Che fine farà l’eredità PlayStation?

In totale, considerando le tre piattaforme colpite da questo provvedimento, scompariranno circa 120 videogiochi esclusivamente digitali non disponibili altrove

La domanda a questo punto è una soltanto: se un domani volessi giocare (legalmente, meglio specificarlo) a uno di questi videogiochi e non li avessi acquistati prima della chiusura dei negozi digitali delle rispettive piattaforme, cosa dovrei fare? La risposta, per ora, è solamente una: non potrei. Non è tuttavia un caso che abbia scritto “per ora”, perché pare che Sony stia lavorando a un sistema che permetta l’emulazione dei videogiochi per le prime tre console casalinghe PlayStation.

playstation store ps3 PS Vita

Bistrattata dalla stessa Sony, PS Vita è comunque una piattaforma niente male per i videogiochi indipendenti.

Resta però un dato di fatto: il colosso giapponese appare drammaticamente indietro sul versante della retrocompatibilità, e dunque in tutto ciò che concerne il mantenimento e la valorizzazione della sua preziosissima eredità. Forse da questo punto di vista dovrebbe davvero prendere spunto da Microsoft che, anche a causa di alcuni fallimenti nella scorsa generazione, ha deciso di puntare in maniera massiccia sulla cultura del passato.

il solo Team ASOBI che avrà l’unico compito di sviluppare software legato al franchise degli Astro Bot

Eppure ho l’impressione che tutto sommato alla Sony di oggi non interessi più di tanto coltivare il suo glorioso passato. Ne avevo già avuto il sentore una decina di anni fa, alla notizia della chiusura di Studio Liverpool (ex Psygnosis), ora confermato dal recente ridimensionamento di Japan Studio e conseguente esodo di numerose personalità di spicco che hanno contribuito a rendere grande il brand e l’ecosistema PlayStation. La storica realtà autrice di Ape Escape, LocoRoco, i purtroppo sottovalutati Gravity Rush, o il delizioso Puppeteer e lo sperimentale Rain di fatto non esiste più. Dallo scorso 1° aprile è rimasto il solo Team ASOBI che avrà l’unico compito di sviluppare software legato al franchise degli Astro Bot, mentre l’attività di curatela e supporto agli studi giapponesi indipendenti è stata strappata dalle mani di Japan Studio per essere accorpata alle mansioni dei PlayStation Studios.

È stato un passaggio graduale, ma anno dopo anno Sony si è allontanata sempre di più dal Giappone

Sia la chiusura degli store digitali su PS3, PS Vita e PSP, che il parziale dissolvimento di quello che finora ha rappresentato il fiore all’occhiello della scuderia PlayStation sembrano segnali che ci troviamo alla fine di un’era. È stato un passaggio graduale, ma anno dopo anno Sony si è allontanata sempre di più dal Giappone per dedicarsi alla concezione occidentale del videogioco. Preciso che di base non c’è nulla di sbagliato in questa politica, soprattutto se poi ci regala perle del calibro di The Last of Us, God of War, Uncharted, e altri titoli eccellenti che hanno fatto capolino sulle nostre console. L’errore, a mio avviso, risiede nel rinnegare il passato: magari non vi è stata una dichiarazione esplicita in tal senso, ma l’impressione che mi hanno dato tutte queste mosse della compagnia nipponica è proprio quella di chi vuole dimenticare ciò che le ha permesso di diventare così grande. Per questo mi chiedo: è davvero impossibile provare a conciliare entrambe le anime della divisione PlayStation, una più moderna e marcatamente occidentale, e l’altra più tradizionalmente giapponese che valorizza il suo passato? Solo il tempo potrà dircelo.

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