Astor: Blade of the Monolith – Recensione

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Cosa succede quando un piccolo team di sviluppo prova a creare una versione semplificata di The Legend of Zelda? Accade che vien fuori Astor: Blade of the Monolith.

Sviluppatore / Publisher: C2 Game Studio / Versus Evil, tinyBuild Prezzo: € 24,99 Localizzazione: Assente Multiplayer: Assente PEGI: 7+ Disponibile Su: PC (Steam), PS4, PS5, Xbox One, Series X|S, Nintendo Switch Data di Lancio: 30 maggio 2024

Quella di Astor: Blade of the Monolith è la più classica storia dell’eroe per caso che si rivela essere il prescelto di un’antica profezia. Non la più originale di sempre, tutt’altro, ma quella che più di tutte si addice all’opera di C2 Game Studio in quanto funzionale a ciò che questo action “zeldiano” vuole mettere in scena.

In un mondo in cui il genere umano è scomparso in seguito a un misterioso evento catastrofico, solo le sue creazioni popolano ancora il pianeta cercando di vivere pacificamente. I Diokek – no, non è una bestemmia – sono sostanzialmente dei bambolotti senzienti la cui scintilla vitale dimora nelle loro maschere. Vivono in comunità venerando i loro creatori scomparsi da secoli, ma una nuova minaccia rischia di sconvolgere l’equilibrio già precario del pianeta: gli Hiltsik, simili ai Diokek ma decisamente più proni alla violenza. Il loro scopo? Ignoto, perlomeno nelle battute iniziali del gioco, ma solamente il prescelto può sconfiggerli e riportare la pace nel mondo.

UN MONDO PIENO DI OMBRE

Ed è proprio i panni del prescelto Astor che il giocatore si ritrova a vestire. Imbattutosi quasi per caso in un antico tempio dei suoi creatori, Astor riceve dei poteri straordinari che gli garantiscono non soltanto capacità marziali fuori dalla norma, ma gli permettono di entrare nel regno delle ombre e scoprire i segreti che si celano in ogni angolo di Gliese, il pianeta su cui si svolgono le vicende del gioco.

Astor Blade of the Monolith 04

Non solo Hiltsik, Astor deve vedersela anche con creature robotiche e animali selvatici (e basta).

A questo punto mi viene naturale parlare del sistema di combattimento di Astor: Blade of the Monolith, sicuramente uno dei principali punti di forza della produzione. Inizialmente armato solo di una spada, il protagonista può concatenare attacchi rapidi e leggeri alternandoli a colpi più lenti e pesanti. Eliminando i nemici ottiene delle sfere rosse da spendere presso i checkpoint per acquisire nuove abilità e sbloccare combo sempre più elaborate, mentre durante l’avventura può entrare in possesso di tre armi aggiuntive, ciascuna delle quali porta con sé uno stile di combattimento ben diverso dalle altre (oltre che relative abilità speciali utili anche durante l’esplorazione). Da notare che in un dato momento è possibile portare con sé solo due delle quattro armi totali, da sostituire al volo con la semplice pressione di un tasto.

Semplifica una formula già di per sé non particolarmente sofisticata

I combattimenti risultano così piuttosto soddisfacenti, sebbene la varietà di nemici lasci un po’ a desiderare e le situazioni di gioco tendano a ripetersi fin troppo spesso. Anche i boss non sono un granché, minati principalmente da una resa complessiva piuttosto grezza e da un design degli incontri a dir poco scolastico. Ecco, scolastico è l’aggettivo che più di tutti mi sento di apporre ad Astor: Blade of the Monolith: ci troviamo al cospetto di un videogioco che non solo segue ciecamente i dettami del genere di appartenenza, quello degli action che strizzano l’occhio a The Legend of Zelda, ma semplifica ulteriormente una formula già di per sé non particolarmente sofisticata.

LA LINEARITÀ DI ASTOR: BLADE OF THE MONOLITH

Basti pensare che l’esplorazione tipica dei titoli di questo tipo è ridotta al minimo, limitata alla ricerca di qualche potenziamento di salute, vigore o spirito qua e là e di centinaia di collezionabili utili solo come valuta per acquistare abilità speciali presso i checkpoint. C’è anche la possibilità di soddisfare le richieste di altri Diokek, portando così a termine alcune semplicissime missioni secondarie, ma in linea di massima l’opera di questo studio indipendente colombiano è un action estremamente lineare ambientato in diverse piccole mappe in cui gironzolare liberamente o dirigersi immediatamente verso l’obiettivo della missione. Persino i puzzle presenti negli antichi templi che Astor dovrà visitare risultano triti e ritriti. Basti pensare che a un certo punto troviamo addirittura il classico enigma del raggio di luce da direzionare usando degli specchi.

Astor ha dimostrato di essere un action tutto sommato ben fatto

Ciò non vuol dire che le circa 15 ore trascorse in compagnia di Astor non siano state piacevoli, tutt’altro. Certo, si tratta del solito videogioco che non apporta nulla di nuovo al genere ma, al netto dei difetti evidenziati finora e di una verbosità a tratti eccessiva nell’esposizione di un intreccio narrativo tutto sommato funzionale all’esperienza, Astor: Blade of the Monolith ha dimostrato di essere un action ben fatto. Forse un pizzico di coraggio in più non avrebbe guastato, ecco, anche perché appare chiaro che gli sviluppatori siano stati molto conservativi – forse troppo – per non rischiare di uscire fuori dai binari del genere.

Astor Blade of the Monolith 01

In questi contenitori sono nascosti potenziamenti per le statistiche di base di Astor.

Il risultato finale è dunque uno “zeldino” in miniatura che potrebbe essere adatto soprattutto ai videogiocatori più giovani, magari come prima esperienza per farli avvicinare a un genere sconfinato e fargli prendere dimestichezza con questa tipologia di videogiochi. D’altronde per i temi trattati, per la direzione artistica colorata e per una difficoltà media tutto sommato molto bassa, Astor: Blade of the Monolith potrebbe essere particolarmente adatto a un pubblico di ragazzini in età preadolescenziale.

In Breve: Astor: Blade of the Monolith è un action con un buon sistema di combattimento, ma che purtroppo tende a ripetere un po’ troppo spesso le situazioni di gioco durante le circa 15 ore necessarie a raggiungere i titoli di coda. È anche un po’ grezzo e scolastico, nella misura in cui segue fin troppo alla lettera i dettami del genere di appartenenza senza mai uscire dai binari per fare le cose a modo suo. Tutto sommato un buon gioco, ma non aspettatevi nulla di particolarmente esaltante.

Piattaforma di Prova: Ryzen 5 3600X, 16 GB RAM, RTX 4060Ti, SSD Nvme / Steam Deck
Com’è, Come Gira: Giocato a risoluzione 2560×1440. C’è qualche problema con l’illuminazione e con lo sfarfallio di alcune luci, ma il gioco non presenta altri problemi degni di nota. Con le impostazioni giuste gira a 60 fps anche su Steam Deck.

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Pro

  • Sistema di combattimento elaborato. / Buona direzione artistica. / Adatto a un pubblico di giovanissimi.

Contro

  • Fin troppo scolastico. / Poca varietà di nemici e situazioni. / Problemi con l’illuminazione.
7

Buono

Le leggende narrano che a Potenza ci sia un antro dentro al quale vive una misteriosa creatura chiamata Alteridan. In realtà è solo il nostro Daniele, che alterna stati diurni di brillantezza ad altri notturni dove i suoi amici non hanno ancora capito che non conviene fargli assumere troppo alcol.

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