Final Fantasy VII Remake provato Fina Fantasy VII Remake anteprima Final Fantasy VII Square Enix

Final Fantasy VII Remake

PS4

Final Fantasy VII Remake – Provato

Quella di Final Fantasy VII Remake è un’impressionante restaurazione dei ricordi, capace di restituirceli come li immagineremmo oggi.

L’imponente intervento di chirurgia poligonale che l’equipe capitanata da Tetsuya Nomura (e supervisionata da Yoshinori Kitase) ha effettuato su un Final Fantasy VII tanto bello nel ‘97 quanto naturalmente sciupato dal tempo, lascia esterrefatti. Un’operazione talmente scioccante a livello emotivo da sfalsare le percezioni, distorcere la memoria creando déjà vu artificiali. Conflitti cerebrali tra quello che esplode a schermo e ciò che la memoria aveva idealizzato negli anni, partendo da un mix di poligoni crudi e sfondi pre-renderizzati, tenuti insieme da emozioni di cemento, resistenti e inscalfibili.

Si ha l’impressione che gli occhi si siano trasformati in proiettori di ricordi pirata, raffinati e contraffatti, invece è tutto nuovo

Le stesse inquadrature, le stesse sequenze, questa volta utilizzate come raccordi in un racconto estremamente dinamico, che segue con una verve da action (RPG) thriller l’infiltrazione in stile paramilitare degli ecoterroristi Avalanche nel reattore Mako 1 di proprietà della Shinra, Midgar.  Un’azione tesissima che non viene interrotta dalle pause forzate dei combattimenti a turni (comunque presenti nella modalità “classica”), stemperata solo da dialoghi e personaggi inevitabilmente sopra le righe, quasi fuori luogo, a volte caricaturali in modo affettuoso e tipicamente giapponese. Si ha l’impressione che gli occhi si siano trasformati in proiettori di ricordi pirata, raffinati e contraffatti, invece è tutto nuovo, ridisegnato con devozione religiosa su uno scheletro ludo-registico sacro, che omaggia e riverisce l’amore di un pubblico dal cuore debole, tachicardico, gonfio.

ASSALTO

Questa è la sensazione una volta fatta irruzione nel complesso, mentre il reattore pompa scarti di mako nell’atmosfera, con quel bagliore azzurro-verde, boreale, che ricorda la fluorescente tossicità di Chernobyl. Buster Sword (o Spada Potens, all’italiana) in mano, ferma e letale, l’assalto diventa una mattanza di Soldier, una pioggia di colpi inferti con una violenza che non è tipica dell’action RPG, genere che spesso stenta a dare un feedback muscolare al combattimento.

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Robot di sorveglianza in stile steampunk, che sembrano ricavati da vecchie auto anni ’50. Che stile!

Final Fantasy VII Remake lavora invece benissimo, trasmettendo una sensazione furiosa ad ogni colpo inferto, tra un turbinare di scintille e un ritorno sonoro granitico. Il button mashing dell’attacco standard viene rinforzato da un tasto per la parata (niente parry, è una difesa coreografica) e uno per la schivata, ma soprattutto da un’abilità unica da utilizzare in tempo reale che ad esempio, nel caso di Cloud, gli permette di assumere una postura più spregiudicata per colpi lenti ma devastanti. Tutto può poi essere congelato, istanti di pausa interiore, calma, quella del guerriero che vede il mondo muoversi un millimetro alla volta, meditando su come incanalare tutta l’energia, la rabbia, accumulata durante la battaglia.

La svolta action di Final Fantasy VII Remake funziona benissimo, trasmettendo una sensazione furiosa ad ogni colpo inferto

Appare il menu, si sceglie l’abilità, la magia o l’oggetto da utilizzare, per poi vedere il flusso del tempo tornare a contrarsi, ammirando animazioni splendide, estensione della personalità dei protagonisti, che attraverso questo nuovo combat system guadagnano in carattere e carisma. La difficoltà è subito frizzante, tenace, tarata sul tecnico, con l’alternanza tra i personaggi che diventa un’arma da padroneggiare per stare sempre sul pezzo e non farsi sopraffare da combattimenti dinamici, in cui tenere conto dell’ambiente, soprattutto scontrandosi coi nemici più temibili e i boss. Lo avrete già visto un po’ ovunque e anche letto nell’anteprima dalla scorsa Milan Games Week del Barducci, ma lo scontro col Vigilante Scorpio, primo storico boss del settimo capitolo, è un manifesto di quello che la Square di oggi è riuscita a costruire partendo dal capolavoro di ieri.

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Effetti particellari, scintille, fluorescenze, tutto concorre a rendere il combat system incredibilmente intenso.

La bomba innescata sotto il reattore, l’entrata in scena dell’enorme mech da sorveglianza, furioso e incurante di ciò che lo circonda, fisso sui due obiettivi. Al centro del mirino cominciano a piombare missili e scariche elettriche ad area. La corazza è durissima, i proiettili che rimbalzano e schizzano ovunque; serve tutta la potenza del braccio cannone di Barrett, caricato al massimo, per penetrarla, lasciando il nucleo scoperto per qualche istante, preda dei coreografici fendenti oltre il Limit di Cloud.

Continua nella prossima pagina…

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