Come il videogioco racconta la depressione

THIS IS IT, MADELINE

“Avevi ragione, Theo. Non avrei dovuto aver paura di lei. Se lavoriamo insieme, penso che si possa finire la scalata.”

Il momento in cui Madeline accetta “Parte di Lei”, stringendola a sé e confessandole di averne bisogno come mai prima d’ora, è anche il momento in cui si dimostra davvero pronta a raggiungere la vetta del monte Celeste, a sfidare il freddo e perdonare i propri fallimenti, a risalire dal punto più basso raggiunto nella sua vita fin su verso la cima, lì dove l’aria è più pura e si può vedere l’orizzonte, il futuro. «Abbiamo sentito il bisogno di mostrare al giocatore la stessa gentilezza che avremmo voluto ricevere noi stessi» ha raccontato a Kotaku Maddy Thorson, pochi mesi dopo l’uscita di Celeste, nel 2018. Una gentilezza distillata in un bilanciamento perfetto tra difficoltà e accessibilità del gameplay e tra metafore e dialoghi sinceri e senza fronzoli, sintetizzata in un lungo abbraccio dopo quello che sembrava essere un colpo fin troppo basso anche da parte di un gioco che non ha mai risparmiato severe lezioni sulla perseveranza e sulla dimestichezza con meccaniche da platform 2D. Un messaggio universale: non c’è nulla di cui vergognarsi nell’essersi ammalati di depressione.

depressione

Come spiegato dal professor Bernardo Carpiniello sulle pagine del sito fondazioneveronesi, una percentuale molto alta di persone oggi non ricorre alle cure, perché la depressione non viene percepita come una malattia da curare o per non ammettere di esserne afflitti, e anche quando si trova la forza di chiedere aiuto non è affatto detto che il supporto ricevuto sia adeguato. La stessa Madeline apre il suo cuore all’avventuriero Theo, confessandogli di non aver mai parlato della sua depressione e degli attacchi di panico con nessuno se non con sua madre. E nonostante lui le tenda la mano e le sia di enorme aiuto durante alcuni tratti cruciali del viaggio, manca ancora qualcosa per portare a termine la missione: parlare con quella “Parte di Lei”, comprendere le sue paure, mostrare loro compassione. Esattamente come è stato per Thorson: «Sapevo già dall’inizio che Madeline sarebbe dovuta cadere dalla montagna. Volevo che dopo finisse la scalata, ma non sapevo bene come inquadrare il tutto. I dettagli sono arrivati nel momento in cui ho iniziato a capire meglio la mia stessa depressione.»

TUTTI ABBIAMO BISOGNO DI UN PO’ D’AIUTO, OGNI TANTO

“Penso di aver pianto senza sosta fino ai nove anni. E poi ho ripreso a piangere continuamente verso i 13.”
“Hai passato ben tre anni a non piangere!”
“È stato un periodo molto produttivo.”

Le note di “Back to the Holler” rendono superflua ogni descrizione dello stato d’animo di Mae al suo rientro a Possum Springs ad autunno ormai inoltrato, quando gli scoiattoli corrono ai bordi delle strade con le ghiande tra i denti, preziose risorse per un inverno ormai alle porte. Il rosso e l’arancio delle foglie secche fanno a pugni col nero dell’asfalto esattamente come la familiarità di visi e luoghi rivisti dopo due anni di assenza e la sensazione che tanto sia cambiato in quel lasso di tempo.

Continua nella prossima pagina…

Articolo precedente

A Quiet Place 2 - Recensione

Articolo successivo
monster hunter recensione

Monster Hunter - Recensione

Condividi con gli amici










Inviare

Password dimenticata