Quella di Final Fantasy VII Remake è un’impressionante restaurazione dei ricordi, capace di restituirceli come li immagineremmo oggi.
L’imponente intervento di chirurgia poligonale che l’equipe capitanata da Tetsuya Nomura (e supervisionata da Yoshinori Kitase) ha effettuato su un Final Fantasy VII tanto bello nel ‘97 quanto naturalmente sciupato dal tempo, lascia esterrefatti. Un’operazione talmente scioccante a livello emotivo da sfalsare le percezioni, distorcere la memoria creando déjà vu artificiali. Conflitti cerebrali tra quello che esplode a schermo e ciò che la memoria aveva idealizzato negli anni, partendo da un mix di poligoni crudi e sfondi pre-renderizzati, tenuti insieme da emozioni di cemento, resistenti e inscalfibili.
Si ha l’impressione che gli occhi si siano trasformati in proiettori di ricordi pirata, raffinati e contraffatti, invece è tutto nuovo
ASSALTO
Questa è la sensazione una volta fatta irruzione nel complesso, mentre il reattore pompa scarti di mako nell’atmosfera, con quel bagliore azzurro-verde, boreale, che ricorda la fluorescente tossicità di Chernobyl. Buster Sword (o Spada Potens, all’italiana) in mano, ferma e letale, l’assalto diventa una mattanza di Soldier, una pioggia di colpi inferti con una violenza che non è tipica dell’action RPG, genere che spesso stenta a dare un feedback muscolare al combattimento.
Final Fantasy VII Remake lavora invece benissimo, trasmettendo una sensazione furiosa ad ogni colpo inferto, tra un turbinare di scintille e un ritorno sonoro granitico. Il button mashing dell’attacco standard viene rinforzato da un tasto per la parata (niente parry, è una difesa coreografica) e uno per la schivata, ma soprattutto da un’abilità unica da utilizzare in tempo reale che ad esempio, nel caso di Cloud, gli permette di assumere una postura più spregiudicata per colpi lenti ma devastanti. Tutto può poi essere congelato, istanti di pausa interiore, calma, quella del guerriero che vede il mondo muoversi un millimetro alla volta, meditando su come incanalare tutta l’energia, la rabbia, accumulata durante la battaglia.
La svolta action di Final Fantasy VII Remake funziona benissimo, trasmettendo una sensazione furiosa ad ogni colpo inferto
La bomba innescata sotto il reattore, l’entrata in scena dell’enorme mech da sorveglianza, furioso e incurante di ciò che lo circonda, fisso sui due obiettivi. Al centro del mirino cominciano a piombare missili e scariche elettriche ad area. La corazza è durissima, i proiettili che rimbalzano e schizzano ovunque; serve tutta la potenza del braccio cannone di Barrett, caricato al massimo, per penetrarla, lasciando il nucleo scoperto per qualche istante, preda dei coreografici fendenti oltre il Limit di Cloud.
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