L’ARCHITETTURA ZEN3 ABBANDONA LA SUDDIVISIONE DELLA CACHE, RENDENDO I CORE CHE NE FANNO USO PIÙ VELOCI PER IL GAMING
UN NOTEVOLE AUMENTO DELL’IPC
La vera rivoluzione di Zen 3 è il considerevole miglioramento dell’IPC, vale a dire il numero di istruzioni macinato dalla CPU in ogni ciclo di clock. AMD sostiene di aver fatto un passo avanti notevole, pari al 19%, rispetto alla precedente architettura Zen 2 (che a sua volta era il 15% più efficiente delle precedenti Zen e Zen+). Si noti bene che si tratta di un valore medio, calcolato sul comportamento di una vasta quantità di applicazioni: ci sono programmi che beneficeranno meno dei cambiamenti effettuati sull’architettura e altri che, al contrario, daranno risultati ancora più incisivi. Anche in questo caso, AMD ha fornito una serie di esempi pratici:
Come possiamo vedere ingrandendo l’immagine, si tratta principalmente di giochi e programmi comunemente usati come benchmark ma, di fatto, costituiscono una rosa decisamente rappresentativa del “mondo reale”, fatto di applicazioni di ogni tipo. L’aumento dell’IPC è direttamente proporzionale a quello delle performance di ogni singolo core presente sulla CPU, fino a ieri il tallone d’Achille che permetteva a Intel di avere comunque la meglio quando il calcolo parallelo non era così importante. La situazione, con Zen 3, è profondamente cambiata al punto che, secondo AMD, un Ryzen 9 5900X supera del 14% il punteggio ottenuto da un Core i9 10900K al test single core di Cinebench R20. Purtroppo non abbiamo un Core i9 10900K a disposizione con cui confermare o confutare la tesi, ma fortunatamente abbiamo potuto installare il più recente Cinebench R23 sia sul nostro testbed, sia sul Legion T5 di Lenovo che abbiamo recensito pochi giorni fa, dotato di un Core i7 10700K (dalle prestazioni a singolo core piuttosto simili) e il risultato ottenuto conferma le proiezioni di AMD: il Core i7 10700K ottiene infatti 1245 punti al test single core, mentre il Ryzen 9 5900X ben 1624, un 30% in più. Anche al netto delle diverse frequenze di lavoro (e di prezzo, circa 200 euro), si tratta comunque di una differenza considerevole.
Il “miracolo” è dovuto a una lunga sfilza di ottimizzazioni e di cambiamenti operati da AMD nel disegno dell’architettura, modificata rispetto a Zen 2 in tutti gli step dell’elaborazione. Al di là della riorganizzazione dei core, a cui abbiamo dato maggiore spazio perché maggiormente incisiva per i videogiochi, AMD ha operato anche sul front-end, sugli execution engine e sul load store, migliorando in modo considerevole il funzionamento del branch predictor e riducendo i tempi d’attesa ovunque fosse possibile.
I NOSTRI TEST
La CPU Ryzen 9 5900X è una soluzione di alta gamma dal prezzo tutto sommato accessibile: 549 dollari esentasse che, una volta tradotti in Euro e applicata l’IVA al 22%, si trasformano in poco più di 570 euro. Ha un consumo stimato di 105 watt, dispone di 6 MB di cache L2 (512K per ciascun core) e 64 MB di cache L3, 32 MB per ciascuno dei due die montati sotto la scocca. I core dialogano con la memoria RAM e con il resto del computer attraverso un terzo chiplet che si occupa delle operazioni di I/O, sobbarcandosi i compiti che in tempi remoti erano affidati al Northbridge, e che AMD ha ‘separato’ dai core – ma mantenuto fisicamente all’interno della CPU – per poter evolvere i due elementi con maggiore libertà.
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