“Less is More”, l’ode all’essenzialità, è il principio attorno al quale ha preso vita Dungeon Encounters. Ma perché dovremmo volere di meno? E se ci stessero invece solo chiedendo di accontentarci?
Sviluppatore / Publisher: Square Enix / Square Enix Prezzo: 29,99€ Localizzazione: Assente Multiplayer: Assente PEGI: 7 Disponibile Su: PC (Steam), PS4, Nintendo Switch Data di Lancio: Già disponibile
C’era una volta una bellissima principessa con tre braccia e la testa di cinghiale tenuta prigioniera da un drago idrofobo e coprofago. Non è vero. Me lo sono inventato io. Del resto, la storia di Dungeon Encounters, RPG prodotto e distribuito da Square Enix, narra semplicemente in cinque righe di un misterioso labirinto apparso all’improvviso, e di gente che si avventura al proprio interno non si sa bene per quale motivo. Pensavo quindi di regalarvi qualche emozione in più tirando in ballo la princinghiala.
CHI SI INCONTRA IN DUNGEON ENCOUNTERS?
Lo spirito di Dungeon Encounters consiste nell’offrire un gioco di ruolo spogliato di tutto ciò che non sia essenziale. O meglio, di tutto ciò che Square Enix non abbia ritenuto – a suo insindacabile giudizio – essenziale, a cominciare dalla creazione del party. Non possiamo creare personaggi da zero, ma ci vengono proposti dei candidati tra cui scegliere, nemmeno tutti immediatamente disponibili dato che molti sono dati per dispersi all’interno del dungeon e prima di poterli usare dovremo riscattarli.
Dimentichiamo configurazioni aggressive composte da tank e maghi AoE o difensive con più healer a dare continuo supporto, poiché non ci sono le classi. Ognuno ha un pugno di statistiche, e nulla più. Come distribuire quindi i punti abilità quando si livella? Non c’è problema: vengono aumentati automaticamente un paio di attributi senza alcun intervento da parte nostra. Questa estrema spersonalizzazione dei membri del party influisce negativamente sulla possibilità di affezionarsi ai nostri guerrieri e rende le scorribande piuttosto piatte.
DOPO UN 2E NERO, MEGLIO RECARSI DAL 05 BIANCO
Una volta messo piede nel primo dei 99 piani non generati proceduralmente ma disegnati con amore uno per uno, notiamo che il dungeon non ha stanze ma solamente corridoi, assomigliando più a un insieme di gallerie che a una struttura antropica. L’ambiente di gioco è rappresentato da semplici caselline quadrate, alcune di queste recanti un numero esadecimale. Se la cifra è scritta in bianco, si tratta di un evento specifico, che è utile imparare a memoria: 01 e 02 sono le scale verso il piano inferiore o superiore, 05 e 06 possono curare e resuscitare i personaggi, e così via. Conviene munirsi di carta e penna, perché non esiste la minimap e livello dopo livello il labirinto diventa piuttosto ampio. Se invece la cifra è scritta in nero, dobbiamo ingaggiare uno scontro con mostri del livello specificato.
È TUTTO QUI QUELLO CHE SAI FARE?
Quando iniziano a volare ceffoni, veniamo portati alla schermata tipica dei combattimenti della serie Final Fantasy e dei JRPG in generale, con le due formazioni ai lati opposti dello schermo. La battaglia è stata anch’essa notevolmente semplificata. Una barra azione si riempie proporzionalmente alla velocità del personaggio, e una volta completa questi può attaccare, danneggiando la resistenza fisica o magica del bersaglio. Una volta azzerata la difesa, cominciano a consumarsi i punti vita. Esauriti pure quelli, si schiatta.
La gestione è abbastanza approssimativa poiché se mi rimane un solo punto di armatura, ovvero sono in lingerie, per quanto violento sia il prossimo colpo che incasserò, a farne le spese sarà l’ultimo brandello di mutanda senza scalfire minimamente le mie carni, e solo al turno successivo potrò perdere i miei preziosi hit point. Una situazione per nulla realistica che condiziona negativamente la componente tattica. Seguono, in caso di vittoria, assegnazione di punti esperienza ed eventuali loot. E si riparte, casellina dopo casellina, fino al prossimo numeretto. Saltuariamente compaiono quest sotto forma di progressioni numeriche da indovinare per trovare le coordinate di alcuni spot speciali che possono ricompensarci con perk, abilità e denaro.
HO UN CUGGINO (SIC) BRAVISSIMO CON LA GRAFICA
C’è una sottile linea rossa che divide il design minimalista da quello approssimativo e incompleto, ma in Dungeon Encounters non c’è molto da ragionare per rendersi conto di trovarsi abbondantemente nel secondo caso. Ogni elemento, dai menù alla rappresentazione delle battaglie passando per la GUI, ha un look amatoriale, manca di personalità e pare sia stato realizzato giocherellando con gli effetti di default di un qualsiasi software grafico. Non vi sono animazioni degne di rilevo né effetti grafici particolari, ma l’abisso lo tocchiamo con il look dei personaggi e dei mostri, che sembrano presi a caso da una collezione di clipart.
Gli eroi inviati nei sotterranei hanno l’aspetto di samurai, gatti o segretarie, mentre mi è capitato di battermi nelle profondità della terra contro un orso e uno squalo nella stessa ondata d’attacco. Per me non è un problema lavorare di fantasia e immaginare che vi siano pescecani in grado di nuotare in mezzo agli umidi spifferi di un dungeon: vengo dalla scuola di The Bard’s Tale su C64 in cui manciate di pixel diventavano nella mia mente creature da incubo, ma non sono più gli anni ’80 e voglio essere severo su questo aspetto, perché Square Enix non è uno studio indie che cerca di rendere pubblicabile il gioco realizzato in fretta in occasione di una game jam.
PROVIAMO A COPIARE DAL COMPAGNO DI BANCO
Quando devo recensire un titolo già uscito oppure in Accesso Anticipato, evito accuratamente di leggere recensioni e giudizi degli utenti, poiché è importante che il mio cervellino sia una tela bianca da colorare con le esperienze vissute mentre progredisco. Per la prima volta, con Dungeon Encounters però ho voluto leggere perlomeno i commenti positivi, col il timore che potesse essermi sfuggito un dettaglio in grado di farmi vedere questo prodotto con occhi diversi. Un po’ come quando veniamo lasciati e ci sentiamo dire “non sei tu, sono io”. Magari non è lui. Magari sono io. Invece no. Mi sento di consigliare questo JRPG esclusivamente agli amanti hardcore del genere, che non sono mai sazi e saprebbero cogliere quei pochi spunti interessanti che propone.
In Breve: I giochi di ruolo sono un genere in continua evoluzione da anni, e mentre i vari sviluppatori cercano di introdurre qualche dettaglio inedito per innovare, Dungeon Encounters prende un’altra strada e propone un minimalismo hardcore come cavallo di battaglia. Il risultato è un gioco che appare datato, nell’aspetto e nelle meccaniche di gioco, venduto a un prezzo che di minimal ha ben poco. Offre un paio di dettagli interessanti da pagare con grinding selvaggio e un gameplay molto ripetitivo, conditi da una realizzazione tecnica mediocre. Da Square Enix era lecito aspettarsi molto più di questo.
Piattaforma di Prova: PC
Configurazione di Prova: I7, 8GB RAM, GeForce GTX 1050, SSD
Com’è, Come Gira: L’unico dettaglio che cambia armeggiando con i settaggi grafici è la qualità dell’ombra della pedina che muoviamo sulle caselle del dungeon, quindi non ci sono problemi di performance. Curiosamente, con il tasto ESC invece di chiudere finestre o saltare dialoghi, si mette il gioco un pausa.