Ho toccato l’argomento di Everspace in ben due editoriali, qui e qui, e cantato ulteriormente le sue lodi in un’accorata anteprima su TGM cartacea. Oggi, non posso che confermare la bontà di questo peculiare mix tra space-combat-sim e roguelite, pur non potendo aggiungere qualità diverse o, ancora, mostrarmi troppo sorpreso per i tocchi finali: alla lunga è pure emerso qualche piccolo limite nella realizzazione, complessivamente ottima, e le aggiunte del racconto sono risultate più interessanti nell’idea (giustificare narrativamente il ritorno all’inizio dell’avventura, dopo il permadeath) che non nella sostanza della sceneggiatura; ciò non toglie che Everspace sia riuscito a instillarmi la dipendenza dei migliori hack ‘n’ slash à la Diablo, e che la sua potenziale ripetitività, almeno nel mio caso, abbia iniziato il suo corso quasi salvifico (non posso andare avanti davvero all’infinito) solo dopo decine e decine di ore. Alla fine si porta a casa un otto bello tondo, come gli alunni che non risultano stellari nell’ultima interrogazione ma hanno già dimostrato il loro valore lungo l’anno. Guarda te che paragone: è proprio vero che il liceo non te lo scordi mai.
POCO SIM, MOLTO COMBAT, TANTISSIMO SPACE
È il caso di ribadire le fondamentali del gioco: Everspace è un roguelite spaziale in cui si torna alla linea di partenza con la distruzione della navicella, e così con la morte del suo pilota; al permadeath sopravvivono “solo” gli upgrade dell’astronave definiti tra una sessione e l’altra, con i crediti guadagnati in battaglia, ma non tutti gli accessori, le armi o il carburante per gli iper-balzi che avremo accumulato durante la partita precedente, fossero anche i più belli e agognati dell’universo.
Everspace è un roguelite spaziale in cui si torna alla linea di partenza con la distruzione della navicella
Nella mia cavalcata finale su Everspace ho trovato limati molti dettagli, come la minore disponibilità di armi energetiche capaci di seguire il bersaglio, le più efficaci in assoluto, o – al contrario – la maggiore reperibilità di missili e risorse per crearne vari tipi, con un modus operandi ben più attivo che porta a contar bene gli ordigni rimasti nell’inventario e a fabbricare quelli che possono risultare più utili (variabile efficacia sugli scudi, effetto di “stasi”, missili corrosivi per lo scafo e così via). Allo stesso, notevole livello è rimasta la realizzazione tecnica, particolarmente influente per il risultato finale e distintiva, se vogliamo, per il tipo d’azione proposto da Everspace: lo spazio non è vuoto come nelle space-sim più realistiche, ed è anzi pieno di asteroidi dal “taglio” affascinante (distruttibili ed escavabili, nel caso di quelli piccoli), relitti spaziali, basi e tutta una serie di dettagli che ne rendono spesso emozionante la scoperta, e restano piacevoli in virtù degli elementi che vengono posti al suo interno, nel mio caso anche alla ventesima run. Personalmente, devo aggiungere anche la goduria per la piena compatibilità alla VR, su Oculus o HTC Vive, con opportune modifiche dell’HUD (spostato interamente nella strumentazione in prima persona) e altri pregevoli dettagli che avrò modo di raccontare nella prossima Virtual Reality Machine.
Un roguelite atipico come Everspace non può che essere esposto ai gusti personali
Un’ultimissima nota: le immagini col brand (mannaggia, Rockfish, toglietelo) non sono quelle ufficiali, ma gli screenshot scattati con il semplice Photo Mode di Everspace. Il motore grafico è il solito ma valente Unreal Engine 4, nel caso non si fosse capito.
Un roguelite atipico come Everspace non può che essere esposto ai gusti personali: devono piacere tantissimo gli spazi siderali delle space combat sim più frenetiche, in prima o terza persona, esattamente come bisogna amare elfi e draghi nei più diffusi corrispettivi fantasy. Tolto questo, il gioco di Rockfish è assolutamente rimarchevole per idee ed esecuzione, in termini squisitamente grafici e, ancor più, nell’adattare le più diffuse consuetudini del genere (loot, scenari procedurali, senso del permadeath) a un’affascinante odissea spaziale. Pregevole anche il tentativo di legarsi ai roguelike attraverso il tema sci-fi della clonazione, ma senza stupire più di tanto in termini di snodi narrativi (in una sequenza diversa a ogni run, come tutto il resto) e dialoghi. D’altra parte, non è che possono nascere ogni due per tre storie come quelle di The Swapper, SOMA o Prey, no?