Final Fantasy VII Remake provato Fina Fantasy VII Remake anteprima Final Fantasy VII Square Enix

Final Fantasy VII Remake

PS4

Final Fantasy VII Remake – Provato

si combatte col metronomo davanti, i due Avalanche coordinati tra cure e magie, attacchi speciali e schivate all’ultimo secondo

È un’escalation, l’energia cala come in preda a un’emorragia, si fatica a tenere il ritmo, Scorpio salta sulle pareti, spara, ripiomba al suolo con una pesantezza devastante. Cominciano a cadere macerie dal soffitto che diventano ripari per scappare dai laser del nemico, sempre più nevrotico nei movimenti, animalesco, cieco e fumante. L’adrenalina si impadronisce del corpo, siamo dentro fino al collo, nella stanza di un reattore pronto a fondere; le dita pestano sul pad, come se la forza impressa ai tasti si potesse convertire in danni extra. Adesso si combatte col metronomo davanti, i due Avalanche alternati con grazia, coordinati tra cure e magie, attacchi speciali e schivate all’ultimo secondo.

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Va da sé che le boss fight sono momenti di pura esaltazione, mostrando un level design che pare già fenomenale.

La musica che cresce, rimbomba, urla nelle orecchie con tutti gli archi che ha in corpo, come essere in prima fila a uno spettacolo operistico, racconto di multinazionali che succhiano l’energia dalla Terra attraverso ferite ormai in necrosi. È travolgente, esaltante, totalizzante. L’opera in perfetta sintonia col giocatore e viceversa, l’uno che si nutre dell’altro.

FUGA

Se il primo capitolo è un omaggio quasi 1:1 all’incipit originale (uno dei più famosi e indimenticabili del panorama videoludico) è dopo la rocambolesca ed esplosiva fuga che tutto il lavoro di filling e ammodernamento narrativo-ambientale sboccia in tutta la sua bellezza. Dalle fiamme di una prima missione compiuta all’acqua putrida delle fogne, fase di transizione da action adventure moderno, con tanto di passaggi stretti e animazioni ad hoc, abbassando il ritmo con dialoghi in game senza però mai staccare, ammorbidendo e fluidificando il passaggio tra le varie scene madri, approfondendo il racconto ambientale attraverso un ritmo magistrale.

Intorno a noi la Midgar bene, borghese, con le vie che ricordano una Parigi cyberpunk illuminata dagli occhi smeraldini di Aerith

Tornati alla luce delle insegne di Midgar ci si pareranno davanti agli occhi le disastrose conseguenze del nostro assalto. Il Mako nel sottosuolo della città ha reagito all’esplosione come un giacimento di gas, scaricando la sua potenza sotto alcuni quartieri, ora gremiti di cittadini in fuga dalle proprie case, Soldier a caccia di terroristi e pompieri, feriti e superstiti. Una Midgar immersiva, viva come mai l’abbiamo vissuta, in stato d’allerta, battuta palmo a palmo dalle milizie del colosso energetico. Sgusciando nei vicoli la mente di Cloud soffre, si annebbia, stride come unghie su una lavagna, lasciandosi andare a un delirio, un incubo lucido che prende le forme di Sephirot, capelli fluenti e lingua tagliente, quella di un fantasma che il mercenario crede morto, tornato per appestare i suoi ricordi. La regia è qui brillantissima, non stacca, non rallenta, trasformandosi in cut-scene dinamica e interattiva, tesa ed emotivamente stressante.

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Gli ambienti sono ricreati con una cura incredibile, l’Unreal Engine 4 strizzato al limite: Il risultato è fantastico.

Tutto finito, sarà il cervello avvelenato dall’esposizione al Mako a fare brutti scherzi. Si ritorna a una situazione di combattimento solitario, il commando diviso per non destare sospetti, facendosi strada verso il rendez-vous attraverso la calca di squadre Shinra in tenuta antisommossa, dotate di scudi pesanti e fidi dobermann in salsa (final) fantasy. Ed ecco che il combat system mostra altre sfaccettature, con assalti frontali inefficaci, schivate fondamentali e magie di fuoco da usare come granate per oltrepassare la loro protezione. Intorno a noi la Midgar bene, borghese, con le vie che ricordano una Parigi cyberpunk, affluenti che trovano poi sbocco in piazze eleganti, signorili, illuminate dagli occhi smeraldini di Aerith, la sua presenza angelica come un fiore che si fa strada nelle crepe dell’asfalto, in lotta con l’apatia che la circonda, osteggiata ma inarrestabile nella sua grazia.

Intorno a noi la Midgar bene, borghese, con le vie che ricordano una Parigi cyberpunk illuminata dagli occhi smeraldini di Aerith

Un incontro al quale non ci si abitua mai (e se lo vivrete per la prima volta vi renderete conto del suo impatto), istanti di pace che rallentano i battiti prima di tornare all’affilata realtà della nostra spada, a una missione quasi suicida che non permette respiro. Ci si rincontrerà più in là, è il destino. Se queste sono solo le prime ore, il primo episodio di Final Fantasy VII Remake promette di essere qualcosa di clamoroso, che va oltre il concetto di rifacimento per reiterare il suo status di classico, abbracciando le nuove generazioni con uno stile che ha decisamente superato la prova del tempo e un combat system estremamente moderno; spingendo forte anche sulle pulsioni ecologiste che muovono i protagonisti, argomento quanto mai contemporaneo e drammaticamente attuale.

Un mito venerato da chi ci sta lavorando da anni, che non pare avere intenzione di prostituire una delle opere più iconiche della sua Storia, ma che anzi mira a cristallizzarla in un motore grafico che le donerà giovinezza eterna, incurante del tempo, inossidabile, inscalfibile.

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