Le Luci di Senua’s Saga: Hellblade II – Speciale

Senua’s Saga: Hellblade II

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Le Luci di Senua’s Saga: Hellblade II – Speciale

Se non avete ancora concluso Senua’s Saga: Hellblade II, sappiate che questo articolo è pieno zeppo di spoiler spoilerosi. Al suo interno, inoltre, c’è il contributo di Betta VP, un’esperta di fotografia virtuale. 

Tutto è nato dalle ombre, dalle paure, dallo smarrimento e dalla perdita. Poi ci sono le luci, quelle vere e reali, quelle che Senua’s Saga: Hellblade ha portato con sé. Quel senso di vuoto che Senua, in Hellblade, lo conosce chi ha perso qualcuno. Non è questo il punto: uscire dalla propria consapevolezza e annullare quell’amore per affrontare la propria mente, fronteggiare quel nemico che appare nascosto nel buio, intento a colpire all’improvviso, con la lama ben salda fra le dita.

Sono le sinapsi che esplodono, mille voci che parlano contemporaneamente ed esortano a mollare, a non andare avanti, a lasciare stare e a perdersi. La follia di un’esistenza sospesa fra la paura e il senso di smarrimento, con la consapevolezza che niente, neppure l’evento più traumatico, è peggio di quel viaggio nella propria mente.

TUTTO IL PESO DEL MONDO

Siamo stati abituati, anche grazie all’epica, alla letteratura e al cinema, ad approcciare i personaggi con la stessa enfasi che si ha quando l’acqua diventa la cosa migliore al mondo. Quel sentirsi dissetati dopo averla mandata giù ravviva, rimette in sesto e fa vedere il mondo da un altro punto di vista. È lo stesso che accade quando un protagonista che amiamo, dopo una vita passata a vivere isolata, si ritrova nelle parole di qualcun altro. Negli abbracci di qualcun altro. Nel tocco che, delicato e posato, rimette in sesto tutto.

Gli occhi del terrore.

Anche cosa non si dà per scontato. L’oscurità esiste perché così si possa tornare alla luce, dice qualcuno. Lo avevo ascoltato in Daylight, che è una canzone stupenda, una delle più belle degli ultimi dieci anni.  Me lo sono detto quando la vita di Edith Finch mi sembrava più incasinata di quanto immaginassi, ma non avevo capito che, guardando nella profondità dello specchio in camera mia, alla fine vedevo la stessa oscurità che mi ha mostrato Senua’s Saga: Hellblade II. Nei contro della recensione, ricordo di aver messo che alcuni luoghi bui potrebbero inquietare. Per larga parte dell’opera (a dire il vero, nella seconda porzione della pubblicazione), il buio è propagato ovunque. Trascende la perdita, appesantisce il passo e fa perdere il fiato, smorzandolo.

Un tempo era perduta, la ragazza; ora è in viaggio per il suo popolo e per cessare i sacrifici umani

Nel pezzo che scrissi qualche mese fa, parlavo di ombre, le stesse che Senua vede da una vita. La speranza è morta, divenuta un ricordo. Dillion è quel ricordo, quel ricordo che, bagnandole il volto, si riduce a una lacrima che non scivola via. Resta attaccato addosso come un pensiero invasivo, brancolante in un mare di insicurezze e ansie, nella perdizione che si prova solo quando l’assenza diventa così assillante da essere insopportabile. Poi c’è la luce, alla fine. Una flebile speranza.

NEL SOGNO O NEL VERO, SENUA’S SAGA: HELLBLADE II?

In Senua’s Saga: Hellblade II si affronta la morte e la brutalità di un mondo sconosciuto, contaminato di superstizione. È denso dell’odore soporifero dell’esistenza stessa. Quel mare, da cui Senua proviene, è un cimitero: le bare degli Uomini del Nord sono le bare brancolanti che barcollano come un cinghiale ferito da una lancia. Quei cuccioli smarriti sono i signori d’Islanda, il luogo scelto da Ninja Theory diverso dalle Isole Orcadi in tutto. Non ci sono più le piane di Helheim che si stagliano all’orizzonte, bensì Midgard in ogni sua sfumatura. È da qui che parte tutto il canovaccio narrativo della produzione: si sceglie un luogo davvero, ma davvero vicino a tutti, per poi esaltarsi in un racconto truculento che solo Robert Eggers con The Northman ha raggiunto.

Percorsi nel buio della propria mente. O, semplicemente, dell’ambientazione islandese.

La produzione penso faccia capire ottimamente che si è superati in due universi collegati, nei medium che prediligiamo, in quelli che ci rappresentano e sono nostri, appartenendoci completamente. Il cammino di Senua, sola e perduta, parte dagli schiavi della sua terra natia: l’Albione meraviglioso, quel ridente luogo bagnato dal mare del nord e da un oceano, conosciuto per le sue leggende e temuto da coloro che non sanno cosa ci sia effettivamente oltre il Vallo di Adriano, eretto per paura dai Romani, coloro che persero la nona legione. La persero contro gli avi di Senua, con l’aquila di Roma perduta chissà dove. Ma questa è un’altra storia, poiché Senua è esattamente persa, ma da sempre, esattamente come quest’ultima. Ha le ali spezzate, ma un cuore solido, deciso a rivelare il suo futuro interfacciandosi con il popolo che ha ucciso Dillion.

Senua non conosce la bellezza del mondo poiché i pochi gesti che le sono stati strappati sono sepolti per sempre

La sua testa, che un tempo aveva legato al fianco, è persa. L’ha lasciata andare – letteralmente – ma non il suo amore per lui. Poiché la vita della giovane, abbandonata, isolata e maltrattata da un padre orribile, è stata infernale. La sua luce era Dillion, che ha perduto a causa degli Uomini del Nord e della tortura più brutale mai raccontata dagli Scaldi: l’Aquila di Sangue. Senua, in Hellblade, non udiva solamente il rumore assillanti di quelle voci, bensì l’ascia dei guerrieri giunti dal mare che picchiavano le costole del suo amore, mentre i polmoni, strappati dalla cassa toracica, venivano adagiati sulle sue spalle. È qui che il racconto, il reale trauma di Senua, viene fuori. Ad averlo causato è stato suo padre, che ha guardato mentre Galena, la madre della giovane, veniva arsa viva. Senua non conosce la bellezza del mondo poiché i pochi gesti che le sono stati strappati sono sepolti per sempre. Sono nel mare dell’Heilheim, pronti a scoprirsi. E intanto le ossa, quelle che ora non appartengono più al suo amore, sono ovunque. Mille vite spezzate che, un tempo, conosceva bene. Il mare è brutale, è foriero di sventure: è denso perché, tra le sue onde, Miðgarðsormr, il Serpente del Mondo, lo ha intinto del sangue degli eroi.

NELLA VITA

Nel corso dell’avventura, pensavo che tutto quanto – ogni elemento – sarebbe rimasto inalterato. Pensavo che le visioni, le allucinazioni e le paure di Senua avrebbero preso il sopravvento, che sarebbe stata sola. Mi sono chiesto, dandomi talvolta conferma, se quelle voci fossero sue amiche. Ho ragionato sul senso di solitudine che proverebbe se s’interrompessero, ma ho cominciato a pensare che, d’altronde, fanno parte della sua natura. La grande novità dell’opera, ben più di quanto qualcuno potrebbe immaginare, è il suo incontro con le persone che si trova ad affrontare e a conoscere.

Affrontare il buio, e non solo… 

Prima come nemica, con la spada come unica difesa contro di essi, poi come amici, per cui sarebbe pronta a morire. Se nel precedente capitolo Senua non sarebbe stata capace di difendere qualcuno, con questo capitolo, al contrario, ora è pronta a tutto, anche all’impensabile. Anche a sacrificarsi, come aveva fatto quando, incontrando Hela, sperava di riportare indietro Dillion. Era tutto nella sua testa, ogni cosa, anche la più piccola e ininfluente. Adesso è reale, ora è tangibile, ora può toccarla con mano e riconoscerla, mentre dal volto cola il sangue non le fa più paura.

Senua, incontrando quella parvenza di bene e amore, s’interfaccia con la libertà

Ancora sente quelle voci, martellanti e assillanti, che non fuggono: restano esattamente lì, in attesa di colpire, pronte a fare del male. Senua, incontrando quella parvenza di bene e amore, s’interfaccia con la libertà, anche se quanto vive e affronta è una prigione a cielo aperto. Nella sua profonda bellezza, che lascia di stucco e affascina, la realtà islandese è bellissima. È figlia del lavoro di Ninja Theory, che ha svolto un lavoro egregio per riuscire a sviluppare un’opera che non si vedeva dal 2017. Quell’opera era il suo stesso capitolo primo, un viaggio travolgente che ha saputo risplendere di meraviglia e dare un senso di pienezza che ben poche opere sanno offrire. Lo stesso accade con questo secondo capitolo, che stavolta, per l’occasione, non si accontenta solamente di mostrarsi in modo unico e particolareggiato, forte di una trama commovente e di una narrazione che tiene incollati allo schermo fino alla sua conclusione. È la connessione fra persone il punto totale dell’opera, cosa che Senua, forse, aveva dimenticato.

NELLA MORTE

La morte è davvero dappertutto, in Senua’s Saga: Hellblade II. È nell’aria che respira Senua, è nel terreno pieno zeppo di sangue e viscere; è nell’esaltazione stessa di un popolo che, celandosi agli occhi dei vivi, si nasconde nella terra. La Commedia, il capolavoro di Dante Alighieri, è un cammino verso la luce: si parte dall’oscurità, la stessa che Senua vive da sempre, e che percorre nel suo viaggio, nella sua fine e nel suo vissuto. Quel vissuto con cui s’interfaccia per capire il suo nuovo presente, andando ben oltre le sue follie.

Abitazione che, un tempo, erano casa. Che Senua ne abbia trovata una nuova?

La morte, come già raccontato, è alla base del racconto. Alla fine, però, c’è la vita, anche più di una. Le mani che sfiorano il volto di Senua, infatti, appartengono a coloro che hanno deciso di darle fiducia. Per arrivare a quel punto, però, la giovane è costretta a interfacciarsi con l’oblio, con la narrazione che prima intercede sul suo passato, per poi dettagliare il presente e un futuro che, oltre a rappresentare un mistero, è il motivo per cui lo stesso decadimento che affronta è esaltato dal suo percorso esistenziale.

Il grande potere di Senua’s Saga: Hellblade II, dunque, è quello di mostrare il lato più oscuro e brutale del mondo per raccontare, in seguito, le imprevedibilità che affronta nel superamento dei suoi drammi

Il grande potere di Senua’s Saga: Hellblade II, dunque, è quello di mostrare il lato più oscuro e brutale del mondo per raccontare, in seguito, le imprevedibilità che affronta nel superamento dei suoi drammi. La scelta di dedicare ampiamente questo viaggio all’oscurità, dando importanza alle caratteristiche più esaltanti della produzione, deriva da una regia brillante e brutale, che non fa affatto sconti e offre, inoltre, lo spaccato di un mondo distorto e annientato, prosciugato dalla bellezza del mondo sotto ogni sfumatura. Il cammino di Senua, quello che nessuno s’immagina, potrebbe in futuro essere costellato da ulteriori scoperte. Le voci, però, resteranno con lei fino alla sua fine. Fino alla sua morte. Esattamente come l’amore per Dillion, il terrore per suo padre e le connessioni che ora può vantare. È una persona nuova.

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