Neo 2D: il Rinascimento delle due dimensioni – Speciale

BLASPHEMOUS E HYPER LIGHT DRIFTER, CIASCUNO A MODO LORO, PRESENTANO PIXEL ART INCREDIBILMENTE CONTURBANTI, SICURAMENTE FRA I PRODOTTI PIÙ NOTEVOLI DELL’ULTIMO DECENNIO

Un lavoro di artigianato pazzesco quello svolto da The Game Kitchen, une delle pixel art più conturbanti degli ultimi 10 anni, primato condiviso con Heart Machine e il folgorante Hyper Light Drifter. Toni acidi che sembrano aver sciolto il mondo, visuale dall’alto come un A Link to the Past qualsiasi e la sensazione che qui Ganondorf abbia vinto e spadroneggiato per parecchio tempo. Quei viola, lilla, fucsia sembrano produrre una nube tossica inebriante, pronta ad uscire dallo schermo e farci collassare i polmoni dopo un solo respiro. Velenoso e bellissimo.

Perché oggi è tutto più sparpagliato, le uscite si rincorrono e vanno consumate “novelle”, senza invecchiare in barrique, il mercato è sovraffollato come la Kasbah di Marrakech; ma mettendoli tutti in fila ci si rende conto di quanta classe abbia tirato fuori il panorama 2D in pixel art negli ultimi anni, in qualsiasi genere (e spesso resuscitandoli, addirittura). Dal ritorno di Ron Gilbert in Thimbleweed Park al talento straordinario dell’altro Gilbert, Dave, capace quasi da solo di tenere in piedi il punta-e-clicca moderno con avventure memorabili come The Shivah, The Blackwell (5 capitoli dal 2006 al 2014) e Unavowed; serviva un nuovo Tony Hawk? Ecco Roll7 con OlliOlli. Quanto sarebbe bello veder rivisitata in chiave moderna l’idea di gameplay di Elevator Action? Ci pensa ancora Roll7 con Not a Hero, edito da Devolver, portabandiera del videogioco di genere, con un palmares che vanta Katana Zero, The Messenger, Minit, Luftrausers, Carrion.

Una miniera di colori, situazioni, animazioni e giocabilità che spesso non ha nulla da invidiare ai “bei giochi di una volta”, da venerare, sì, ma senza fare i bigotti. Ma c’è anche chi non si accontenta.

DAI PIXEL AL DISEGNO

E forse un po’ per pregiudizio verso le major, che spesso vediamo come corporation assetate di soldi a scapito della creatività (a volte beccandoci, sicuramente), o magari perché alla fine a quella mossa non è stato dato il seguito meritato/sperato, ci si dimentica di come Ubisoft sia stata in prima fila quando il movimento su due assi stava tornando alla ribalta. Un motore spettacolare, UbiArt Framework, e tre opere uniche come showcase delle sue potenzialità: Rayman Origins (2011), Child of Light (2014), Valiant Hearts: The Great War (2014). Michel Ancel è un pioniere, uno che non si tira indietro quando c’è da sperimentare, spesso anche rimettendoci la reputazione davanti al pubblico, come dimostrano gli eterni incompiuti Wild e Beyond Good & Evil 2; l’uomo giusto, nel posto giusto, in compagnia del personaggio giusto! Otto anni dopo l’ultimo capitolo principale, Rayman 3: Hoodlum Havoc, si ritorna alle due dimensioni, e l’azzardo si trasforma in un successo immediato.

Neo 2D

Rayman Origins è dinamite pura e in un colpo solo si prende lo scettro di miglior platform 2D in circolazione (conteso da Super Meat Boy, mentre Nintendo con la serie New Super Mario Bros. arrancava un po’ e come punta di diamante poteva schierare solo l’ottimo Donkey Kong Country Returns su Wii), di miglior “roba da vedere” capace di girare su una macchina da gioco e di titolo più amato da critica e pubblico; era veramente impossibile non innamorarsi. Tecnica sopraffina, controlli perfetti e forse i livelli subacquei più belli di sempre (croce di ogni platform).

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