quegli elementi scontati e privi di inventiva di cui i più dozzinali prodotti dedicati alla realtà virtuale oramai paiono saturi, vedi le onnipresenti scalate o i banali enigmi ambientali, da risolvere facendo interagire elementi disposti provvidenzialmente nelle immediate vicinanze. I combattimenti sono ugualmente piatti, con Ward che si muove in maniera lenta e compassata, tanto durante l’esplorazione quanto sotto il fuoco nemico.

Ologrammi dappertutto e un buon uso del colore contribuiscono a caratterizzare l’atmosfera,

Questo vuol dire che la stragrande maggioranza degli scontri si risolve senza eccessivo dinamismo, mettendo le radici dietro il riparo più vicino in attesa che la scarsa intelligenza dei nemici li faccia sporgere quel che basta per essere centrati.

Il riscatto arriva dalla storia che fa da collante a tutto

E la stessa semplicità contraddistingue le sequenze furtive (dove generalmente si rimane immobili per interminabili attimi in attesa che la strada sia libera) e gli immancabili sottogiochi come l’hacking o la forzatura di pannelli. Il riscatto però arriva dalla storia che fa da collante a tutto, un punto che abbiamo abbondantemente stabilito ma su cui ci sembra opportuno soffermarci nuovamente dopo aver calcato la mano sulla frivolezza dei singoli elementi che compongono il titolo.

Il sottogioco dedicato all’hacking è molto più semplice di quanto appaia da questa immagine.

In poche parole, Journey to Foundation è un gioco superiore alla somma delle sue parti: non si tratta di un’esperienza VR particolarmente memorabile, ma l’immersione in un universo plasmato da giochi di potere, intrighi e tradimenti saprà affascinare sia gli storici lettori delle opere di Asimov che i semplici fanatici della fantascienza. Specialmente a loro farà piacere concedersi una pausa di tanto in tanto per consultare l’illuminante enciclopedia integrata con cui apprendere nomi e concetti legati alla Fondazione. E poi, paradossalmente, la breve durata della vicenda lascia spazio a una rigiocabilità sufficientemente indolore, dettata da alcune scelte che permetteranno a Ward di modificare particolari elementi della narrazione.

E poi, paradossalmente, la breve durata della vicenda lascia spazio a una rigiocabilità sufficientemente indolore

Sul fronte del comfort non c’è da lamentarsi: la natura sedata del gioco (anche nei momenti in cui l’azione dovrebbe dettare un cambio di ritmo) non pone il cervello di fronte a situazioni stressanti, e sono comunque conteplate tutte le opzioni possibili per lo spostamento e la rotazione, permettendo anche di regolare l’altezza del cinturone per consentire di impugnare comodamente l’arma anche giocando seduti.

In Breve: Journey to Foundation è un gioco superiore alla somma delle sue parti: l’assoluto pregio dell’opera originale fa da sfondo a meccaniche e idee tutto sommato limitate e già viste, ma che messe assieme riescono a funzionare come tasselli nel complesso e affascinante mosaico che Fondazione è sempre stato. Non aspettatevi però un’esperienza VR rivoluzionaria o particolarmente impegnativa.

Piattaforma di Prova: PS5
Com’è, Come Gira: Journey to Foundation non è certo il gioco che impensierirà esperienze in VR memorabili come Gran Turismo 7 o Call of the Mountain sotto il profilo tecnico e artistico: fa il suo dovere, ma probabilmente la necessità di creare un prodotto anche per MetaQuest e Pico non ha permesso a PSVR2 di brillare come avremmo sperato.

Condividi con gli amici










Inviare

Pro

  • Ambientazione e narrazione intriganti / un'esperienza VR basilare, ideale per i giocatori alle prime armi / Decisioni che aprono la strada a partite successive.

Contro

  • Prese singolarmente, le meccaniche risultano dozzinali e poco interessanti
7

Buono

Il retrogamer della redazione, capace di balzare da un Game & Watch a un Neo Geo in un batter di ciglio, come se fosse una cosa del tutto normale. Questo non significa che non ami trastullarsi anche con giochi più moderni, ma è innegabile come le sue mani pacioccose vibrino più gaudenti toccando una croce digitale che una levetta analogica.

Password dimenticata