Un pianeta ostile. Una missione fallita. Conti in sospeso, easter egg che diventano plot twist, labirinti da esplorare cercando power up laddove nel 1980 cercavi agli angoli della schermata quelle palline che rendevano i fantasmi mangiabili. Shadow Labyrinth però a volte soffoca sotto il peso di tutto questo.
Sviluppatore / Publisher: Bandai Namco Studios / Bandai Namco Entertainment Prezzo: €29,99 Localizzazione: Testi Multiplayer: No PEGI: 12 Disponibile su: PC (Steam), PS5, Nintendo Switch 2 Data d’uscita: 18 luglio 2025
Se davvero nello spazio nessuno può sentirti urlare è a quello che appartiene Shadow Labyrinth. Solo l’assenza di un mezzo per propagare il suono è possibile urlare, certi di non essere sentiti, quando si incappa in un game-over e l’ultimo checkpoint è diverse schermate più indietro. Non è sempre colpa del gioco, eh.
Il level design è ostile quanto il pianeta
Te la sei voluta rischiare e non hai consumato uno dei globi che ripristinano la salute – l’equivalente delle fiaschette Estus di Dark Souls. Non hai aperto la mappa e visto che c’era un checkpoint lì vicino da attivare. O ancora non sei voluto tornare indietro fino al punto di salvataggio per ricaricare i globi e adesso sei costretto ad affrontare l’area con una sola barra di vita. Più spesso però la colpa è di Shadow Labyrinth e del suo level design, ostile quanto il pianeta su cui si svolge tutta la vicenda.
SHADOWS OF THE COLOSSI
Forse c’è un messaggio nemmeno troppo celato in queste scelte che irridono qualunque concetto di Quality of Life per confezionare un metroidvania così grezzo, a tratti punitivo e altre volte sconfortante nella sua assenza di cerimonie. In sala giochi dopotutto era così, e il brodo primordiale da cui nasce non solo Pac-Man, ma quasi tutto il materiale che poi Shadow Labyrinth sfrutta ora per qualche cameo, ora per la narrativa vera e propria, è quello del cabinato.
Shadow Labyrinth per certi versi è di un’altra epoca, nel bene e nel male
Non è che Shadow Labyrinth non sia per tutti, a volte sembra proprio che voglia essere per quel pubblico lì. Non è solo una questione di checkpoint disposti come oasi nel deserto o di densità dei nemici a schermo, ma proprio di soluzioni richieste per risolvere i puzzle ambientali. Bisogna saper leggere i pattern per attraversare alcune sezioni o per sbloccare quel potenziamento opzionale – che però magari ti serve per potenziare le abilità oltre un certo livello o per equipaggiare più perk nella tua build, quindi opzionale fino a una certa – e diventa una questione di trial-and-error da arcade di un’altra epoca. Oppure si decide di barare, accettando di prendere danni e confidando che più avanti ci sia un salvataggio o almeno un checkpoint.
Shadow Labyrinth fa male e a volte sembra proprio progettato (per far?) male. Eppure c’è un certo fascino dietro l’idea di dover usare schivata e rampino evitando i proiettili che vengono lanciati dai nemici per riuscire ad arrivare a quella che pensi – speri – sia la porta per raggiungere la prossima area. Quando hai eliminato tutto quello che può toglierti vita e riattraversi un pezzo di livello ti rendi conto che, forse, un disegno più alto c’era, perché senza pericoli a schermo è un altro gioco, incapace di parlare per sottrazione.
ESCAPE THE MAZE
La componente “Metroid” di Shadow Labyrinth non brilla. Per essere Metroid serve un architetto che pensi il gioco per farti muovere veloce e perché si possa finire in una manciata di ore. Bandai Namco qui di ore ne richiede 30, ha stipato la mappa di segreti e per quanto abbia i suoi momenti e dietro ci sia un’idea il level design, alla fine, è probabilmente l’anello più debole della catena.
non lo si può affrontare grindando e basta

Ah, sì, l’ho detto che ci si può trasformare in un mecha invulnerabile e che serve per superare alcuni ostacoli ambientali?
E per quanto il level design non sia eccezionale si possono usare i punti di salvataggio per spostarsi velocemente tra questi (a differenza di un Metroid).
Più “vania” che “metroid”, ma tutto sommato funziona.
PUNK-MAN MUSEUM
Il vero piatto forte è qui, nelle botte. Più che negli elementi presi dal portfolio delle serie arcade Bandai Namco, più che nelle sezioni “alla Pac-Man” e nei labirinti che ne riprendono ancor più direttamente la formula remixandola in un contesto più action. Chi gioca per questi omaggi troverà sicuramente tanto fanservice di cui godere, spesso e volentieri anche ben contestualizzato e usato con garbo.
c’è un certo fascino perverso che permea l’esperienza
Fallendo se, forse, l’obiettivo era quello di creare un universo narrativo in cui ambientare altre opere (o meglio, portarlo al grande pubblico mettendolo sotto i riflettori) ma non soffocando l’esperienza sotto il peso degli omaggi. Sotto quello di un’ambientazione non resa al massimo, però, sì: con negli occhi l’episodio visto in Secret Level era forse lecito aspettarsi qualcosa di più dal punto di vista visivo, e invece alla fine c’è qualche scorcio, soprattutto se si apre l’artbook, ma poi in-game di memorabile resta davvero poco.
In breve: Shadow Labyrinth è una pazzia che da dire ha pure diverse cose, ma un po’ come il suo protagonista sprovvisto di bocca non riesce sempre a comunicare come vorrebbe, ritrovandosi in balia degli eventi. Un po’ più di quality of life non avrebbe guastato (invece pure i segnalini da mettere sulla mappa vanno sbloccati), eppure per qualche motivo c’è un certo fascino perverso che permea un po’ tutta l’esperienza. E non dipende solo dal fatto che un Pac-Man così dark non si era mai visto.
Piattaforma di prova: PS5
Com’è, come gira: Ogni tanto capita di colpire una spina o un altro ostacolo che “ricarica” la schermata e ritrovarsi nel punto sbagliato, ma di solito questo punto è oltre l’ostacolo che si stava superando quindi buona notizia per chi vuole imbrogliare (fino alla prima patch). Per il resto niente da segnalare.