Stridula appare fin da subito come una vittima delle circostanze, che tuttavia va combattuta per evitare l’espansione della contaminazione
FUGA VERSO IL PASSATO
Una creatura nata dall’oscurità che non ha mai conosciuto la luce, e verso cui man mano che si procede con l’avventura diventerà molto difficile non provare almeno un po’ di empatia. Stridula appare fin da subito come una vittima delle circostanze, che tuttavia va combattuta per evitare l’espansione della contaminazione dovuta al declino della luce. Grazie al personaggio di Stridula la narrazione di Ori and the Will of the Wisps assume una connotazione molto più greve rispetto alla trama del primo capitolo. Le tinte fosche dell’intreccio narrativo si ripercuotono anche sulla direzione artistica intrapresa da Moon Studios nella caratterizzazione di Niwen: al di là della radura in cui è presente l’ultimo villaggio, il continente si estende verso terre desertiche quasi del tutto prive di vita, fino alle vette innevate e malinconiche dove il tempo stesso sembra essersi congelato, passando per le profondità sotterranee in cui la luce è stata bandita.
In ognuna di queste zone viene messa in risalto l’altra grande novità di questo sequel: gli scontri con i boss. Se nel diretto predecessore queste assumevano la forma di sezioni di fuga, adesso queste ultime vengono integrate all’interno di vere e proprie boss fight multi-stadio. Ori si ritrova dunque a combattere dei mostri ben più coriacei e letali rispetto agli altri presenti nel gioco, dovendo fargli fronte sfruttando non solo le nuove capacità marziali, ma anche le sue rinnovate abilità atletiche. Questi combattimenti rappresentano una delle sezioni più riuscite di tutto il gioco, nonché più toste. A tal proposito, la difficoltà generale è di gran lunga più elevata rispetto al primo episodio. Nulla di insormontabile, intendiamoci, anche perché la curva di difficoltà assume una crescita graduale e il gioco si prende tutto il tempo necessario a introdurre a dovere ogni singola meccanica, a partire da quelle riprese dal predecessore fino a quelle introdotte in occasione del sequel.

Il rospo Kwolok è una figura centrale nella narrazione: un guardiano benevolo che aiuterà volentieri il piccolo spirito della foresta.
In linea di massima, si ha l’impressione che ogni fallimento dipenda esclusivamente dalle capacità del giocatore dal momento che la struttura di gioco non risulta mai ingiusta. Anzi, ogni dente di ogni singolo ingranaggio è stato limato affinché funzioni alla perfezione all’interno di quel grande marchingegno che risponde al nome di Ori and the Will of the Wisps, un’opera di altissima caratura che migliora ed espande il già notevole lavoro svolto da Moon Studios cinque anni fa, e che va così a occupare il posto che si merita all’interno del pantheon dei metroidvania, accanto ai mostri sacri che hanno fatto la storia del relativo genere di appartenenza.
In breve: Ori and the Will of the Wisps è la naturale evoluzione di un’opera già di per sé ottima, un capolavoro che diventerà una pietra miliare e un metro di paragone per chiunque vorrà cimentarsi nel genere dei metroidvania. Il videogioco sviluppato da Moon Studios riesce a toccare nel profondo l’anima di chi vorrà dedicargli il tempo necessario a comprenderne davvero le dinamiche, non solo ludiche ma anche artistiche e narrative. Siamo al cospetto di una favola moderna con in dote una morale che dovrebbe essere accolta da tutti e applicata senza riserve nel quotidiano. Dunque fate attenzione: giocare a Ori and the Will of the Wisps potrebbe rendervi delle persone migliori.
Configurazione utilizzata: Ryzen 5 3600X, 16 GB RAM, GeForce RTX 2070 Super, SSD
Com’è, come gira: L’ultima fatica di Moon Studios gira alla perfezione sulla configurazione impiegata per questa recensione, sia in FullHD che in 4K. Dopo la pubblicazione della patch day one non si notano problemi di nota.