The Bitmap Brothers - Parte 1 - Come le rockstar

I giovani Bipmap Brothers volevano che il mercato dei videogiochi mettesse in primo piano gli sviluppatori, più che i publisher, come già avveniva per la musica o il cinema

Il mercato dei videogiochi aveva quindi bisogno di una svolta simile, in grado di fornire il giusto riconoscimento ai creatori dei videogiochi: una decisione che aveva funzionato con la Activision e che avrebbe funzionato anche con i tre amici, con una marcia in più, però. Volevano promuovere loro stessi oltre ai giochi, rendendosi immediatamente riconoscibili come delle rockstar informatiche.

bitmap brothers

Da qualche parte bisogna iniziare. Possibilmente non convertendo QL Karate, ma va bene lo stesso.

Un’idea (di nuovo, ché le buone idee le ha sempre qualcun altro prima di te) che aveva fatto la fortuna di Zzap!, Crash e tutte le altre testate di Newsfield, con i loro redattori superstar, applicata, stavolta, direttamente a chi i giochi li creava. Per questo su quelle stesse riviste cominciarono a apparire foto di questo nuovo trio di sviluppatori con un inedito taglio cool, spesso in bianco e nero e con occhiali scuri, in pose che non avrebbero sfigurato sulla copertina di un qualsiasi album dei Duran Duran.

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Quella piccola digitalizzazione sulla destra era una finestra sul futuro, nel 1987.

Da qualche parte bisognava comunque iniziare: lasciati i vecchi posti di lavoro, per un po’ si coordinarono per lavorare singolarmente da casa, ponendosi traguardi e incontrandosi una volta a settimana in qualche pub londinese per tirare le somme, ma presto capirono che una sede operativa era indispensabile, e finirono per affittare uno studio nell’East London. Tra i primi investimenti fatti ci fu un esperto di relazioni pubbliche, e da lì venne l’idea delle foto. Voi vecchiacci bavosi magari ricordate quando Eric venne a trovare noi di TGM al SIM HI-FI IVES, credo nel 1989: occhiali da sole sempre presenti nei padiglioni della fiera di Milano, con la luce artificiale e a Settembre!

La colonna sonora di Xenon, firmata da David Whittaker, era davvero fuori parametro

Erano uniti, un attimo coatti e dediti all’arte digitale, come il nome Bitmap Brothers lasciava intendere; mancava solo un titolo d’esordio in grado di dimostrare che c’era anche della sostanza, oltre all’apparenza fino ad allora mostrata, e questo non tardò ad arrivare, dopo un intero anno di sviluppo. Xenon esce nel 1987 ed è subito accolto come il primo coin-op a sedici bit: ha l’estetica e la giocabilità di una macchina mangia gettoni, tanto che sono molti i redattori a credere che si tratti della conversione di qualche misconosciuta macchina arcade. È in realtà vero il contrario, poiché in seguitò giungerà in sala giochi attraverso la rarissima scheda Arcadia basata su Amiga, sviluppata da Mastertronic.

Il coin-op Arcadia funzionava bene o male come il Playchoice 10 di Nintendo: inserisci i soldi e compra del tempo per giocare. Equo.

Si tratta di uno sparatutto a scorrimento verticale, tecnicamente superbo e caratterizzato da una eccellente pulizia grafica, fattori che diverranno una costante nella futura produzione dei Bitmap Brothers. La caratteristica principale è la duplice natura del nostro mezzo, un caccia che può trasformarsi un un blindato terrestre, alternando lo scorrimento verticale forzato ad un movimento multi direzionale libero, una volta compiuta la rapida trasformazione, indispensabile per avere la meglio contro i bersagli a terra. Bisogna trasformarsi a seconda della situazione per eliminare minacce aeree o terrestri, anche se alcune sezioni costringono a utilizzare una sola modalità.

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“ICE CREAM, ICE CREAM!”. Anzi no, non ancora; Brutal Deluxe sarebbe arrivato qualche anno più tardi.

In Xenon c’è già tutto quello che lo smanettone anni Ottanta può volere, al di là della presentazione spacca mascella, sottolineata da una colonna sonora di David Whittaker che lascia il segno. Oltre a armi extra, azione intensa e grossi boss di fine livello, il gioco mostrava immediatamente una cura infinita nei particolari, come la breve animazione digitalizzata iniziale, dove il Capitano Xod (sempre il solito Eric, sempre i soliti occhiali scuri, anche se la capigliatura era stata migliorata da Mike con un tocco di Deluxe Paint…) augura buona fortuna al videogiocatore. Un’inezia, al giorno d’oggi, tuttavia era qualcosa di fantascientifico nel 1987. E il successo venne confermato l’anno dopo con Speedball, futuristico incrocio tra la pallamano e il film del 1975 Rollerball (qui potete acquistare il secondo capitolo in HD). Stessa grafica metallica di Xenon, migliorata con l’aiuto del talentuoso grafico Mark Coleman, e una giocabilità di tutto rispetto in una rissa sportiva entrata di diritto nella storia del videogioco

Sapevate che Speedball doveva essere un gioco di tennis con visuale dall’alto?

Sapevate che inizialmente doveva essere un videogioco di tennis, commissionato da uno sconosciuto publisher? Sì, con visuale dall’alto, come il vecchio Passing Shot di SEGA, solo che non se ne fece nulla e i Brothers decisero di trasformarlo nel rissoso sport del futuro che tanto abbiamo amato, dopo una nottata al pub! Due giochi e due grandi centri: il futuro non poteva essere più roseo, tuttavia mancava ancora qualcosa alla squadra, come aveva rivelato Steve Kelly in un’intervista apparsa sulla rivista ST Format. Grafica e programmazione erano al top, e bisognava lavorare sul sonoro. Chissà se Steve poteva immaginare cosa avrebbe rappresentato il loro prossimo gioco per il panorama dell’audio su Amiga…

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