Jusant – Recensione

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Jusant è la nuova opera di Don’t Nod tematicamente vicino a Rime e Journey, pronta a condurre il giocatore in un nuovo mondo desolato disseminato di storie, di un passato nefasto e della ricerca di una pace esteriore e interiore, attraverso un’alta torre.

Sviluppatore / Publisher: Don’t Nod / Don’t Nod Prezzo: 24,99 euro Localizzazione: Presente Multiplayer: Assente PEGI: ND Disponibile su: Xbox Series X|S, PlayStation 5, Nintendo Switch Data d’uscita: 31 ottobre 2023

Un ragazzo cammina adagio; ha lo sguardo fisso davanti a sé, gli occhi grondanti di lacrime e non ha più voce per parlare. Il suo cuore scalpita e batte forte, al ritmo del suo dolore. Il respiro è affannato, stanco, le gambe sono deboli e le ginocchia, che ormai si piegano su loro stesse, cominciano a soffrire e a chiedere un po’ di riposo.

Nelle recenti anteprime di Jusant, la nuova esperienza intimista dei creatori di Life is Strange e Harmony: The Fall of Reverie, avevo sottovalutato il suo preludio e cosa intendesse realmente raccontare. Guardandolo con la dovuta attenzione, notando delle caratteristiche inedite e originali, ho riconosciuto qualcosa fra le macerie di una civiltà che un tempo viveva in un quel deserto sferzato dal sangue e dal dolore, ora anche sorretto da un silenzio senza fine, tremendo e opprimente.

DENTRO I LINGUAGGI DI UN TEMPO CHE FU

Mentre andavo oltre, sempre più oltre, come a cercare una ragione in quelle pagine su cui erano presenti degli schizzi di sangue, toccavo le pareti virtuali di Jusant e comprendevo, spostando lo sguardo sui giocattoli di legno di un bambino, quanto fosse importante il linguaggio di un popolo che è consapevole di essere a un passo dalla fine. Le lettere si susseguivano: alcune erano ben nascoste, mentre altre, tenute al sicuro dall’imprevedibilità dell’esistenza, erano adagiate su tavoli, sedie e vecchie statue di un tempo passato. Era un lascito, l’ennesimo, di un momento dimenticato. La sabbia ha preso il posto dei fiumi e dei laghi, del mare e dell’oceano. Non resta niente; solo dei ricordi frammentati e prosciugati.

Un giovane, il suo viaggio e un caro amico.

L’intero racconto di Jusant, sin dal suo primo frame, racconta del viaggio di un ragazzo in un mondo devastato. Nessun fiume, lago, oceano e mare: solo una realtà inghiottita dalla sofferenza, raccontata dai testi che ho trovato sparsi per le abitazioni come dei messaggi per i posteri, adatti a chiunque ricerchi un consiglio e delle parole di conforto. Al loro interno, c’erano testimonianze di esistenze felici e placide, come la giovane Bianca, che non vedeva l’ora di scoprire il mondo. Chissà se lo ha fatto davvero, alla fine, o se purtroppo è dovuta andare incontro a un fato nefasto che non voleva per sé, sognando ben altro.

Viaggiare per trovare sé stessi: a volte può essere la soluzione migliore; talvolta è l’unica speranza

Il racconto di Jusant si focalizza su un viaggio che s’intraprende per creare delle connessioni con cosa rimane del passato. E la sua fluidità narrativa, esprimendosi attraverso gli occhi del silenzioso protagonista, conduce in un mondo privato della sua voce di risonanza, ora prosciugata dalla felicità. Quella pace è stata rotta dall’uomo, che ha sfruttato l’ambiente fino a condurlo a cos’è ora: un’immensa landa desolata e desolante, ormai completamente alla mercé dell’ignoto. Restano le imbarcazioni infilate nella sabbia, le labbra secche e la gola che è in fiamme, desiderosa d’acqua e cibo.

LA GRANDEZZA LUDICA E INTIMISTA DI JUSANT

Le tematiche, chiarissime sin dall’inizio, non appesantiscono la storia del giovane e della creaturina blu, che si ritrovano a percorrere un mondo irriconoscibile. La storia, in effetti, non si racconta platealmente: per comprenderla è necessario raccogliere i vari testi sparsi per il mondo di gioco, osservando i santuari e i simboli disegnati sui muri, una delle forme d’arte migliori per esprimersi perché, oltre a rappresentare l’animo e le speranze di questo popolo ormai dimenticato, offrono diverse interpretazioni. È tutto un non detto, è solo un mostrare: è la magia di Jusant.

La nuova opera di Don’t Nod trasmette pace, non rinunciando alla sua anima intimista

Come tante opere intimiste, differenziandosi però dalle stesse, l’opera del team francese adegua una struttura ludica mai vista prima, tanto originale quanto fresca, diretta a quel pubblico che non può fare a meno dei mantelli di Journey, dei canti di Sky – Children of the Light e dei petali di Flower. Al contempo, la tridimensionalità di Jusant, oltre a concentrare la visuale alle spalle del personaggio, coinvolge sin dall’inizio, presentando un game design focalizzato interamente sulle scalate e le abilità della creatura blu che il protagonista – di cui non si conosce il nome – utilizza per avanzare nell’esperienza. Ogni arrampicata è diversa dall’altra, così come ciascun appiglio: per riuscire a raggiungere un luogo sopraelevato, qualunque esso sia, è necessario controllare il proprio vigore e fermarsi per riprendere fiato, quando è necessario.

Arrampicarsi non è mai stato così coinvolgente.

La produzione, in tal senso, offre sfide ambientali sempre diverse. Talvolta potrebbe essere la soluzione giusta usare il raziocinio, mentre altre volte la soluzione può cambiare inaspettatamente. L’unico modo per avanzare, infatti, è sapere dove mettere le mani – anche se da questo punto di vista l’opera è intuitiva. La gestione della corda, sapientemente proposta nella struttura di gioco, consente di balzare da una sponda e l’altra di un dirupo, di scendere e salire a proprio piacimento, abbassando in seguito dei ponti.

Enigmi ambientali, arrampicate e… tanto, tantissimo altro

Poteva essere molto rischioso proporre una struttura di gioco concentrata unicamente sulle scalate, ma Don’t Nod ha saputo trovare il giusto connubio, equilibrando un videogioco originale e toccante, capace di legare due anime in una singola espressione, sorretta dalla consapevolezza di aver creato qualcosa di speciale in genere che ha già nomi altisonanti come Rime, che conduceva in un luogo da sogno, tra sogno e mito. Jusant, però, fa tanto altro: mischia il game design con una storia toccante e da favola, trovando un compromesso con l’esplorazione e delineando, al contempo, aree aperte totalmente esplorabili in cui si trovano lettere, oggetti e documenti. La creaturina blu, che il protagonista stringe a sé, è un animaletto piccolo e docile: è alla costante ricerca di qualcuno che si prenda cura di lui.

Ogni luogo ha una sua storia da raccontare: leggere i documenti potrebbe spiegare cos’è accaduto in questo mondo.

Avevo erroneamente pensato che potesse essere un peso morto come qualunque altro comprimario secondario con l’aspirazione di essere inarrivabile e di soppiantare il protagonista principale; al contrario, invece, si è dimostrato una spalla di cui andare fieri. È utile soprattutto per risvegliare dei fiori appassiti con il suo canto, consentendo di potersi arrampicare senza alcune interruzioni.

Un viaggio che porta a domandarsi quanto il game design di The Legend of Zelda abbia fatto bene al panorama dei videogiochi

Come accennavo prima, Jusant è vario: non propone mai le stesse situazioni e i medesimi enigmi, trovando un’originalità notevole, davvero notevole e inaspettata, in grado di elevare al suo massimo il game design, che si rivela tanto semplice quanto potente. C’è una storia, intensa e particolareggiata. C’è una storia, carica di messaggi finali ed emozioni. E c’è un obiettivo: raccontare una storia. Don’t Nod si è superato ancora una volta, dimostrando quanto ancora abbia da dire in un panorama così vasto e caotico, concludendo un mese di grandi uscite.

In Breve: Jusant è un’opera coraggiosa, intensa e particolareggiata. Densa di originalità, con una trama brillante e intelligente, racconta di uno spaccato del mondo che si esplora attraverso lunghe traversate e arrampicate sempre diverse, ma comunque complesse. Forte di una struttura ludica appassionante, coinvolgente e ben implementata, è la prova della passione di Don’t Nod, che si prepara a lasciare il segno in un panorama che ormai conosce da diciassette anni.

Piattaforma di Prova: Xbox Series X
Com’è, Come gira: La produzione procede senza intoppi di alcun genere. Liscia, piacevole da vedere e con una grande, grandissima direzione artistica.

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Pro

  • Struttura ludica sopraffina, ben amalgamata con il contesto / Storia che racconta di un mondo che fu, e che non è più / Tante tematiche ambientaliste al suo interno

Contro

  • Un maggiore approfondimento del mondo avrebbe giovato / Sentire la voce del protagonista, forse, avrebbe coinvolto maggiormente
8.7

Più che buono

Cosa succede se unite letteratura, tanta curiosità e un mix letale di videogiochi indipendenti e di produzioni complesse? Otterrete Nicholas, un giovane virgulto che scrive tanto e vuole scrivere di più. Chiamato "Puji" ben prima di nascere, dovete dargli una penna per tenerlo calmo. O al massimo un pad.

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