Un bastone in una mano, una pietra nell’altra. Non so cosa abbia provato il primo inventore al mondo ma posso dirvi come mi sono sentita io, dopo alcuni tentativi andati a vuoto e materiali distrutti, ad aver finalmente capito come lavorare una delle estremità del legno per ricavarne una punta affilata e un’arma di fortuna: un genio e una cretina allo stesso tempo. Ancestors: The Humankind Odyssey si è rivelato essere un lunghissimo giro sulle montagne russe, fatto di perplessità, orgoglio e frustrazione, che fa vivere al giocatore (con più di qualche licenza poetica, sia ben chiaro) i momenti più cruciali dell’evoluzione della specie umana. Il nuovo titolo di Patrice Désilets e degli sviluppatori della “neonata” Panache Digital Games è un survival tanto peculiare quanto impietoso che inizia con un lungo cinematic, in grado di mettere bene in chiaro quanto spietata possa essere la natura, e ci molla di punto in bianco in mezzo alla giungla nei panni della piccola scimmia che ha appena visto sua madre morire sotto il becco e gli artigli di un gigantesco volatile. Da lì in poi i suggerimenti e i tutorial si contano sulle dita delle mani; sta a noi trovare un posto adatto dove nasconderci o, ancora meglio, la strada verso l’oasi del nostro clan prima che uno dei tanti predatori in agguato nei paraggi si accorga della nostra presenza.
IL PIACERE DELLA SCOPERTA
L’ambiziosa idea alla base di Ancestors: The Humankind Odyssey è senza dubbio anche il suo tratto più intrigante. Il nostro compito è “semplicemente” quello di immedesimarci in tutto e per tutto in una delle scimmie di un piccolo clan, con l’obiettivo di scoprire il mondo, dare alla luce dei figli e mandare avanti la specie di generazione in generazione, secolo dopo secolo, millennio dopo millennio. L’Africa del Neogene ritratta dal titolo di Panache Digital è oltremodo ostile e piena di pericoli per dei semplici primati come noi, specie nelle prime ore di gioco quando si è ancora alle prese con i comandi di base che ci consentono di correre, saltare e aggrapparci ad alberi e rocce. Capiterà dunque, almeno all’inizio, di avere parecchi incidenti e di morire nei modi più disparati – cadendo, trascurando le ferite o magari mangiando qualche cibo avvelenato. Fortunatamente, in caso di prematura dipartita del nostro povero ominide prenderemo subito controllo di un altro membro del gruppo per continuare la nostra avventura (fino a esaurimento scorte!). Persino il semplice gesto di scegliere la scimmia (o le scimmie) da portare in giro per il mondo è una decisione da non sottovalutare: una è più facile da controllare, ma tre o quattro sono capaci di spaventare i predatori più feroci; gli adulti avranno anche più stamina, ma gli anziani non provano paura arrivando in una nuova zona e ci consentono di vagare per i territori inesplorati senza dover badare alla barra della dopamina.
Fortunatamente, l’Africa di Ancestors non pullula solo di predatori
UN PICCOLO PASSO PER UN PRIMATE, UN GIGANTESCO BALZO PER L’UMANITÀ
Il sistema di progressione di Ancestors: The Humankind Odyssey è tanto interessante quanto lento. Se si sceglie la modalità classica il gioco inizia ben dieci milioni di anni fa e le nostre scimmie sono quindi capaci di compiere una serie piuttosto limitata di azioni. Per progredire e imparare anche i gesti più semplici, come trasferire un oggetto da una mano all’altra o chiamare altri membri del clan, è necessario sviluppare il nostro cervello. Esercitare i nostri sensi, comunicare e reagire ai predatori ci permette di far maturare vari neuroni del nostro cervello nell’apposito menù e di collezionare energia neuronale (praticamente i nostri punti esperienza) con cui ampliare le nostre skill. Una volta imparate il maggior numero di abilità possiamo quindi decidere di mantenerle in modo permanente compiendo un salto generazionale, andando avanti nel tempo di quindici anni (in questo caso i membri più anziani del clan moriranno, gli adulti diventeranno vecchi e i piccoli diventeranno adulti).
Per progredire e imparare anche i gesti più semplici è necessario sviluppare il nostro cervello
L’ELEFANTE NELLA STANZA
Lentamente, le grandi perplessità iniziali su un titolo così bizzarro (dovute principalmente alla difficoltà di apprendimento) hanno lasciato spazio all’emozione delle prime scoperte e delle conquiste, alla soddisfazione per aver finalmente scacciato via un enorme felino con il bastone o per aver portato al sicuro l’intero clan in un nuovo rifugio sulla riva di un bellissimo lago. Sarà forse proprio per questo che la mia delusione è cresciuta a dismisura a ogni bug riscontrato. Purtroppo i miei tentativi di portare avanti la mia amata progenie sono stati pian piano rallentati da una serie di problemi, come la parziale traduzione delle scritte sullo schermo in lingua inglese, il totale freeze di una delle mie due sole femmine fertili rimaste e dell’enorme serpente che stava per divorarsela, scimmie sospese a svariati centrimetri dal suolo e pure un bel crash. Per non parlare, poi, di interazioni che non possono che essere catalogate come design del gameplay quantomeno dubbio: la morte cruenta di un anziano maschio in solitaria avanscoperta e il conseguente rifugio di fortuna trovato dal piccolo che portava in spalla ha infatti causato un inspiegabile stato di allerta (che dovrebbe scatenarsi in presenza di predatori nelle vicinanze) del resto del clan, rimasto al sicuro all’oasi, che ha reso praticamente impossibile accedere al menù e proseguire con le varie evoluzioni.
Una serie di problemi ha rallentato la sopravvivenza delle mie povere scimmie
Superato il difficile impatto iniziale, Ancestors: The Humankind Odyssey si è rivelato un survival piuttosto coinvolgente e divertente. La decisione di fornire pochissimi tutorial e di ridurre al minimo l’HUD (con possibilità di eliminarlo del tutto), la qualità degli effetti sonori e l’open world rendono il nuovo titolo del papà di Assassin’s Creed davvero immersivo e interessante, adatto a chi propende per il puro e semplice gameplay piuttosto che per una storia da portare avanti o delle quest da seguire. Purtroppo, alla lentezza della progressione – che potrebbe rendere alla lunga stancante e ripetitiva l’esperienza di gioco – si sono aggiunti una serie di bug piuttosto fastidiosi e strane interazioni che mi hanno quasi costretta al forfait. Per lo stesso motivo non possiamo premiare il gioco con il voto che avremmo voluto assegnargli, pur continuando a sperare in una rapida soluzione dei problemi.